A
Attualità
Attualità, 8/2025, 15/04/2025, pag. 30

La gestione delle violenze e degli abusi. La scatola bianca - Speciale Francesco

Maria Elisabetta Gandolfi


Nell’iconico affidare la scatola bianca di documenti riservati da parte del papa emerito a quello appena eletto nel marzo 2013, possiamo intuire che vi sia stato più di un riferimento alle violenze e agli abusi nella Chiesa.

Papa Ratzinger era stato eletto anche a motivo del cenno alla «sporcizia nella Chiesa», fatto nella Via crucis da lui guidata poco prima della scomparsa di Giovanni Paolo II nel 2005. Papa Bergoglio aveva raccolto consensi sulla necessità di una riforma della curia, anche se al momento dell’elezione forse non aveva in mente il fatto che le violenze e gli abusi più che uno dei capitoli della riforma potevano esserne lo sfondo da cui partire.

Nel pontificato di Francesco vi sono stati passi formali e un approccio personale.

Il primo passo formale, meno noto, è stato quello della pubblicazione l’11.7.2013 di un motu proprio e dell’approvazione della legge n. VIII (per lo Stato della Città del Vaticano e valida anche per la Santa Sede), che definisce la categoria dei delitti contro i minori, tra i quali, oltre alla violenza sessuale vera e propria, viene compresa la pedopornografia e la detenzione di materiale pedopornografico. Essa venne applicata almeno due volte: nel 2015, per rinviare a giudizio in Vaticano l’ex nunzio in Repubblica dominicana, Józef Wesołowski; e nel 2018 nel processo contro il consigliere presso la nunziatura a Washington, Carlo Alberto Capella.

Il secondo e più decisivo fu l’istituzione della Pontificia commissione per la tutela dei minori il 22 marzo 2014, presieduta dal card. Sean O’Malley (Boston) per raccomandare e promuovere la consapevolezza sulla questione nella Santa Sede in collaborazione con altri organismi di curia, nelle conferenze episcopali, nella formazione per i seminari; e proporre norme per garantire la responsabilità delle autorità ecclesiastiche.

Inserita nel mezzo della riforma della curia, la Commissione, i cui statuti arrivarono solo nel 2015, si è trovata in una posizione quasi di corpo estraneo rispetto agli altri dicasteri (alla fine della riforma della curia, con la costituzione Praedicate Evangelium del 2022, è passata alle dipendenze del Dicastero per la dottrina della fede), anche a motivo della presenza al suo interno di laici e laiche professionisti della materia e talora di rappresentanti delle vittime che non hanno risparmiato critiche dirette e franche.

È emblematica la scia di dimissioni, richieste e date, che negli anni ha accompagnato la sua esistenza: quelle di Peter Saunders, chieste nel 2016, anche perché non rispettava la riservatezza che veniva chiesta ai membri; quelle di Marie Collins, date nel 2017 in aperta polemica con il prefetto dell’allora Congregazione per la dottrina della fede, card. Gerhard Müller; quelle del segretario mons. Robert Oliver, che imparò dai giornalisti d’essere stato rimpiazzato nell’incarico; e infine quelle dello stesso Hans Zollner nel 2023.

Essa tuttavia è sempre stata un pungolo importante che ha fatto sì che, nonostante alcuni stop and go, si sia arrivati a decisioni significative: come ad esempio la proposta nel 2015 di un tribunale ad hoc all’interno dell’ex Sant’Uffizio per giudicare i vescovi inadempienti rispetto a un nuovo reato inizialmente configurato come «abuso d’ufficio episcopale», diventato ufficialmente nel giugno 2016, con il motu proprio Come una madre amorevole, un nuovo reato canonico: «Negligenza dei vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori e adulti vulnerabili».

Del tribunale in realtà non se ne fece nulla, ma l’idea servì a fare maturare una decisione, presa dopo l’importante incontro in Vaticano (21-24.2.2019) dedicato a «La protezione dei minori della Chiesa. Responsibility, accountability, transparency», a cui parteciparono esponenti di tutte le conferenze episcopali (Regno-att. 6,2019,131): quella d’istituire un percorso canonico per giudicare i vescovi colpevoli di negligenza, sancito da un altro motu proprio, il Vos estis lux mundi (cf. Regno-att. 10,2019,270; Regno-doc. 11,2019,325).

Sempre nel 2019 papa Francesco in un rescriptum ex audientia abolì il segreto pontificio per quanto riguarda i casi di abusi sessuali: anche questa era una richiesta che a gran voce proveniva dalle vittime ed era stata ampiamente discussa nel summit vaticano. Tuttavia è scarseggiata la visibilità di questo provvedimento.

