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Di pecore e pastori

L’immagine del pastore e delle pecore, che questa settimana la lettura evangelica ci offre, è certamente molto lontana dal nostro mondo e da quelli che potrebbero essere i nostri riferimenti attuali. L’idea che si ha è di una scena bucolica, di altri tempi o di immagini che s’incontrano solo se si è in vacanza in qualche zona di campagna. Comprendere quindi il senso di questo testo oggi non è facile, anche perché l’idea di essere delle «pecore» non è molto allettante.

Eppure nella relazione pecore-pastore c’è qualcosa che anche oggi permane. Anche se non ci sentiamo più «pecore» e pensiamo di aver raggiunto una certa autonomia di pensiero e di azione, di fatto il nostro comportamento, oggi più di ieri, è costantemente condizionato da delle «guide» che scrutano i nostri interessi, i nostri desideri e ci indirizzano, con attrattive di vario genere, verso i loro fini.

Un esempio tra i più banali è proprio quello di Internet. Se per vostra «malaugurata» attrazione aprite una pagina web di qualche marca automobilistica, per vedere un nuovo modello di auto o l’ultima caratteristica aggiunta al tipo di macchina da voi preferita, ecco che immediatamente sarete tempestati, su Facebook o su qualsiasi altro social network, di pubblicità riguardanti auto che vi invitano a visitare la pagina e a perdervi (perdendo tempo) nel scintillante mondo automobilistico. La stessa cosa capita con Amazon; se state cercando qualcosa, indipendentemente se giungerete a comprarla o meno, ecco che sarete sommersi da una valanga di email che vi suggeriscono l’acquisto dell’oggetto ricercato in più forme e modelli. Di fatto quindi siamo trattati come «pecore» che vengono condotte verso un’attrazione o l’altra senza che ce ne accorgiamo e, soprattutto, senza che ne possiamo avere il controllo o porvi dei filtri efficaci.

C’è anche un’altra forma di essere «pecore», forse più sottile ma ugualmente importante, e che riguarda proprio la sfera religiosa. Ci sono infatti «personaggi» che hanno un’alta percentuale di audience, sia dal vivo sia nel web, la cui forza catalizzatrice è l’ostentazione di una certa sicurezza con cui esprimono il loro credo, e che, soprattutto, dicono che cosa bisogna credere, come bisogna agire, dove e quale sia la verità. L’effetto ottenuto è che le persone si sentono rassicurate, qualcuno dice loro cosa devono credere e pensare e così possono sentirsi tranquilli e soprattutto «a posto».

Un ultimo esempio di «pecore», forse quello i cui effetti sono più deleteri, è quello di chi ormai non sa più distinguere o valutare l’autorevolezza di chi parla. Tutti possono dire tutto su ogni cosa senza avere un minimo di competenza o di adeguata formazione dietro di sé. Per cui, rimanendo sempre nell’ambito religioso, un testo biblico può essere completamente stravolto, solo perché non lo si è né studiato e né tanto meno capito, oppure può essere oggetto di «approfondimenti» introspettivi o attualizzanti che dimostrano semplicemente che chi scrive non ha mai preso in mano un serio commento in merito né conosce la letteratura che una ricerca esegetica ha prodotto sul soggetto in questione. Insomma, basta essere un «nome» per avere l’«autorevolezza» di scrivere su qualsiasi cosa si voglia, certi che subito tante «pecore» berranno alla propria fonte.

Se ritorniamo alla pagina evangelica, scopriamo allora che le «pecore» di cui si parla risultano essere molto più lucide e vigili di quanto possiamo aver pensato all’inizio della nostra riflessione. Infatti «quelle» pecore sanno «ascoltare», distinguere e decidere di non seguire la voce di ladri e briganti che vengono solo per «rubare, uccidere e distruggere». Non solo, ma soprattutto «quelle» pecore sanno riconoscere la voce del «vero pastore», cioè vi è una relazione personale e propria tra il pastore e ciascuna pecora.

Il seguire dunque «quel» pastore non è un adeguarsi all’intero gregge, ma è frutto, per ciascuna pecora, di una propria e personale relazione con la loro guida. Ultimo particolare di rilievo è l’immagine finale della «porta-pastore». Una porta che non ha la funzione di circoscrivere, racchiudere, inglobare, ma che è sempre aperta: «Se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo».

La funzione del pastore, quindi, espressa nel testo evangelico, è liberante, non costrittiva od omologante; una funzione che promuove apertura, capacità di scelta (uscire o entrare) e soprattutto senso e pienezza di vita (pascolo).

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