Ecologia e Bibbia. La vita negli alberi
Le previsioni che scaturiscono dagli studi sul cambiamento climatico evocano spesso per il pianeta la prospettiva di trasformarsi in una terra «desolata e deserta» (cf. Ger 4,23-28). Di qui le iniziative a livello internazionale, come la recente COP26, cui le grandi tradizioni religiose non fanno mancare il proprio sostegno (cf. in questo numero a p. 615 e a p. 666). Il celeberrimo brano di Geremia, vera e propria «de-creazione» che comprende anche la fine degli alberi, è anche il punto di partenza della riflessione «sui diversi significati della natura e, in particolare, degli alberi nella Bibbia» sviluppata in questo saggio di Jean Louis Ska. L’autore vi si addentra sottolineando tanto gli aspetti funzionali della vegetazione descritta nelle Scritture (nutrimento e materiale da costruzione), quanto il vasto repertorio di immagini e di metafore che essa rappresenta per gli autori biblici: come gli alberi che crescono presso un corso d’acqua, i quali sono simbolo del giusto che si alimenta della grazia divina. Particolarmente suggestiva l’osservazione finale relativa all’albero della conoscenza del bene e del male al centro dei cc. 2-3 della Genesi: senza entrare nel dibattito sul significato preciso dell’espressione, Ska si sofferma sul sostantivo «conoscenza» per mostrare come l’intuizione biblica intorno alla «cultura» degli alberi è confermata da alcuni studi recenti della botanica: alberi e piante sono portatori di una loro «intelligenza» e hanno dunque «molto da insegnarci» su come custodire il creato.
Parlare dell’albero e degli alberi nella Bibbia è una vera sfida. In effetti, abbiamo pochissime descrizioni nella Bibbia, descrizioni di persone, del loro aspetto fisico o del loro carattere, e ancora meno descrizioni di piante e di paesaggio. Gli elementi di questo tipo sono menzionati solo quando sono utili all’azione. Cerchiamo invano pertanto, nei libri biblici, un equivalente delle descrizioni della natura proposte da Giacomo Leopardi nelle sue Operette morali, ove la natura rispecchia spesso le emozioni e i sentimenti del poeta.1
La Bibbia, invece, parla poco della natura in genere, se non in relazione con le persone, con il popolo d’Israele o con l’umanità. Pertanto, i diversi testi che descrivono la natura, in particolare la vegetazione, la descrivono in interazione con il mondo umano. Un testo fra tanti altri che mette in risalto il legame forte fra umanità e natura, in modo particolarmente suggestivo, è l’oracolo di Geremia 4,23-28. In questo caso, la natura riflette la situazione deplorevole del popolo d’Israele in circostanze tragiche, quando il regno di Giuda fu invaso dall’esercito babilonese e Gerusalemme fu conquistata e incendiata nel 586 prima della nostra era. Ecco il testo:2
23Io guardo la terra, ed ecco è desolata e deserta (tohû wabohû); i cieli sono senza luce.
24Guardo i monti, ed ecco tremano, tutti i colli sono agitati.
25Guardo, ed ecco non c’è uomo; tutti gli uccelli del cielo sono volati via.
26Guardo, ed ecco il Carmelo è un deserto; tutte le sue città sono abbattute davanti al Signore, davanti alla sua ira furente.
27Infatti così parla il Signore: «Tutto il paese sarà desolato, ma io non lo finirò del tutto.
28A causa di ciò, la terra è afflitta, e i cieli di sopra si oscurano; perché io l’ho detto, l’ho stabilito, e non me ne pento, e non ritratterò».
La desolazione descritta nell’oracolo di Geremia è causata dal peccato del popolo e dagli errori dei suoi dirigenti, in particolare il suo ultimo re, Sedecia (2Re 24,18–25, 21 = Ger 52,1-27; cf. Ger 37-38).3 Il versetto che precede il passo appena citato ne fornisce una prima prova: «Veramente il mio popolo è stolto, non mi conosce; sono figli insensati, non hanno intelligenza; sono saggi per fare il male, ma il bene non lo sanno fare» (Ger 4,22).
