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Attualità
Attualità, 20/2023, 15/11/2023, pag. 632

Teologia - 90 anni di mons. Cereti: gratitudine

Intervista al teologo Giovanni Cereti

Daniela Sala (a cura di)

Il 1° dicembre compie 90 anni un personaggio importante della teologia italiana, «don» Giovanni Cereti, che abbiamo voluto celebrare incontrandolo a Roma qualche settimana prima del suo compleanno.

 

Il 1° dicembre compie 90 anni un personaggio importante della teologia italiana, «don» Giovanni Cereti, che abbiamo voluto celebrare incontrandolo a Roma qualche settimana prima del suo compleanno.

Nato a Genova nel 1933, dopo la laurea in giurisprudenza è stato ordinato prete nel 1960. Ha esercitato il ministero pastorale a Genova, a Bouar (Repubblica Centrafricana) e a Roma, dove nel 1980 ha creato la sezione italiana della Conferenza mondiale delle religioni per la pace e il gruppo di spiritualità «Fraternità degli anawim». Ha tenuto corsi di Teologia ecumenica e Dialogo interreligioso in diversi atenei e istituti ecclesiastici, fra i quali l’Istituto di studi ecumenici di Venezia e la Facoltà teologica Marianum di Roma.

Tra i suoi numerosi e importanti scritti, oltre ai tanti articoli su Il Regno, si possono ricordare Matrimonio e indissolubilità, nuove prospettive (EDB, Bologna 1971), Divorzio nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva (EDB, Bologna 1977, 21998); Una spiritualità per il nostro tempo: la proposta della Fraternità degli anawim (Borla, Roma 1987); Molte Chiese cristiane. Un’unica Chiesa di Cristo (Queriniana, Brescia 1992); Per un’ecclesiologia ecumenica (EDB, Bologna 1996, 22003); Le Chiese cristiane di fronte al papato. Il ministero petrino del vescovo di Roma nei documenti del dialogo ecumenico (EDB, Bologna 2006); Divorziati risposati. Un nuovo inizio è possibile? (Cittadella, Assisi 2009); Pagare le tasse. Solidarietà e condivisione (Cittadella, Assisi 2010).

Le nuove nozze nella Chiesa antica

– Una delle piste di ricerca principali del suo significativo e fruttuoso percorso di studi è stata quella relativa alla prassi della Chiesa antica rispetto al problema dei «digamoi», in sostanza quanti entravano in un secondo matrimonio dopo la fine del primo. E di qui ha prospettato l’ipotesi di creare una nuova prassi nella Chiesa per dare una risposta alla questione dei divorziati risposati.

«Il mio interesse al problema dei divorziati risposati nasce dal fatto che dal 1966 al 1970 ho lavorato in un tribunale ecclesiastico, e ho visto come esso, pur con le migliori intenzioni da parte di chi ci lavorava, appariva assolutamente inadeguato rispetto appunto alla risposta a questo problema da parte della Chiesa dell’epoca. E quindi nel giugno del 1971 pubblicai con le Edizioni dehoniane Bologna (EDB)  il volume Matrimonio e indissolubilità, nuove prospettive.

Sono molto riconoscente all’editore di allora, perché scrissi il libro prima di partire per l’Africa e lo affidai alla casa editrice per la pubblicazione quasi senza poter rivedere assolutamente nulla. Però quel lavoro riscosse interesse in ambito accademico, ricordo in particolare le parole di apprezzamento di Peter Huizing, docente di Diritto canonico all’Università cattolica di Nimega, nei Paesi Bassi. Io dissi, dopo, che mi pareva che certi passi mi fossero stati come suggeriti dall’esterno, quasi “sotto dettatura”.

Dopo questa prima pubblicazione, nel 1977 seguì Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva, edito sempre da EDB, dove ho cercato di dimostrare che la Chiesa primitiva assolveva i divorziati risposati attraverso il sistema della penitenza, da vivere lungo un anno in cui si era esclusi dall’assoluzione, ma poi si veniva assolti e si poteva partecipare alla vita della comunità cristiana. Quindi non si poteva più dire che la Chiesa non aveva mai conosciuto la soluzione di questo peccato in particolare, cioè il peccato di essere venuti meno al proprio impegno coniugale.