Un terzo passo formale fu quello dell’approvazione (1.6.2021) della riforma – iniziato da Benedetto XVI –1 del Libro VI del Codice di diritto canonico, che riordina complessivamente la materia penale e che, per quanto riguarda le violenze, introduce la fattispecie d’«abuso di autorità» e sposta tra i delitti «contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo» i delitti «contro il sesto comandamento del Decalogo».

Le retromarce

Il punto più interessante per un bilancio del pontificato sotto questa specifica lente sono stati gli episodi che hanno coinvolto direttamente Francesco. Il primo avvenne nel 2017, quando il papa chiamò a Roma come «assessore» (incarico creato ad hoc e ricoperto fino al 2021) dell’APSA il vescovo argentino Gustavo Zanchetta, dimessosi per «motivi di salute» dalla diocesi di Orano (Argentina). Convocato in tribunale in patria, venne condannato in primo grado a 4 anni per violenze su due seminaristi, sentenza confermata in appello il 4 febbraio 2025.

Il secondo fu quello del (mal preparato) viaggio in Cile nel gennaio 2018. Il seme era già stato gettato nel 2015, quando il papa nominò vescovo di Osorno mons. Juan Barros, accusato da alcune vittime d’aver coperto le violenze compiute dal sacerdote Fernando Karadima, sanzionato dalla Santa Sede nel 2011 (e dimesso dallo stato clericale nel settembre 2018). Alle proteste in diocesi seguirono più lettere di dimissioni del prelato, che però vennero respinte al mittente da Francesco, perché le riteneva, come disse successivamente, frutto delle pressioni dei zurdos, i soliti sinistrorsi.

Così durante il viaggio un’improvvida dichiarazione del pontefice a una cronista sull’«innocenza» di Barros venne prima «corretta» dal card. O’Malley e poi ritrattata dallo stesso papa, che infine invierà il duo Scicluna-Bertomeu per un’indagine che produrrà 2.300 pagine di resoconto. Francesco convocò quindi a maggio in Vaticano i vescovi cileni che si dimisero in massa, ed egli li riconfermò tutti tranne tre; chiamò a Santa Marta alcune delle vittime e una di esse, Juan Carlos Cruz, entrò nella Pontificia commissione.2 Da quell’esperienza scaturì la Lettera a tutto il popolo di Dio sulle violenze commesse da consacrati e chierici su minori (Regno-doc. 15,2018,457), in cui il papa parlò per la prima volta di «abusi sessuali, di potere e di coscienza».

Altri casi hanno coinvolto da vicino il pontificato, anche se il loro inizio datava ai tempi del papato di Ratzinger e forse anche a prima: ad esempio le accuse rivolte al card. George Pell, prosciolto nell’aprile del 2020 (scomparso poi nel 2023); la pubblicazione nello stesso anno di uno studio voluto dalla Segreteria di Stato sulle accuse di violenze e abusi del potente cardinale statunitense McCarrick, e partito dalle denunce arrivate all’arcidiocesi di New York nel 2017.3

Nel 2021 poi uno dei membri del Consiglio dei cardinali, Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, presentò al papa – che le rifiutò – le dimissioni (Regno-att. 12,2021,345), a motivo della «catastrofe» dello scandalo delle violenze. Il gesto poneva le mani avanti anche rispetto al rapporto commissionato dalla diocesi sulla gestione delle violenze nel periodo 1945-2019 e poi uscito l’anno successivo: in effetti non solo a Marx venne addebitata una non corretta gestione di due casi, ma anche al papa emerito. Il quale, nel febbraio 2022, scrisse di suo pugno una lettera di ampia ma generale confessione delle proprie colpe (cf. Regno-doc. 5,2022,151).

E infine il caso più eclatante e a oggi irrisolto: quello che ha per protagonista il (oggi ex) confratello gesuita, l’universalmente conosciuto mosaicista Marko Ivan Rupnik.3 La vicenda è nota (cf. Regno-att. 2,2023,14; 14,2023,421). Ne enucleiamo solo alcuni passaggi: innanzitutto il fatto che la notizia del primo procedimento canonico nei confronti dell’allora gesuita (e quindi delle denunce che lo hanno messo in luce) non sia venuta da una fonte ufficiale. Poi la pubblica dichiarazione di Francesco, nell’intervista concessa a Nicole Winfield dell’Associated Press nel gennaio 2023, di non essere intervenuto nel procedimento canonico, nonostante paia assodata l’esistenza di una scomunica latae sententiae tolta poi di lì a breve.

Alla fine della I Assemblea sinodale (27.10.2023) un comunicato della Santa Sede affermava che, su pressione della Pontificia commissione per la tutela dei minori per «gravi problemi nella gestione del caso (…) e la mancanza di vicinanza alle vittime», il caso era stato riaperto dal Dicastero per la dottrina della fede derogando alla prescrizione. E in un’intervista del 23 gennaio scorso alla testata spagnola Alfa y omega il card. Fernandez ha assicurato che il suo Dicastero sta «già [sic] lavorando per istituire un tribunale indipendente per passare all’ultima fase attraverso un processo giudiziario penale».