Assistiamo in questo oracolo a una vera e propria «de-creazione», a un ritorno al caos primordiale che precedeva l’azione creatrice di Dio in Genesi 1. Gen 1,2 e Ger 4,23 sono, in effetti, i soli testi ove appaiono insieme le due parole tohû wabohû, parole tradotte dagli aggettivi «desolato e deserto».4
La corrispondenza fra Ger 4,23 e Gen 1,2 è palese: «La terra era desolata e deserta, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque». Inoltre, il testo di Geremia ci dice che sparisce la luce creata da Dio in Gen 1,3 e torniamo quindi nelle tenebre che coprivano l’universo in Gen 1,2.5 Sparisce l’essere umano creato «a immagine e somiglianza di Dio» in Gen 1,26-28 e spariscono anche gli uccelli creati in Gen 1,20-21.6
L’oracolo di Geremia è selettivo poiché suggerisce una distruzione totale senza descriverla per filo e per segno. Come accade spesso, bastano alcuni accenni essenziali e il lettore è invitato a supplire quello che manca. Il profeta non parla degli alberi e delle piante, parla del Carmelo che designa nello stesso tempo il monte Carmelo, coperto di foreste, mentre il nome fa pensare ai vigneti: il nome Carmel contiene la radice kerem che significa «vigna», «vigneto», «vite», «vitigno». Non parla neanche degli animali, e parla della luce senza alludere agli astri.
Tutto ciò per dire che la visione apocalittica di Geremia include, in modo allusivo, la fine degli alberi quando dice che il Carmelo diventa un deserto. Al posto degli alberi troveremo solo sabbia e sassi. Gli alberi appaiono con la creazione in Genesi 1 e spariscono nella catastrofe finale contemplata dal profeta Geremia, catastrofe provocata dal comportamento sbagliato del popolo.
Il testo di Geremia fornisce un buon punto di partenza per una riflessione sui diversi significati della natura e, in particolare, degli alberi nella Bibbia. Appaiono, come detto, in diverse circostanze, però hanno un ruolo che possiamo chiamare «funzionale». La natura partecipa in diversi modi all’universo umano.
Due aspetti mi sembrano più importanti. In primo luogo, la vegetazione serve al nutrimento degli esseri viventi ed è anche utilizzata come materiale di costruzione. In secondo luogo, la descrizione della natura permette di illustrare diverse sfumature del destino umano, come nel testo di Geremia appena citato. Nello stesso senso, ma in un modo leggermente differente, la botanica offre un vasto repertorio di immagini e di metafore al quale gli autori biblici attingono sovente. Il campo da esplorare è vasto e, per forza, mi dovrò limitare ad alcuni aspetti più salienti, sapendo bene che ogni scelta può essere criticata.
Mi concentrerò principalmente sull’Antico Testamento per motivi di spazio, però anche perché il Nuovo Testamento dipende molto dall’Antico, in questo campo così come in altri.7 Quattro punti mi sembrano valer la pena di essere sviluppati in modo più approfondito.
Inizierò con una breve descrizione di una funzione universale degli alberi, vale a dire la loro utilità. Quali sono gli alberi utili nella Bibbia e a che cosa servono? Vedremo in un secondo punto che l’utilità degli alberi è sottolineata da un fatto che merita di essere notato, vale a dire che, nei racconti di creazione del libro della Genesi, gli alberi sono fra le prime creature del nostro universo e precedono tutti gli esseri viventi, animali ed esseri umani. Un fatto confermato dalla scienza, per altro.
A partire da questa riflessione, e sarà il nostro terzo punto, capiremo meglio una prima simbologia dell’albero, simbologia abbastanza conosciuta: il giusto è paragonato a un albero che cresce presso un corso d’acqua. Vi è, in effetti, un elemento comune al racconto del giardino di Eden (cf. Gen 2) e alla simbologia del giusto, ed è proprio la presenza dell’acqua che diventa un segno della presenza e della grazia divina. Infine, prenderemo come punto di partenza di nuovo il racconto di Genesi 2 ove appaiono due alberi, l’uno accanto all’altro, nel mezzo del giardino, l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (cf. Gen 2,9). Senza entrare in tutti i particolari a proposito di questi due alberi, che hanno suscitato molte domande, vedremo che esiste un legame forte fra «vita» e «conoscenza», a tal punto che la vegetazione, che è la prima forma di vita nella creazione e nell’universo, accumula un «sapere», una «conoscenza» che permette alle piante e agli alberi di vivere meglio. E potremmo imparare molto sui banchi «dell’università degli alberi», come vedremo.
