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Attualità
Attualità, 12/2025, 15/06/2025, pag. 344

Come si vince in amore

Mariapia Veladiano

Ecco un libro che ci ricorda quanto l’editoria popolare femminile possa essere molto interessante. Bisogna avere tanta pazienza anche in questo caso (come per La femme chrétienne dans ses rapports avec le monde, cf. Regno-att. 10,2025,284) perché, malgrado si tratti di un romanzo, l’obiettivo trasparente, a partire dal titolo, è l’educazione, qui scopertamente sentimentale, delle fanciulle. E ancora una volta ci si chiede perché le fanciulle abbiano bisogno di essere educate sentimentalmente.

Come si vince in amore viene pubblicato il 5 aprile 1945, dalle edizioni Mani di Fata. L’autrice è Vanna Piccini, giornalista marchigiana dalla lunghissima e prolifica carriera professionale. Ha fondato il Circolo filologico femminile a Milano, a sostegno del patriottismo bellico durante la Prima guerra mondiale, a partire dal 1933 ha diretto Piccola fata, «quindicinale di novelle e varietà per la donna», con rubriche di cinema, cucito e cucina autarchica.

Era un’emanazione di Mani di fata, mensile che dal 1925 – compie 100 anni! – si è diffuso e moltiplicato, raggiungendo generazioni di donne, attualmente in 7 paesi, per 160.000 copie vendute. Vanna Piccini fu poi autrice di molti romanzi, di guide all’essere donne perfette e di un manuale di enorme successo dal titolo Per te donna. Come si vive oggi, pensato per le donne del Ventennio.

Il 5 aprile 1945 è una data sulla quale fermarsi. Mancano pochi giorni alla Liberazione ma esattamente in questo giorno la città di Alessandria vive il dramma dell’ultimo bombardamento della Seconda guerra mondiale, bombardamento alleato: l’obiettivo era la ferrovia ma le bombe scesero su case e su un asilo. Una nuova strage degli innocenti, si disse. Ma intanto a Milano è possibile stampare romanzi perché esiste un’Italia che ancora soffre in pieno la guerra e insieme ce n’è una che fa ripartire ogni forma possibile di normalità.

Non c’è traccia di guerra, devastazione, paura, tragedia in questo romanzo. Le uniche inquietudini sono quelle amorose. È la piccola vicenda privata di Sandra Ardeni, ventenne studentessa universitaria, figlia di un impiegato. I genitori, lo sappiamo subito, fanno molti sacrifici per assicurarle la possibilità di studiare, la madre non sta bene. Incrociamo la protagonista mentre va a una festa, a Milano, in casa di Marisì Franzi, un’amica e compagna di studi. Ricca, buona e leggerissima, per così dire.

Intorno a loro tanti amici, studenti che approfittano dell’ospitalità dell’amica, mangiano, bevono, ascoltano musica e sono in ritardo con gli esami. Sandra è generosa, aiuta tutti negli studi, ma non si sente parte di quel mondo. E anche un’altra persona lo osserva con distacco. Si tratta di Corrado Giglio, studente anche lui, figlio di un imprenditore. È inquieto, vive male il proprio privilegio e pensa che il lavoro sia qualcosa di molto più nobile dello studio.

Tutto capita in modo velocissimo. Una semplice osservazione, forse non disinteressata, del giovanotto benestante che le fa notare come la sua libertà di figlia emancipata e in carriera sia costruita sulle spalle di genitori che sacrificano la propria vita per lei, la induce a lasciare gli studi dalla sera alla mattina, anzi, dal pomeriggio alla sera. Contano i sensi di colpa, sensi di colpa che sfiorano anche lui, il grillo parlante, ma più irresoluto di lei. Il lavoro arriva (glielo procura Corrado attraverso il padre), lei si fa stimare subito e benvolere. Ha dei rimpianti, a lei lo studio piaceva, ma essere utili in modo pratico la realizza.

Intanto, nel momento in cui capisce di amare Corrado, l’amica Marisì glielo soffia per gioco. Infelici tutti, per tre quarti del romanzo. La vicenda scorre fra Milano, Varese (le corse in auto con Corrado), il Lago Maggiore (le ville dei ricchi amici) e Sanremo dove la porta il nuovo lavoro. Gli avvenimenti sono intervallati dalle riflessioni di lei che, nel mentre decide i suoi passi nella vita nuova, riconosce e a volte accoglie, altre volte scarta, le tentazioni che le arrivano.

Un vestito non necessario, con un’eleganza in più rispetto al suo stile, la fa sentire inadeguata, certo anche in colpa. L’impulso a dire a Corrado quel che pensa viene frenato dal buonsenso che le suggerisce d’evitare il ridicolo, e così via. Troviamo anche riflessioni interessanti.

Nel momento in cui lei deve chiedere un favore, si vergogna della propria condizione ma reagisce: «Dopo tutto si può nascere poveri. Era colpa sua? E nemmeno dei suoi, come non era merito di Giglio o di Marisì e di tanti altri essere nati ricchi» (42). È un’educazione sentimentale e sociale del tutto laica, senza mai un solo riferimento a qualsivoglia cosa che richiami la fede, Dio, la patria (la famiglia sì in effetti), o un contesto spiritualmente connotato.

Ma nemmeno il mondo politico dell’epoca è presente. L’unico indiretto riferimento è in un pensiero di Corrado: «Ciò che amava era il risveglio agrario, quel ritorno alla Madre della gente italica. Quelle città che sorgevano su spazi già desolati e avvelenati dalla malaria, lo entusiasmavano» (34).

È un riferimento importante, ma non c’è seguito. Poi Corrado sarà tutto un ondivagare. C’è sicuramente l’idea di un’emancipazione femminile che può passare attraverso il lavoro. Meno attraverso lo studio. E di una superiorità femminile che però gioca tutti e solo i cliché del femminile: attesa, compostezza, sacrificio.

E in effetti questo è un romanzo in cui le donne, a dispetto del fatto che siano chiamate regolarmente «piccola» o «piccina» dagli uomini di turno, governano il gioco con mano abbastanza ferma. Certo a volte non osano, ma alla fine, come dice il titolo, vincono. Vincono sempre. Anche se si ha l’impressione che la vittoria le riporti tranquille al loro posto.

 

Tipo Riletture
Tema Cultura e società
Area
Nazioni

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