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Papa Francesco e la bioetica

Papa Francesco è accusato di aver mostrato scarso interesse ai problemi della bioetica

C’è un’accusa più o meno aperta o serpeggiante, sia extra che soprattutto intraecclesiale, in base alla quale papa Francesco avrebbe mostrato scarso interesse ai problemi della bioetica. Questo sarebbe suffragato dal fatto che numericamente i suoi interventi in questa materia sono stati indubbiamente minori rispetto a quelli di Giovanni Paolo II e tenuti, se così posso esprimermi, con meno passione e coinvolgimento rispetto a quelli sull’ambiente, la povertà, l’immigrazione, ecc.

In realtà è il papa stesso a rispondere, implicitamente, a tale accusa in un’intervista di Antonio Spadaro. Dice il papa:

«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate all’aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. (…) Il parere della Chiesa, del resto lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione» (La Civiltà cattolica, n. 164, 19.9.2013, 463-464).

Credo sia questa la prima chiave di lettura del magistero di papa Francesco in tema di bioetica. Non si può parlare sempre e solo di questo: la Chiesa non è un’agenzia morale ed è chiamata ad annunziare globalmente in Vangelo più a seminare divieti. Ma vi sono altre due ragioni non meno significative che inseriscono tale magistero del quadro più generale del suo pensiero teologico e pastorale.

  1. La prospettiva antropologico-personalista. Alla luce dei quanto il papa stesso dice e dei successivi interventi in materia si evidenzia una diversa prospettiva che tende a superare quella biocentrica e quella naturalistica a favore di una antropologico-personalista. In tale senso questo potrebbe costituire l’inizio di un, sia pur timido per adesso, cambiamento di cui si sente da tempo l’esigenza e che è osteggiato dalle frange più «conservatrici» della Chiesa. Proprio in questo si accusa il papa di essere venuto meno a un magistero tradizionale ricco di assoluti morali e divieti essenzialmente fondati sul rispetto della legge naturale. Su molti punti (non tutti) non cambia l’insegnamento, ma ne dà una diversa impostazione. In tema di aborto o di eugenetica, ad esempio, più che l’assolutezza morale del non uccidere, viene evidenziata la cultura dello scarto, dell’eliminare chi è indesiderato.
  2. L’attenzione alle povertà esistenziali. In linea con tale Leitmotiv del suo magistero, il papa invita a essere attenti alle povertà esistenziali, in un atteggiamento che fa magnifica sintesi di affermazioni morali e interventi pastorali superando una certa dicotomia del passato. Sempre per rimanere in tema di aborto, ad esempio, più che alla condanna del gesto (che evidentemente non è esclusa) il papa mira alla comprensione e «riabilitazione morale» di chi lo ha compiuto, guardando più al perdono per una persona che, spesso, si è trovata sola a decidere compiendo la scelta sbagliata. Occorre guardare alla persona più che alla materialità del suo gesto (superando in questo un certo magistero, anche recente, che ribadiva nella valutazione morale della colpa, in primo luogo la gravità oggettiva della stessa).
  3. La priorità della persona sulla norma. Papa Francesco afferma in Amoris laetitita di non applicare le leggi morali come fossero pietre da scagliare contro la vita delle persone (n. 305). È un’altra fondamentale chiave ermeneutica del suo magistero sui temi morali. Tale affermazione, peraltro, pur collocandosi nell’esortazione postsinodale in cui sono trattati i problemi dei divorziati rispostati, ha una portata universale, essendo applicabile ad altri ambiti come, ad esempio quello delle persone omosessuali, in cui la prioritaria attenzione alla loro condizione prevale sulla valutazione oggettiva di un ordine morale nel cui merito il papa entra in punta di piedi.
  4. Lo sforzo di un’etica condivisa. Come ha affermato all’Accademia alfonsiana il 23 marzo 2023, occorre rifuggire da «dinamiche di polarizzazioni estremistiche, tipiche più del dibattito mediatico che di una sana e fertile ricerca scientifica». In tal senso l’equilibrio e medietà di sant’Alfonso possono essere di autentica guida. Occorre un indubbio sforzo per superare, ricordando la nota affermazione di Giovanni XXIII, ciò che ci unisce più che ciò che ci divide.

Forse in questa prospettiva potremo riscoprire che gli elementi di unione in una sincera ricerca, umanamente onesta e divinamente ispirata, potranno avvicinarsi all’auspicato orizzonte di una morale condivisa. Forse anche in questo papa Francesco ci è stato profeta e maestro.

 

Salvino Leone

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