I diversi tipi di alberi nella Bibbia
Gli alberi conosciuti nel Vicino Oriente antico in genere e nel mondo biblico in particolare possono essere classificati in due categorie principali: gli alberi da legname e gli alberi da frutto.8 Fra gli alberi da legname, il principale è certamente il cedro del Libano (cedrus libani).9 È più che probabile, ad esempio, che il primo Tempio costruito da Salomone fosse una costruzione in legno, e che il legno fosse il cedro del Libano.10 Ne è ancora testimone 1Re 5,19-20, che riporta il testo di una lettera inviata da Salomone al re Hiram di Tiro:
19 Ho quindi l’intenzione di costruire una casa al nome del Signore mio Dio, secondo la promessa che il Signore fece a Davide mio padre, quando gli disse: «Tuo figlio, che metterò sul tuo trono al posto tuo, sarà lui che costruirà una casa al mio nome». 20 Perciò dà ordine che mi si taglino dei cedri del Libano. I miei servitori saranno insieme con i tuoi servitori. Pagherò il salario per i tuoi servitori secondo tutto quello che domanderai; perché tu sai che non c’è nessuno tra noi che sappia tagliare il legname come quelli di Sidone.
In effetti, quando Davide progetta la costruzione di un tempio, dice di abitare in una «casa di cedro» (2Sam 7,2; cf. 5,11) e di voler costruire per il suo Signore ugualmente una «casa di cedro» (2Sam 7,7). Il palazzo di Salomone comporta una parte che si chiama «Foresta del Libano» (1Re 7,2; 10,17.21; cf. 2Cr 9,16.20).
Altri tipi di legno usati nella costruzione sono il cipresso (cf. 1Re 5,24; cupressus sempervirens) o l’olivo selvatico (olivastro; olea europaea oleaster o silvestris), il sicomoro (ficus sycomorus) oppure la quercia (quercus), il terebinto (pistacia terebinthus), il pino (pinus – ne esistono vari tipi); però il legno più pregiato è certamente il cedro. Ne testimonia Isaia 9,9: «I mattoni sono caduti, ma noi costruiremo con pietre squadrate; i sicomori sono stati tagliati, ma noi li sostituiremo con cedri».11
Il cedro del Libano è tanto più prezioso che deve essere importato e il lavoro di questo tipo di legno, molto duro, è particolarmente difficile. Il cipresso, d’altronde, è comune nella terra d’Israele. Il suo legno è meno pregiato, però il cipresso, albero sempre verde, appare in un testo di Osea ove diventa un simbolo della presenza di Dio: «Io [il Signore], (…) sono come un verdeggiante cipresso; da me verrà il tuo frutto» (Os 14,9).12
Fra gli alberi da frutto, occorre menzionare per primo l’ulivo (olea europaea), poi la vigna (vigna) e il fico (ficus carica).13 I tre alberi si trovano, ma non in questo ordine, nell’apologo di Iotam ove il fico precede la vigna che arriva per ultima (Gdc 9,7-15). Sono però i tre alberi più utili fra gli alberi da frutto. Si può aggiungere il melograno (punica granatum), tuttavia meno sfruttato dei tre altri. L’olio di oliva e il vino fanno parte integrante della cucina mediterranea, e si sa che il fico produce frutti due volte all’anno.14
Senza entrare nei dettagli, si può ricordare che la felicità, nel mondo biblico, è descritta come la possibilità di vivere tranquilli, ciascuno sotto il suo fico e la sua vigna (1Re 5,5; Mi 4,4). Il testo di Michea contiene una visione di un tempo di pace ideale in cui appaiono i nostri due alberi (Mi 4,3-4):15
3 [Il Signore] sarà giudice fra molti popoli, arbitro fra nazioni potenti e lontane. Dalle loro spade fabbricheranno vomeri, dalle loro lance, roncole; una nazione non alzerà più la spada contro l’altra e non impareranno più la guerra. 4 Potranno sedersi ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, senza che nessuno li spaventi; poiché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato.
