b
Blog

La logica dell’avere, la logica del donare

Alcune logiche di questo mondo sono disumane e per nulla evangeliche, perché sono logiche di potere, di possesso, di sopraffazione, di ritorsione, di vendetta.

Sono animate interiormente dalla brama di profitto e dalla sete di potere, che sono come due demoni, due atteggiamenti peccaminosi dell’uomo che si oppongono alla volontà di Dio e al bene del prossimo, e privano la persona della sua identità, ossia della sua capacità di amare.

Questi due atteggiamenti, come ci ricorda Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Sollicitudo rei socialis, sono voluti «a qualsiasi prezzo. In altre parole, siamo di fronte all’assolutizzazione di atteggiamenti umani con tutte le possibili conseguenze.

Anche se di per sé sono separabili, sicché l’uno potrebbe stare senza l’altro, entrambi gli atteggiamenti si ritrovano – nel panorama aperto davanti ai nostri occhi – indissolubilmente uniti, che predomini l’uno o l’altro. Ovviamente, a cader vittime di questo duplice atteggiamento di peccato non sono soltanto gli individui; possono essere anche le nazioni e i blocchi. (…) Se certe forme di imperialismo moderno si considerassero alla luce dei criteri morali, si scoprirebbe che sotto certe decisioni, apparentemente ispirate solo dall’economia o dalla politica, si nascondono vere forme di idolatria: del danaro, dell’ideologia, della classe, della tecnologia» (n. 37).

Profitto e potere, binomio esplosivo

In una società che nega la presenza dello spirito nell’uomo, ha smarrito il senso della trascendenza e non avverte più la fame e la sete di infinito e di assoluto perché soffre di anoressia spirituale, solo il profitto e il potere diventano generatori simbolici di tutti i valori.

Ma una società che assume il profitto e il potere come valori assoluti non può che desertificare le esistenze, le coscienze, le relazioni interpersonali, i legami sociali, l’apertura al senso della vita e alla trascendenza.

Una società che ogni giorno s’inchina dinanzi agli idoli del profitto e del potere genera un sistema di relazioni conflittuali e si disumanizza. Le logiche di brama di profitto e sete di potere sono indegne dell’uomo, lo contagiano negativamente, e generano inimicizie, violenze, ingiustizie, sopraffazioni, guerre.

Dal cuore dell’uomo

Non è forse vero che tutte le guerre che si combattono nel mondo scaturiscono da un’atavica concupiscenza che si esprime nella brama esclusiva di profitto e nella sete di potere?

L’apostolo Giacomo ce lo ricorda chiaramente in una sua lettera: «Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra!» (Gc 4,1-2). 

Logica evangelica

La brama di profitto e la sete di potere sono atteggiamenti peccaminosi che bloccano l’autentico sviluppo umano, abbassano il livello di umanità presente nell’uomo e mettono gli uni contro gli altri.

Sono delle vere e proprie strutture di peccato che si vincono solo «con un atteggiamento diametralmente opposto: l’impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cf. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27)» (Sollicitudo rei socialis, n. 38).

Esse si vincono incarnando la virtù morale della solidarietà, che «non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (ivi), e quella della fraternità, «che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona» (Francesco, Fratelli tutti, n. 1). 

La logica umana ed evangelica, quindi, si contrappone alla logica del potere e dell’avere per fare propria quella del servizio e del farsi dono, perché la vita umana è un dono che si compie nel donarsi e raggiunge il suo senso più vero e profondo quando viene donata a Dio e ai fratelli.

 

Salvatore Cipressa è docente di Teologia morale presso l’Istituto teologico calabro e l’Istituto superiore di scienze religiose metropolitano di Lecce. Tra le sue ultime pubblicazioni: Etica del vivere, Cittadella, Assisi 2023.

Lascia un commento

{{resultMessage}}