Credo d’aver dimostrato che nella Chiesa primitiva in realtà si dava l’assoluzione dopo un anno di penitenza pubblica. Questi sono i lavori principali che io ho fatto nella mia vita».

Citato in Amoris laetitia, ma a suo tempo non potei più insegnare

– Che impatto hanno avuto queste ricerche nella vita della Chiesa?

«Le racconto un episodio. Il card. Francesco Coccopalmerio, qualche mese fa, mi ha detto che ha riletto attentamente l’esortazione postsinodale Amoris laetitia, che ha concluso il processo sinodale del 2013-2014 sulla famiglia, ed esaminando soprattutto il capitolo VIII si è reso conto che esso ha ripreso tutto quello che io ho sostenuto nei miei libri e nelle mie ricerche. E di ciò si rallegrava».

– Nella sua vita invece quali effetti ci sono stati?

«Sono stato in seguito escluso da qualsiasi insegnamento in campo ecclesiale o da qualsiasi riconoscimento, ma devo dire che quello che ho scritto è stato rispettato, se si esclude qualche attacco, presente principalmente in una pubblicazione apparsa presso l’editrice Cantagalli con contributi di cinque car-
dinali (Brandmüller, Burke, Caffarra, De Paolis, Müller; cf. anche in questo numero a p. 629), dal titolo Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica».

Molte Chiese nell’unica Chiesa di Cristo

– L’altro filone principale della sua ricerca teologica è quello ecu-
menico.

«Per quanto riguarda l’ecumenismo, se ho qualche limitato merito è quello d’avere curato la pubblicazione di diversi volumi dell’Enchiridion oecumenicum, grazie al Centro editoriale dehoniano e al lavoro fatto dalla rivista Il Regno. La collana ha svolto una preziosa opera di divulgazione e diffusione dei dialoghi ecumenici che venivano portati avanti nel dopo Concilio e dei relativi documenti.

Quindi ringrazio il Signore di avere potuto lavorare in questo campo. Campo che poi è stato abbandonato all’inizio degli anni 2000, quando di comune accordo con l’editore si valutò di portare avanti l’opera di divulgazione con altri mezzi.

Un’altra cosa di cui sono grato al Signore è quella d’aver potuto redigere il corso di ecumenismo Molte Chiese cristiane, un’unica Chiesa di Cristo (Queriniana, Brescia 1992). Ho incontrato tante persone che mi hanno detto d’aver studiato sul mio corso di ecumenismo, e di averlo trovato molto completo. Ho cercato di superare il concetto in base al quale siamo irrimediabilmente divisi. No: esistono molte Chiese cristiane, ma esiste un’unica Chiesa di Cristo nella quale ci possiamo ritrovare tutti».

L’abbé Jean sono io

– Quali altre, tra le sue opere, le stanno particolarmente a cuore?

«Nel 1973 uscì da Gribaudi un volumetto intitolato Lettera a una religiosa, ovvero della tenerezza, il cui autore, “abbé Jean”, era un prete che aveva lavorato come fidei donum in Africa nei primi anni Settanta. In quei tempi molti preti e religiose lasciavano la vita consacrata per quella coniugale. Il problema coinvolse anche un prete e una suora che lavoravano nel cuore dell’Africa. La risposta a una domanda della suora venne messa per iscritto in una lunga lettera, in cui si rifletteva sul celibato come mistero di povertà, di libertà per servire, d’amore pieno di tenerezza nei confronti di quanti s’incontrano.

L’autore di quel libretto sono io. Nel 2019 ne ho curato una nuova edizione, con Marcianum Press, a causa di un affettuoso rimprovero che avevo ricevuto da p. Paolo Dall’Oglio nel nostro ultimo incontro: “Ti debbo rimproverare perché non hai riedito Lettera a una religiosa”, che a suo dire aveva avuto molta importanza nella sua scelta di vita religiosa, e anche in quella di altri».

 

a cura di
Daniela Sala

 

Tipo Articolo
Tema Teologia Ecumenismo - Dialogo interreligioso
Area EUROPA
Nazioni