L’importanza dell’ulivo, d’altronde, non è da dimostrare. Ricordiamo che Israele è paragonato a un ulivo fragrante (cf. Os 14,7). Un testo di Geremia è ancora più espressivo perché oppone due situazioni d’Israele, l’Israele fedele e l’Israele infedele (Ger 11,16):16
Il Signore ti aveva chiamato Ulivo verdeggiante, adorno di bei frutti. Al rumore di un gran tumulto, egli vi appicca il fuoco, e i rami ne sono danneggiati.
San Paolo riprenderà l’immagine dell’ulivo per descrivere la relazione d’Israele con i pagani nella storia della salvezza (cf. Rm 11,16-24). I pagani salvati da Cristo sono come un ramo di olivastro innestato su un ulivo coltivato.17
Israele è anche paragonato a una vite nel celebre poema di Is 5,1-7 o nel Sal 80,9-17.18 Ultimo dettaglio di una certa importanza a proposito di questi tre alberi: il giudizio divino, spesso descritto come catastrofe cosmica, è rappresentato come un periodo in cui né l’ulivo, né la vigna, né il fico portano frutti (Ab 3,17):
Infatti, il fico non fiorirà, non ci sarà più frutto nelle vigne; il prodotto dell’ulivo verrà meno, i campi non daranno più cibo, le greggi verranno a mancare negli ovili, e non ci saranno più buoi nelle stalle.
In poche parole, il paese è condannato a morire di fame. Tutto ciò mi sembra sufficiente per mostrare quanto gli alberi possono esprimere diverse realtà nel mondo biblico. Occorre adesso esplorare più da vicino alcuni aspetti salienti di queste realtà. Non intendo proporre una visione completa, enciclopedica, degli alberi nella Bibbia. Esistono opere in merito che possono essere consultate con profitto.19 Preferisco sviluppare alcuni elementi che possono far progredire la nostra riflessione odierna sull’importanza dell’ambiente, e tutto ciò a partire da alcuni passi biblici più significativi.
Gli alberi e la creazione divina
Nel clima particolare dell’antico Israele, la presenza di alberi significa presenza di acqua, spesso di acqua sotterranea e, quindi, la possibilità di trovare mezzi di sopravvivenza. L’albero è il primo simbolo della vita e la vita inizia quindi dove vi sono alberi. E abbiamo anche visto che la vita finisce quando non vi sono più alberi.
Non deve sorprendere, pertanto, che i due racconti di creazione parlino delle piante sin dall’inizio. Nel primo racconto di creazione (cf. Genesi 1), il racconto sacerdotale, possiamo riconoscere due tipi di opere nell’opera divina (opus creationis) secondo una distinzione che risale a Pietro Lombardo,20 distinzione ripresa, ad esempio, da Tommaso d’Aquino21 e da Niccolò di Lira:22 un’opera di divisione (opus distinctionis) che consiste nel separare la luce dalle tenebre, le acque di sopra dalle acque di sotto, e la terra asciutta dalle acque (cf. Gen 1,3-10).
In seguito, il Dio creatore popola l’universo di esseri viventi (opus ornatus): gli uccelli del cielo e i pesci del mare nel quinto giorno (cf. Gen 1,20-23), poi gli animali e gli esseri umani sulla terra, nel sesto giorno (cf. Gen 1,24-25.26-28). Però, occorre aggiungere che fra l’opus distinctionis e l’opus ornatus, Dio crea la vegetazione (cf. Gen 1,11-12) e questo prima di creare gli esseri viventi. La ragione è semplice: la vegetazione, vale a dire l’erba, i semi e gli alberi fruttiferi, servirà da cibo a tutti quanti secondo Gen 1,29-30. In questo modo, Dio crea le condizioni necessarie allo sviluppo della vita nell’universo. Senza vegetazione, e quindi senza alberi, la vita non è possibile nel nostro mondo.
Notiamo un ultimo dettaglio: la vegetazione si presenta quando Dio ha fatto apparire la terra asciutta (cf. Gen 1,9).23 Siamo in un contesto che richiama la Mesopotamia, ove la vegetazione si presenta nuovamente quando le acque che allagano la pianura ogni primavera si ritirano.
