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La potenza del desiderio

Il Vangelo di questa domenica ci presenta la figura di Zaccheo, il cui desiderio di vedere Gesù non era solo pura curiosità, ma qualcosa di più profondo, di più, potremmo dire, esistenziale.

XXXI domenica del tempo ordinario

Sap 11,22-12,2; Sal 144 (145); 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10

Il Vangelo di questa domenica ci presenta una figura davvero particolare. Si tratta di un tale della città di Gerico di nome Zaccheo, un nome che probabilmente deriva dall’ebraico zakkaj (cf. Esdra 2,9 e Neemia 7,14), e che di per sé significa «colui che è innocente, che è puro». In realtà, però, questo Zaccheo di puro e innocente ha ben poco, dato che il testo ci dice che era «capo dei pubblicani e ricco».

Abbiamo già parlato nelle precedenti domeniche di cosa comportava essere un pubblicano. Si trattava di un esattore che veniva incaricato dai romani di riscuotere le tasse pro capite e, proprio per questo, era necessario che a svolgere tale ruolo fosse qualcuno del posto, in grado di conoscere e riconoscere tutti gli abitanti del luogo per non correre il rischio che qualche «testa» (caput), passasse inosservata, ovvero potesse evadere la tassa dovuta. Inoltre i romani, proprio per ridurre al minimo l’evasione fiscale, non elargivano un compenso stabilito ai loro esattori, che pertanto ricavavano il proprio guadagno da una percentuale in più sulla tassa dovuta che finiva nelle loro tasche, una sorta di retribuzione a provvigione ante litteram.

Il sistema, poi, prevedeva un controllo piramidale, per cui anche i singoli esattori venivano a loro volta controllati da un capo che rispondeva direttamente all’autorità romana locale. Anche nel caso del «capo» il guadagno consisteva in una sorta di «cresta» da applicare all’introito delle tasse incamerate.Zaccheo, dunque, era uno di questi capi e a quanto pare sapeva fare molto bene il proprio mestiere, dato che il testo ci dice che era «ricco». Aveva però un desiderio: voleva vedere «chi era Gesù», e venendo a sapere della sua presenza in città si precipita tra la folla per vederlo.

Essendo basso di statura, anticipa il passaggio del Maestro e si arrampica su un sicomoro per essere sicuro di vederlo. Che un capo dei pubblicani, temuto e certamente non amato dai suoi concittadini, si esponga in tal modo non è cosa da poco. Questo significa che il suo desiderio non era solo pura curiosità, ma qualcosa di più profondo, di più, potremmo dire, esistenziale.

Per descrivere di che tipo di desiderio si tratti vorrei rifarmi alla catechesi che papa Francesco ha tenuto il 12 ottobre scorso proprio sul tema del «desiderio» all’interno del più ampio tema del discernimento. Ecco le sue parole: «Il termine “desiderio”, alla radice, è una nostalgia di pienezza che non trova mai pieno esaudimento, ed è il segno della presenza di Dio in noi. Il desiderio non è la voglia del momento, no. La parola italiana viene da un termine latino molto bello, questo è curioso: de-sidus, letteralmente “la mancanza della stella”, desiderio è una mancanza della stella, mancanza del punto di riferimento che orienta il cammino della vita; essa evoca una sofferenza, una carenza, e nello stesso tempo una tensione per raggiungere il bene che ci manca».

Zaccheo è un uomo ricco, vive nel benessere, può avere tutto ciò che desidera, ma questo solo a livello materiale, consumistico si direbbe oggi, dato che non è soddisfatto, c’è in lui qualcosa «che manca», forse proprio quella «innocenza e purezza» che il suo stesso nome evoca. La grandezza di Zaccheo è quella di essere riuscito a far emergere questo desiderio, questa mancanza, e a trasformarla in ricerca nell’oggi della sua vita.

Quando Gesù passa sotto quel sicomoro avverte proprio questo, la tensione di quest’uomo verso il suo desiderio più profondo, un desiderio che si fa incontro – «oggi devo fermarmi a casa tua», – e che si attua in scelte concrete: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Solo così il desiderio diventa realtà, diventa pienezza, e a Gesù non resta altro che constatarlo: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza e lui è figlio di Abramo».

Vorrei concludere con l’invito che alla fine della sua catechesi papa Francesco rivolge ai suoi uditori/lettori: «Forse potremmo finalmente chiedergli di aiutarci a conoscere il desiderio profondo di lui, che Dio stesso ha messo nel nostro cuore: “Signore, che io conosca i miei desideri, che io sia una donna, un uomo di grandi desideri”».

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