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Di treni e transdisciplinarità

Uno scompartimento ferroviario con tavolini a scomparsa, uno scambio senza difese fra due giovani donne, studiose di discipline che amano contaminarsi: teologie e studi porno trovano punti di incontro e suggeriscono pensieri dirottati e immaginazioni vitali. Peccato che a volte i treni arrivino in orario.

Ho scoperto che esistono dei video porno in cui gli attori non compiono alcun atto tipicamente sessuale, anzi sono completamente vestiti per tutto il tempo. Ce n’è uno, per esempio, in cui una donna rompe un vaso molto prezioso sulla testa di un uomo – tutto qui. Non mi sentirei affatto a disagio ad ammettere di aver guardato un video di questo tipo (che mi fa pensare alle scene delle risse western decisamente più che al sesso), ma il fatto di averlo appena classificato come “porno” m’impone di far seguire il classico pudico disclaimer: no, non l’ho visto, me l’hanno raccontato. Ed è vero: me ne ha parlato una sconosciuta, su un treno Napoli-Brescia delle 8 del mattino.

Due chiacchiere

La nostra conversazione è stata tanto piacevole quanto assurda. Eravamo sedute vicine, entrambe con il pc portatile aperto di fronte sui tavolini a scomparsa. A un certo punto a lei cade l’occhio sul mio schermo (ascoltavo Lucio Corsi, per la cronaca) e attacca bottone. In poche battute capiamo che siamo entrambe alle prese con un dottorato – io da finire, lei da pubblicare. E la domanda “cosa studi?” viene facile. Porn studies, lei. Teologia, io. Credo sia stato il momento in cui il passeggero della fila davanti alla nostra si è sporto sul bracciolo per ascoltare meglio. Una domanda alla volta scopriamo che entrambe abbiamo scelto una prospettiva di genere nel nostro lavoro di ricerca, ed entrambe usiamo la parola “femminista” senza che l’altra storca il naso. In ordine sparso parliamo di: Madonne nere, corpi che invecchiano, la serie tv Fleabag, il funzionamento dei meccanismi di potere. È quando tocchiamo quest’ultimo argomento che lei nomina i video porno di cui sopra. A quanto pare qualcuno si eccita a guardare l’esercizio del potere… Ma quando arriviamo a questa riflessione, io non sono più sicura che stiamo ancora parlando di porno.

Far procedere il pensiero

Ho pensato per un po’ a questa conversazione, nei giorni successivi. Io e Sofia ci siamo scambiate i contatti e spero che avremo modo di parlare ancora abbastanza da trovarci in disaccordo su qualcosa, che è il punto più interessante per l’evoluzione del pensiero. Ma in verità non è il disaccordo che fa procedere i ragionamenti; è il fatto di non escludere un punto di vista, un’esperienza, un orizzonte del tutto diverso dal proprio. In accademia, questo è essenziale. La selezione delle fonti passa dall’approfondimento, non si può fare a priori. E, come ogni dottorando potrà confermare, non c’è mai qualcosa da buttare via del tutto quando si fa ricerca – né i libri che alla fine “non c’entrano niente”, né gli autori e le autrici scartate, né gli articoli inutili, e nemmeno le bibliografie non aggiornate. Niente di niente è mai a vuoto, figurarsi gli incontri con studiosi/e di altre discipline. Certo, finché si dice che la transdisciplinarità è importante e che ogni sapere ha la sua dignità tutti sono d’accordo. In astratto, non c’è chi si dichiarerebbe “contro la curiosità”. Ma trovo un’interessante e inconsueta prova del nove chiedersi se si possa fare una migliore teologia (!) dopo aver conversato di porno. O di tennis, o di Sanremo, o di albi illustrati per l’infanzia. Già nel Seicento sor Juana Inés de la Cruz scriveva con acuta ironia che ogni cosa può arricchire il pensiero: «E cosa potrei dirle, signora, dei segreti naturali che ho scoperto cucinando? Vedo che un uovo resta compatto e si frigge nel burro o nell’olio, ma invece nello sciroppo si scioglie in brandelli (…) Non voglio strapazzarvi con argomenti così frivoli (…) Ma, signora, essendo entrambe donne, quale saggezza può essere la nostra se non la filosofia della cucina? Diceva bene Lupercio Leonardo, che si può filosofare eccome mentre si prepara la cena. E io dico spesso, osservando questi dettagli banali: se Aristotele avesse cucinato, avrebbe scritto molto di più».

Accademia su rotaie deviate

Michel Serres è autore di un bel libro che si chiama Il mancino zoppo. Parla del metodo di costruzione del sapere e la sua tesi di fondo, parafrasando e banalizzando molto, è che le intuizioni migliori e i pensieri più intelligenti vengono da ragionamenti che deviano dal loro logico corso e si lasciano interpolare da temi, sistemi di riferimento, immagini e parole del tutto altre. Alle buone idee si arriva zoppicando, e le si coglie sempre con l’altra mano – mancini, zoppi. Il pensiero di genere ha imparato presto a operare questa contaminazione di saperi, perché sotto il comune denominatore “donne” si trovavano insieme (senza esserne appiattite) diverse competenze, posizioni e appartenenze. Al contrario, a volte la teologia delle università si fa ancora qualche scrupolo ad assumere con convinzione la transdisciplinarità. Tende a dialogare soltanto con i saperi che considera più nobili, che spesso si riducono a uno solo, la filosofia. Stabilisce alleanze rigide tra materia e materia: la medicina solo con la teologia morale, la musica solo con la liturgia. Guarda alla poesia, al cinema, all’arte solo come elementi estetici per avviare un altro tipo di discorso – “più elevato”, s’intende. Certa teologia parla ancora tra sé e sé e non si lascia spostare di un millimetro. Non ovunque, non sempre, e per fortuna sempre meno. Ma c’è ancora il rischio che la realtà le passi a fianco, come un treno in corsa.

Il treno Napoli-Brescia era in orario e non ha fatto deviazioni. I ragionamenti miei e di Sofia, invece, hanno preso molte strane strade. È quello che il sapere deve fare. E spero che anche la teologia saprà viaggiare su tanti binari diversi, negli anni che la attendono.

 

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