Il secondo racconto della creazione è diverso dal primo sotto molti aspetti. Nondimeno, i due racconti concordano su un punto: la necessità della vegetazione, in particolare degli alberi, per rendere la vita possibile sulla terra.24 Dopo la creazione del primo essere umano, Dio si preoccupa di procurargli tutto quello che è necessario a una vita felice nel giardino. E la prima cosa che crea sono gli alberi (cf. Gen 2,8-9). Di nuovo, gli alberi sono elementi necessari alla sopravvivenza del genere umano sulla terra. Il solo fatto che siano gli alberi, con la vegetazione, ad apparire per primi (cf. Gen 1,11-12) o in una posizione privilegiata sulla terra (cf. Gen 2,8-9) nei due racconti, conferma la loro funzione vitale nel nostro mondo. Senza alberi, la vita umana così come la vita degli animali è impossibile.
Altri testi vanno nello stesso senso. Quando il secondo Isaia descrive il ritorno dall’esilio con immagini che evocano nello stesso tempo una nuova creazione e un nuovo esodo attraverso il deserto, fa crescere alberi nel deserto. Vedere alberi crescere nella desolazione del deserto è segno di un’attività creatrice di Dio. Già Is 35,2 descrive una tale azione: il deserto fiorisce e vi appaiono «la gloria del Libano», vale a dire una foresta di cedri, e «lo splendore del Carmelo», vale a dire boschi e frutteti, per lo più vigneti.25 Altri testi vanno nello stesso senso: Is 41,19; cf. 44,4; 55,13. Il testo più interessante è Is 41,19, ove Dio promette di trasformare il deserto in una foresta:
Pianterò nel deserto il cedro, l’acacia, il mirto e l’olivo selvatico; metterò nei luoghi sterili il cipresso, il platano e il larice tutti assieme.
L’apparizione di una foresta di alberi di essenze diverse – anche il Dio del Deutero-Isaia contribuisce alla biodiversità – è un segno inequivocabile dell’azione divina. Notiamo che gli alberi sono sette, numero sacro, e che sono tutti alberi da legname e non da frutto. Per Ulrich Berges il testo potrebbe alludere alla ricostruzione del tempio.26 D’altronde, è difficile far crescere vigneti, oliveti e frutteti di fichi nelle zone aride. Ci vogliono alberi più resistenti e meno esigenti. Possiamo anche pensare a una trasformazione del deserto in foresta per creare un forte contrasto o per permettere un viaggio in una zona meno ostile. In ogni modo, il ritorno d’Israele è accompagnato da un’opera di nuova creazione che inizia, come la prima, con la comparsa di alberi.
Gli alberi e il giusto
Gli alberi del racconto di Genesi 2 crescono presso fiumi d’acqua, anche se, secondo molti studiosi, il passo è secondario (Gen 2,10-14):27
10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e di là si divideva in quattro bracci.
11 Il nome del primo è Pison, ed è quello che circonda tutto il paese di Avila, dove c’è l’oro;
12 e l’oro di quel paese è puro; qui si trovano pure il bdellio e l’ònice.
13 Il nome del secondo fiume è Ghion, ed è quello che circonda tutto il paese di Cus.
14 Il nome del terzo fiume è Chiddechel, ed è quello che scorre a Oriente dell’Assiria. Il quarto fiume è l’Eufrate.
D’altronde, l’inizio del racconto specifica che senza acqua non c’è vita e non c’è vegetazione: «Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, non c’era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c’era alcun uomo per coltivare il suolo» (Gen 2,4-5). La presenza dell’acqua è indispensabile per permettere alla vegetazione di crescere. Ora, l’immagine di corsi d’acqua diventa facilmente simbolo di grazia divina.
Il libro di Geremia citato in precedenza contiene la formulazione più espressiva di questa immagine quando Dio dice del suo popolo infedele: «Il mio popolo infatti ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva, e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l’acqua» (Ger 2,13).
Il passaggio era facile, pertanto, fra l’albero che cresce presso i corsi d’acqua e il giusto che vive della grazia divina, come, ad esempio, nel testo ben noto del Sal 1,3:28
[Il giusto] sarà come un albero piantato vicino a ruscelli,
il quale dà il suo frutto nella sua stagione
e il cui fogliame non appassisce;
e tutto quello che fa, prospererà.
