C.E. Clifford, M. Faggioli (a cura di), The Oxford Handbook of Vatican II
Nei 60 anni che separano il Vaticano II dall’oggi ecclesiale e culturale, il Concilio è stato al centro di un percorso non sempre lineare, in una storia della recezione che ha conosciuto tensioni e tentativi di normalizzazione del grande evento da parte di attori diversi dell’ecosistema ecclesiale.
Oxford University Press, Oxford (UK) 2023, pp. 800, £ 135,00.
Nei 60 anni che separano il Vaticano II dall’oggi ecclesiale e culturale, il Concilio è stato al centro di un percorso non sempre lineare, in una storia della recezione che ha conosciuto tensioni e tentativi di normalizzazione del grande evento da parte di attori diversi dell’ecosistema ecclesiale. Alla storia del Concilio s’affianca una storia del postconcilio che è difficile da scrivere per la salute di cui ancora godono molti degli aspetti emersi negli ultimi decenni, la cui persistenza è solo uno degli indici della loro vitalità.
La domanda che s’impone è se tutto questo faccia parte dell’eredità stessa del Vaticano II, della transizione inaugurata da un’assemblea che non ha precedenti nella storia recente, e per certi versi in tutta la storia della Chiesa e dei concili.
A questo riguardo, la pubblicazione di un nuovo volume dell’importante e prestigiosa serie di Handbooks dell’Università di Oxford, interamente dedicato al Vaticano II, ha un significato simbolico, prima ancora che storico o teologico: il Concilio non è un reperto dell’archeologia, ma merita di essere riletto e studiato se si vuole comprendere gran parte dell’ultimo mezzo secolo di storia ecclesiale e, da credenti, proseguire nel solco della tradizione della Chiesa in fedeltà a Dio e agli esseri umani. The Oxford Handbook of Vatican II contiene 44 saggi tra storia e teologia sotto la direzione di Catherine Clifford e Massimo Faggioli, ed è esso stesso un atto di recezione dell’evento annunciato il 25 gennaio 1959 a San Paolo fuori le Mura a Roma da papa Giovanni XXIII.
Il volume riserva la I parte al contesto e alle fonti. Un saggio del compianto storico John O’Malley mette in relazione gli ultimi concili celebrati dalla Chiesa cattolica: Trento, Vaticano I, Vaticano II. È una prospettiva sincronica e diacronica quella privilegiata da O’Malley, che dà un’idea di come già prima della convocazione del Tridentino fossero emersi argomenti che sarebbero diventati ricorrenti nei secoli a venire: rapporto tra papato ed episcopato, rapporto tra continuità e discontinuità nella dottrina e nella disciplina, legittimità e fine di una riforma nella Chiesa.
Faggioli sottolinea che il contesto è un aspetto non trascurabile in un concilio, specialmente per il Vaticano II che ha trattato il rapporto Chiesa-mondo e ha costituito l’apice di una transizione iniziata in seguito alla Prima guerra mondiale. Il Vaticano II è stato anche un concilio di ressourcement: il ritorno alle fonti come processo di contestualizzazione delle caratteristiche storiche di un soggetto, inclusa la Chiesa, che l’Handbook fa affrontare a David Grumett.
È invece Federico Ruozzi a parlare di fonti d’altro tipo, alcune inedite nella storia ecclesiale come i mass media, che hanno ripreso un concilio per la prima volta. Questo e molto altro indicano una certa unicità dell’insegnamento conciliare, come nota Peter Hünermann.
La II parte è sui documenti prodotti dal Vaticano II, a partire da un interessante saggio di Alberto Melloni su testi e messaggi del Concilio espunti o dimenticati che testimonia il valore del corpus conciliare sul piano evenemenziale. Autori del calibro di John Baldovin, Richard Gaillardetz, Hans-Joachim Sander, Silvia Scatena (per citarne solo alcuni) affrontano la mentalità del Concilio su liturgia, ecclesiologia, pastoralità, rivelazione, libertà religiosa, ecumenismo ecc., dando prova della formazione di una coscienza conciliare prima di ogni conclusione teologica.
