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«Quello che è giusto ve lo darò»

XXV domenica del tempo ordinario

Is 55,6-9; Sal 144 (145); Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16

Nella pagina evangelica di questa domenica troviamo uno dei principi di quella che a me piace definire un’«economia di giustizia». Di fatto tutta la rivelazione biblica offre parecchi spunti di riflessione su una visione economica della realtà umana, fornendo dei principi riguardanti l’amministrazione dei beni e lo sviluppo del benessere di tutti molto diversi da quelli perseguiti o «ispiranti» l’economia umana.

Certo nei secoli si sono fatti molti progressi e anche molti valori sono stati assunti come imprescindibili all’interno delle logiche economiche, perlomeno di stampo occidentale; oggi, ad esempio, una «giusta economia» non può ignorare i valori proposti dall’ONU, riguardanti l’impatto ambientale, la sostenibilità sociale e tutti gli altri obiettivi — in tutto sono 17 — da rispettare e realizzare entro il 2030 per uno sviluppo economico sostenibile e «giusto».

La meta prefissa è nobile e ha bisogno anche della speranza che davvero non rimanga solo una «buona intenzione». Ma è una meta umana, ragionevole, condivisibile da tutti e, proprio per questo, perseguibile. La rivelazione biblica, però, come ad esempio in questa pagina evangelica, ci dice che esiste anche un’altra logica economica, anch’essa perseguibile o che potrebbe essere attuabile almeno da chi, oltre a riconoscersi membro di una comunità umana, riconosca nella rivelazione un’ulteriore e fondamentale indicazione di senso della propria esistenza.

Per un credente, quindi, vi è oltre a una «giusta economia» l’invito a perseguire un’«economia di giustizia». Che cosa ha di diverso tale economia? Il fatto che non si basa sull’eguaglianza, sulla parità, ma sulla singolarità per cui, come tale, è sempre unica e ad personam. Non ci sono quindi delle leggi o regole o indicazioni di valore generali, ma ogni situazione di carattere economico deve essere vista «a titolo personale».

Un esempio è proprio il caso descritto nel Vangelo. Ci sono degli operai a giornata che attendono di essere chiamati per andare a lavorare in una vigna e poter così guadagnare il necessario per quel giorno. Sono lì dall’alba e attendono la chiamata del padrone della vigna. Pattuito il guadagno per il lavoro di una giornata, il primo gruppo parte al lavoro. Ma è solo un gruppo, in realtà coloro che cercano lavoro sono molti di più e in più riprese il padrone della vigna accetta di «ingaggiare» tutti gli operai rimasti fuori alla prima o alla seconda o alla terza chiamata.

Alla fine della giornata, il primo risultato è che non ci sono più operai disoccupati, tutti hanno ricevuto la possibilità di lavorare; il secondo riguarda la paga, ovvero il compenso che era stato pattuito con i primi operai chiamati. In una «giusta economia» ogni operaio dovrebbe ricevere in proporzione alle ore di lavoro effettuate, per cui i primi chiamati dovrebbero ricevere un denaro e poi, a scalare, tutti gli altri in base al tempo in cui sono stati impegnati nella vigna. Ma non è così che funziona secondo un’«economia di giustizia», per cui tutti ricevono, indipendentemente dalle ore di lavoro svolte nella vigna, un denaro ciascuno

Apparentemente tale gesto sembra ingiusto e il «sindacalista» di turno fa sentire subito la protesta sua e dei suoi compagni: «Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo». Il modo di ragionare del padrone è diverso, il suo sguardo è rivolto verso il singolo individuo, su quella che è stata la sua giornata e sulla speranza che ha di ritornare a casa con il guadagno necessario per sfamare se stesso e, molto probabilmente, anche la sua famiglia.

Certo, alcuni sono stati chiamati subito e il lavoro di un’intera giornata viene loro ricompensato giustamente, altri hanno dovuto aspettare; le ore trascorse per loro non sono state di fatica, ma di angoscia, di preoccupazione, di speranza di riuscire a portare a casa qualcosa, una speranza che più passava il giorno e più veniva meno: la loro giornata non è stata meno logorante di quella degli altri.

Agli occhi del padrone anche questo è «lavoro», fatica che va ricompensata allo stesso modo degli altri, dato che chi era rimasto fuori alle prime chiamate non era uno «scansafatiche», ma un uomo fattivamente in cerca di lavoro. In un’economia di giustizia ciò che conta è il singolo, la sua dignità, la possibilità di ricevere non secondo quanto ha prodotto, ma secondo il proprio bisogno. Non ci sono più fortunati e meno fortunati, poiché tutti sono «singolarmente» accolti e impiegati nella loro unicità. 

Certo, questo è solo un esempio, ma nel testo biblico ce ne sono anche altri che possono aiutarci a comprendere meglio tale – perlomeno inusuale – logica economica.

Una delle domande che subito verrebbero in mente, comunque, di fronte a tale modello economico è sicuramente questa: «Ma che profitto si ricava da tale economia»? O in modo ancora più scettico: «Quanto tempo serve al padrone per ridurre al fallimento la sua vigna e tutta l’impresa agricola, se agisce così?». Domande più che sensate e realistiche, che mettono però in questione un altro elemento che vi è alla base: o Dio non capisce nulla di economia, per cui il fallimento di tali indicazioni è scontato, oppure per poter rispondere e verificarne la validità bisognerebbe provare a mettere in atto un sistema economico di tal genere. Un’utopia? Forse, ma senza utopie il mondo non sarebbe andato avanti di molto.

 

Commenti

  • 24/09/2023 C. Truzzi

    Tutti danno quello che possono (o che càpita) e tutti ricevono ciò di cui hanno bisogno. Non l'aveva pensata anche qualche socialista di un certo tempo fa?

  • 22/09/2023 Alberto Caglio

    persino i sindacati sarebbero contrari, per loro "giusti" motivi. Difficile affermare e vivere relazioni fondate sul rapporto personale e sul riconoscimento di bisogni personali (individuali), non generalizzabili a tutti i soggetti, in tutti i tempi, ad ogni latitudine. Ma credo che sia un sogno su cui lavorare senza stancarsi. E' un modo di pensare divino!

  • 22/09/2023 Giovanna Olivini

    Bellissimo commento che mi pare politico nel vero senso. Riflettendo sulla pagina mi sono data anche questa risposta: è vero che chi entra nella vigna alla prima ora ha lavorato di più,ma è anche vero che ha potuto accogliere chi arriva dopo ad aiutare. È una logica un po' strana,se vista con la mentalità odierna,ma mi sento di dire che dobbiamo imparare a gioire se anche altri possono godere della bontà del Padre che con la Sua Misericordia ,scruta con pazienza,ti viene incontro e ti dice se sei con me tutto ti appartiene. Non dobbiamo ragionare sulla paga,ma tendere che ognuno di noi abbia il necessario per vivere una vita dignitosa.

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