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Il «posto» che ci attende

V domenica di Pasqua

At 6,1-7; Sal 32 (33); 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

La pagina del Vangelo di oggi è sicuramente abbastanza complessa e non facile da comprendere. La prima cosa che viene detta è che la realtà in cui i discepoli di Gesù vivono è solo di passaggio, la loro destinazione è «altrove».

Non solo, ma in tale «luogo» c’è già un posto preparato per loro e sembra che, stando alle parole di Gesù, costoro conoscano la strada per raggiungerlo: «E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Ma ciò che è scontato per Gesù, di fatto non lo è per i discepoli, e a prendere la parola è ancora una volta Tommaso che, a quanto pare, è destinato a fare la parte non solo dell’incredulo ma, qui, anche di chi «coraggiosamente» esprime quella perplessità che forse alberga nel cuore e nella mente di tutto il gruppo: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».

C’è dunque uno iato, una distanza, tra quanto Gesù pensa sia ovvio e quanto, di fatto, non lo è per i suoi discepoli. La risposta che Gesù dà anziché chiarire le cose in un certo senso le complica: «Io sono la via, la verità e la vita». Vediamo di declinare questa risposta.

Conoscere la via – per giungere dove Gesù sta andando – significa conoscere Gesù; non solo, ma tale conoscenza «è verità», e tale «verità» è «vita». Gesù dunque è la «via» che conduce alla «verità» e questa verità, a sua volta, conduce/produce «vita». In gioco ci sono tre concetti che hanno un «peso specifico» notevole e che attendono di essere compresi per giungere a quella «conoscenza» di cui Gesù parla.

La tentazione, tipica della nostra cultura occidentale, è quella di cercare una definizione per ciascuno di questi termini che possa essere chiara, esaustiva e dimostrabile, cioè dichiarabile, esprimibile. Ma se percorriamo tale strada è molto facile che alla fine ci perdiamo dietro alle numerose elucubrazioni filosofiche che, peraltro, ci hanno già preceduto. Credo quindi che l’approccio per comprendere questa risposta di Gesù debba essere di tipo diverso.

C’è un particolare importante, infatti, che può illuminare in questo senso: Gesù non dice «questa è la via, la verità e la vita», ma «io sono la via, la verità e la vita», sottolineando e richiamando così l’attenzione a un «qualcosa» che è posto in relazione con lui. La «via», quindi, non può essere intesa come un percorso tracciato su una mappa, qualcosa di visibile e ostentabile, ma come un’esperienza di cammino in relazione, qualcosa che si scopre solo quando si è in movimento e passo dopo passo se ne individua il percorso.

Questo vale anche per il termine «verità»: sarebbe impensabile racchiudere Gesù in una definizione; l’unica possibile comprensione del suo essere «verità» è essere in relazione con lui, vivere la dinamica dell’ascolto, della sequela e persino della contemplazione. La verità che Gesù è non è un qualcosa che si può possedere, circoscrivere, definire, ma una persona con cui si può solo entrare in relazione, di cui si può fare esperienza. E quanto più questa relazione sarà autentica e coinvolgente, tanto più sarà «vera».

Per ultimo, sempre sulla stessa scia, è da considerarsi la terza affermazione: «Io sono la vita». Il camminare, l’immergersi in un percorso, in compagnia e in ascolto di Gesù, produce vita. Anche qui ciò che è in gioco è l’esperienza relazionale, dinamica, non predeterminata o preordinata, ma costantemente vera, proprio perché costantemente nuova, in una relazione che non può mai essere data, proprio perché sempre viva; laddove questo essere viva produce «vita», una vita che si apre e si scopre istante per istante senza una fine, perché la fine sarebbe il termine della relazione.

All’interno di queste tre realtà – via, verità e vita – vi è dunque in gioco la libertà, il costante decidersi, il trasformare il desiderio in atto e l’atto in dono verso l’Altro, in un labirinto di sguardi, di voci, di emozioni; tutti elementi che contribuiscono ad attuare la massima realizzazione della relazione che è amore.

La conoscenza di cui Gesù parla e che i suoi discepoli hanno già, anche se non ne sono consapevoli, è la conoscenza dell’amore, l’amore che hanno sperimentato e che ogni giorno di più è cresciuto in loro nei confronti del Maestro; ed è proprio questo amore «quel luogo» in cui si può arrivare attraverso il «vero» cammino della «vita»: il nostro «posto» accanto al Signore, per sempre.

 

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