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Toledot: costruire il presente a partire dal futuro

Un’importante novità nella Costituzione della Repubblica italiana: con le modifiche approvate l’8 febbraio si introduce il principio del rispetto per l’ambiente e gli altri viventi, in un’ottica di giustizia trans-generazionale. Profonde le consonanze con le istanze della teologia femminista, ma anche utili suggerimenti per la sostenibilità ecclesiale.

La Costituzione italiana è nata dopo il dramma dei totalitarismi e di una guerra mondiale e ha saputo trasfondere in un testo giuridico la speranza di una società pacifica, condivisa da uomini e donne – le ventuno madri costituenti – di diversa ispirazione ideologica e politica. Doppiato il secolo e dunque il millennio, mantiene il suo orizzonte luminoso, e le recenti modifiche ne interpretano lo spirito. L’approvazione definitiva della proposta di modifiche agli articoli 9 e 41 in materia di tutela dell'ambiente aggiunge nell’articolo 9, alla promozione della cultura e della ricerca e alla tutela del paesaggio e patrimonio storico e artistico, un nuovo comma: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Tra il dire e il fare… vigilare

Si potrebbe dire che abbiamo ormai l’acqua alla gola o, come ci ha insegnato Greta Thurnberg, è tardi per fare solo “bla bla” e soprattutto non è il momento di vantare primati di transizione e trasformazione, cancellando mondi, come ha spiegato Vanessa Nekate, la giovane ugandese che era stata tagliata fuori da una foto del Forum di Davos nel 2020.

Anche nel 1946 era stata la più giovane delle donne presenti, Teresa Mattei, a chiedere di apporre al secondo comma dell’art. 3 un “di fatto”: nello stesso modo non basterà bearsi di aver nominato biodiversità, ecosistemi e animali, ma sarà necessario vigilare affinché nella prassi, personale e collettiva, di fatto tutto questo sia tutelato.

Sappiamo bene come la retorica vuota e la mistificazione deliberata siano sempre in agguato, anche ammantate di green o di esibizioni di candidature femminile, a prescindere dai loro programmi. La modifica successiva, all’art. 41, inserisce un elemento di verifica concreta: lavoro e salute, giustizia sociale e ambiente o vanno di pari passo o non vanno da nessuna parte.

Per la giustizia, rovesciare le generazioni

Sulla scorta di “tutto è connesso” molti e molte in questi decenni hanno operato nella cura della giustizia e dell’ambiente, nella vigilanza sui mari – a raccogliere le persone e a curare almeno al minimo l’ecosistema. La loro testimonianza ha superato il silenzio e, se parliamo in termini ecclesiali, è diventata magistero nella Laudato si’. La lezione viene da lontano e da molte vie, di uomini e di donne, di persone di scienza avvertite dei problemi e di persone di culture contadine, in Occidente, ma anche in India o in Amazzonia.

Come questione di giustizia è orizzontale – ci sono contesti che pagano un prezzo più alto – e verticale, riguarda le generazioni. La Bibbia conosce un importante sistema di “generazioni”, dette toledot, che è un modo per fare la storia, di dipingere il passato. Oggi come non mai siamo chiamate a rovesciare le toledot: se c’è una speranza di futuro, la generazione si deve in un certo senso “fermare” e ripartire. Oggi, non domani. Greta e Vanessa – loro due come parte per un popolo di ragazze e ragazzi – possono essere, biblicamente parlando, come Noè, inizio di un mondo diverso possibile, perché la cura per domani, pur se ipotecata da ieri, si specchia nell’oggi. 

E intanto nella Chiesa si rischia il “bla bla”

Nelle considerazioni fatte, anche se poche, è evidente la posta in gioco eco/femminista: l’ingiuria all’ambiente è ingiuria a tutti e tutte, soprattutto a chi più è escluso; la discriminazione delle donne o di chiunque per motivi di genere è danno globale. Nello stesso senso, non è fuori luogo l’estensione alle problematiche che sta vivendo la Chiesa cattolica.

L’osservazione di Vanessa Nekate è preziosa: attivista per l’ambiente soprattutto a partire dalle problematiche africane, è stata notata perché ha protestato quando nella foto graziosa dei giovani protagonisti, lei è rimasta fuori campo. Togliere lei è stato cancellare, ha detto, un continente. Non è stato fatto appositamente – questa la risposta – era solo questione di spazio.

Ecco, comunque sia andata nella foto di Davos, una bella metafora per le donne nella Chiesa cattolica e per la riserva maschile dell’ordine. Nessuna malizia, si dice, in questa operazione. Faremo – inutile stressare il soggetto sottinteso di questo maestoso noi – persino un Simposio, bello accogliente e perfino con una quota rosa e diremo che le amiamo molto. Ma bla bla: non cambieremo, né il celibato per gli uomini, né l’esclusione delle donne dall’ordine, perché nella foto sacra non c’è posto. Mi sbaglio? Spero con tutto il cuore di sì.

In ogni caso, se il mondo/ambiente non può sopravvivere a una modalità che non rispetti la biodiversità e gli animali, neanche il mondo/chiesa può andare avanti in modalità escludente. Oggi, non domani. Toledot, toledot: dobbiamo ripartire e non sarà un Simposium a dire l’ultima parola.  

 

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