La III parte del volume è interamente dedicata alla recezione cattolica, che rimane un tema poco studiato in ambito teologico anche per l’assenza di una teologia della tradizione ecclesiale condivisa. Si muove in questa direzione il saggio di Philippe Roy-Lysencourt sulla recezione del Vaticano II nel cattolicesimo tradizionalista, che non si può più definire una minoranza senza pagare il prezzo dell’incomprensione di alcune scelte della Chiesa istituzionale e di alcune posture cattoliche sul piano mediatico.
La IV parte si sofferma sulla recezione da parte di altri cristiani e da parte di non cristiani, compresi gli osservatori non cattolici al Concilio, la Chiesa ortodossa, gli anglicani, le Chiese luterane, la recezione riformata, metodista ed evangelicale, lo sviluppo dei rapporti tra cattolici ed ebrei e con i musulmani alla luce di Nostra aetate, il dialogo interreligioso visto dalla prospettiva delle religioni asiatiche.
Infine, nella V parte il testo si concentra sulla recezione globale del Vaticano II: è una sezione che, oltre a prevedere un capitolo per ogni continente, include anche un’importante riflessione di Matthew Shadle su cattolicesimo e affari internazionali (la questione della Chiesa nel mondo ha a che fare anche con la diplomazia della Santa Sede e l’ordine globale).
Il volume segna un passo rilevante per lo studio e l’approfondimento del concilio Vaticano II. Questo perché smentisce apertamente la narrazione normalizzante intorno al Concilio e ne sostiene il percorso di recezione ancora in corso nella Chiesa cattolica. È una rilevanza che deriva anche dallo sforzo d’intercettare alcune traiettorie significative apertesi con il pontificato di papa Francesco e che si deve poi alla coralità che contraddistingue l’opera, in cui compaiono autori e autrici diversi per provenienza, percorsi professionali e stati di vita.
L’Handbook comprende anche un saggio sul rapporto tra le donne e il Concilio a firma di Regina Heyder, e uno sulle teologie femministe nel contesto del processo di recezione del Vaticano II a firma di Serena Noceti.
L’Handbook è importante anche perché interviene in un momento delicato della storia della Chiesa in cui la sottovalutazione, o peggio la rimozione, dell’impatto del Concilio, per essa coincide con una generale crisi della cultura come elemento da coltivare, in quanto nutrimento necessario alla sua stessa vita. È un libro di storia e teologia, ma è soprattutto un libro di storia consapevole della necessità della teologia e un libro di teologia consapevole della necessità della storia.
In questo senso, rappresenta anche un modello di lavoro scientifico e di laboratorio culturale accademico al servizio del sapere laico e confessionale. Un’ulteriore ragione per cui il volume è importante riguarda invece la lingua di pubblicazione, poiché questo implica una domanda sui destinatari: non si tratta di privilegiare la lingua adottata negli scambi internazionali, ma di un rapporto immediato che si pone con il mondo anglofono: più che in ogni altra parte del mondo, a queste latitudini si è registrata, soprattutto di recente, una forte resistenza al Concilio.
Infine, riguardo al Vaticano II, se c’è un aspetto divenuto sempre più chiaro negli ultimi anni, questo è l’insufficienza di un certo riduzionismo ermeneutico di fronte al bisogno di recepire l’eredità dello stesso. D’altra parte, a questa insufficienza si è accompagnata la disillusione rispetto alla certezza di possedere la soluzione per superare la diffidenza e l’opposizione al Concilio.
Che il Vaticano II debba essere sottoposto a una critica rispettosa della lettera e dello spirito a vantaggio della Chiesa del XXI secolo è solo un altro dei punti di forza messi in luce da questo testo, oltre a costituire un motivo di conforto per chiunque rifiuti una recezione semplificata del grande evento conciliare. Quello che una nuova serie di saggi dedicati al Concilio significa in questo frangente è probabilmente parte di ciò che il concilio Vaticano II ha già definito «segni dei tempi».
Antonio Ballarò