Occasioni di testimonianza
Il Vangelo di questa domenica descrive qualcosa che continua ancora oggi a essere attuale.
XXXIII domenica del tempo ordinario
Ml 3,19-20a; Sal 97 (98); 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19
Il Vangelo di questa domenica descrive qualcosa che continua ancora oggi a essere attuale.
Come se il tempo fosse sospeso, le parole di Gesù risuonano alle nostre orecchie come se fossero la descrizione di quanto leggiamo nei giornali o vediamo alla televisione: «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni... Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti...». Ogni frase infatti può riferirsi a fatti e avvenimenti che stiamo vivendo o a situazioni che accadono in ogni dove sulla nostra terra.
Anche la parte riguardante le persecuzioni – «ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome» – purtroppo è ancora di grande attualità, soprattutto in alcune parti dell’Africa dove i cristiani vengono sterminati, senza che questo faccia, per la verità, molto scalpore e nemmeno susciti la protesta nelle piazze.
Nel testo evangelico si parla infine di tradimento e di delazione; sistemi di controllo, cioè, che ancora oggi vengono usati da chi detiene il potere con la forza e la violenza: «Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome». Insomma, direbbe il Qohelet, «niente di nuovo sotto il sole».
Di fronte a tutto questo rimane, però, l’invito a continuare a credere e a sperare: «Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Prima di Gesù lo stesso profeta Malachia, come si legge nella prima lettura, incoraggiava ad avere speranza e a confidare nell’intervento di Dio che avrebbe fatto giustizia: «Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia».
Nelle parole del profeta, probabilmente attivo in epoca persiana, il «sole di giustizia» è il Messia atteso, che avrebbe restituito al popolo la libertà e ristabilito l’equità e la pace; ma per Gesù che cosa significa la promessa di salvezza con cui si conclude il suo discorso?
Forse il punto di discrimine è l’invito che egli fa: «Avrete allora occasione di dare testimonianza». Sì, l’avvento del Messia di fatto non ha liberato il popolo e nemmeno ha messo fine alle guerre, alle ingiustizie e a tutti mali che affliggono, ieri come oggi, il nostro mondo, ma ha definitivamente posto un limite, una fine e soprattutto un eschaton a tutto ciò, in quell’evento che ribalta completamente le sorti, che capovolge gli orizzonti, che scuote la scala dei valori umani dalle fondamenta e che, dall’indomani della morte di Gesù, risuona irrefrenabile nei secoli: il Messia è risorto.
I cristiani sono chiamati in ogni tempo e circostanza a essere testimoni di «questo» (cioè della risurrezione di Gesù), a rendere testimonianza di «questo» evento che sconvolge e capovolge tutta la storia e il suo fine.
Ogni testimonianza cristiana dovrebbe allora partire da «questo», tenere a mente «questo», e vedere «questo» in ogni momento della storia.
Il problema, allora, è: come declinare «questo» oggi, come testimoniare «questo» oggi, come coniugare l’impegno civile, morale, la capacità di giudizio, di presa di posizione con «questo»? Non è per nulla facile, forse soprattutto perché si è persa, lungo il tempo, la centralità di tale annuncio.
Molto si è fatto, infatti, per una maggiore sensibilizzazione sul piano sociale, persino economico e politico, ma quanto è ancora presente nel cuore e nella mente dei cristiani di oggi (a qualsiasi grado o struttura appartengano) non solo la forza dirompente di tale annuncio – Cristo è risorto –, ma soprattutto la rivoluzione di visione, di giudizio e di comprensione della storia che tale annuncio comporta?
Eppure senza «questo» evento, qualsiasi visione disperata e negativa del futuro avrebbe il suo fondamento, qualsiasi tragedia naturale o voluta dall’uomo sarebbe definitiva, qualsiasi vita sarebbe solo un preludio alla morte, perdendo così ogni suo valore.
Robert Wilhelm Ekman, La risurrezione di Cristo, bozzetto dell’altare della chiesa di Keski-Pori, 1808. Helsinki, Museo d’arte Ateneum.