Insomma, quella scatola dovrà passare ancora una volta di mano e il suo contenuto sarà ancora piuttosto ingombrante.

 

Maria Elisabetta Gandolfi

 

1 Dal pontificato precedente Francesco ha anche ereditato un blocco specifico di tipologia di violenze: quelle avvenute all’interno di associazioni e movimenti, prevalentemente sorti negli anni del concilio Vaticano II, di cui si è parlato prevalentemente nella seconda parte del pontificato: il commissariamento (10.1.2018) del Sodalizio di vita cristiana, poi disciolto ufficialmente a inizio 2025; l’avvio nel 2019 di un’inchiesta dell’episcopato francese contro Georges Finet, il padre spirituale della mistica francese Marthe Robin e dei Foyers de charité; la pubblicazione (22.2.2020) delle conclusioni di un’inchiesta esterna su Jean Vanier, fondatore dell’Arche, e i fratelli Philippe (cf. Regno-att. 6,2020,150; Regno-doc. 9,2020,286), colpevoli di violenze sessuali e abusi su religiose; la denuncia nello stesso anno della storica Alexandra von Teuffenbach, contro il fondatore del Movimento apostolico di Schönstatt, Josef Kentenich (che era in via di beatificazione); la denuncia nel 2023 da parte di una donna di aver subito violenze dall’abbé Pierre e la rivelazione nel 2025 di due giornaliste francesi, Laetitia Cherel e Marie-France Etchegoin, che le accuse contro il prete, scomparso nel 2007, erano note al Vaticano sin dal 1955.

2 Per dare l’idea della situazione, due elementi: il cancelliere dell’arcidiocesi di Santiago due settimane prima del viaggio si era autodenunciato per violenze sessuali; all’entrata di Cruz nella Pontificia commissione, voluta da Saunders, aveva dato parere negativo il card. Errazuriz Ossa, emerito di Santiago (e membro, al pari di O’Malley, del Consiglio dei cardinali), d’accordo con l’attuale, mons. R. Ezzati.

3 Il caso coinvolse da vicino l’attuale camerlengo, card. Kevin Farrell, che fu vicario generale di McCarrick quando era arcivescovo di Washington e poi suo ausiliare. Per circa 5 anni i due condivisero poi il medesimo appartamento.

4 Lambisce il pontificato anche il caso del premio Nobel per la pace, il salesiano Carlos Ximenes Belo, vescovo di Dili (Timor Est). Vent’anni dopo che la sua congregazione lo aveva spinto alle dimissioni «per motivi di salute» (2002), una testata olandese ha rivelato che non aveva subito sanzioni dalla Santa Sede per i casi riconosciuti a suo carico di violenze su minori perché la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, da cui dipendeva la diocesi, non aveva comunicato con quella per la dottrina della fede. E, allo stesso modo, il caso del card. Luis Cipriani, arcivescovo emerito di Lima dal 2019, sul quale un procedimento canonico aperto nel 2018 per una denuncia di pedofilia si è concluso con sanzioni da parte della Santa Sede.

Tipo Articolo
Tema Francesco
Area
Nazioni

Leggi anche

Attualità, 2025-8

Il lungo cantiere della sinodalità- Da organismo a processo - Speciale Francesco

Maria Elisabetta Gandolfi
Dei tre capitoli principali in cui si è articolato il percorso di riforma di papa Francesco – curia romana e le sue finanze, sinodalità e contrasto alla pedofilia nella Chiesa –, il secondo costituisce il più consistente pezzo di eredità di questo pontificato, che tuttavia è come un’incompiuta che attende di essere portata a termine. Come per altri...
Attualità, 2025-8

Italia - Assemblea sinodale: rimandati a ottobre

A commento della recente assise romana

Maria Elisabetta Gandolfi

Per una sorta di rivincita delle parole sul proprio significato, il percorso sinodale italiano, che era stato sin dal suo inizio chiamato Cammino sinodale, ha avuto esiti analoghi nel processo (ma diversi nei contenuti) a quello del tedesco Synodaler Weg.

Attualità, 2025-8

Stati Uniti - Trumpismo: infrangere la finestra di Overton

Un lento e inesorabile processo dove l'inaccettabile diventa la norma

Maria Elisabetta Gandolfi

La seconda presidenza di Donald Trump sembra segnare una cesura, rendendo inevitabile ciò che un tempo era impensabile e indicibile. Ma è davvero una cesura o si tratta di un processo con radici lontane nel tempo?