La stessa immagine appare in Ger 17,9:29
[L’uomo che confida nel Signore] è come un albero piantato vicino all’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume; non si accorge quando viene la calura e il suo fogliame rimane verde; nell’anno della siccità non è in affanno e non cessa di portar frutto.
In modo leggermente diverso, la stessa verità è cantata dal Salmo 92:30
12 Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano.
13 Quelli che son piantati nella casa del Signore fioriranno nei cortili del nostro Dio.
14 Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti,
15 per annunziare che il Signore è giusto; egli è la mia ròcca, e non v’è ingiustizia in lui.
Il Salmo 92 aggiunge due elementi importanti, vale a dire che il giusto è come un albero, e non come un albero qualsiasi, bensì come il cedro del Libano, l’albero per eccellenza, o la palma, e che questi alberi crescono nei cortili del Tempio, vicino alla dimora divina. La sorgente di vita è la presenza divina nel Tempio. Il vigore e la fecondità dell’albero provengono proprio da questa sorgente.
I testi appena citati giocano su un contrasto fra il giusto e l’empio. Il giusto è paragonato a un albero piantato vicino ai corsi d’acqua, mentre l’empio è come la pula dispersa dal vento nel Sal 1,4 o come l’erba effimera nel Sal 92,8; e l’uomo che confida solo nelle forze umane assomiglia alla tamerice (tamarix), un cespuglio del deserto secondo Ger 17,6. Il contrasto voluto oppone la solidità dell’albero agli elementi fragili e passeggeri. Un contrasto ben conosciuto e spesso utilizzato.
Però, anche gli alberi più solidi possono finire male, ad esempio il cedro di Ez 31,1-18, in un oracolo contro il faraone (cf. Ez 31,18). Il cedro sarà tagliato a causa del suo orgoglio e della sua malvagità (cf. Ez 31,10-12).31 Si tratta di un altro tema abbastanza conosciuto, vale a dire la caduta dei presuntuosi.
L’albero, quindi, può essere simbolo di vita e vitalità, oppure rientrare nella simbologia della condanna e della distruzione a causa di una condotta sbagliata. Vi è un terzo aspetto, tuttavia, meno conosciuto, e che vale la pena menzionare. Si tratta della possibilità, per l’albero, di rinascere dal ceppo quando è stato tagliato. Il testo più esplicito è quello di Giobbe, che oppone la sorte dell’essere umano che non può risorgere dalla tomba a quella dell’albero (Gb 14,7-12):32
7 Per l’albero almeno c’è speranza; se è tagliato, rigermoglia e continua a mettere germogli.
8 Quando la sua radice è invecchiata sotto terra, e il suo tronco muore nel suolo,
9 a sentir l’acqua, rinverdisce e mette rami come una giovane pianta.
10 Ma l’uomo muore e perde ogni forza; il mortale spira, e dov’è egli?
11 Le acque del lago se ne vanno, il fiume vien meno e si prosciuga;
12 così l’uomo giace, e non risorge più; finché non vi siano più cieli egli non si risveglierà né sarà più destato dal suo sonno.
L’albero ha una vita molto più lunga di quella di un essere umano. A questo aspetto se ne aggiunge un secondo: l’albero può rigermogliare dal suo ceppo mentre la vita umana, una volta terminata, non ha alcuna speranza di riapparire.
L’idea del ceppo si ritrova nel famoso testo di Isaia 11,1: «Poi un ramo uscirà dal ceppo d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici».33 L’immagine è quella di un ceppo che sembra morto, però è ancora vivo. La dinastia di Davide, nel tempo di Isaia, visse alcune vicende tragiche e rischiò di sparire. Il ceppo non era morto, tuttavia. Un ramoscello, un rampollo, spuntò dalle radici e diede nascita a un vero albero, immagine del Messia, frutto di un risorgimento.34
Sarà forse uno dei motivi per cui troviamo nel giardino di Eden il celebre «albero della vita».35 Gli alberi, in effetti, non solo sono longevi e possono vivere per secoli, però riescono anche a rigenerarsi e a risorgere.36 L’albero della vita è conosciuto anche in tutto il Vicino Oriente antico.37 Un esempio celebre è la «pianta che permette di ridiventare giovane», pianta cercata e trovata da Gilgamesh dopo numerose prove, poi rubata da un serpente.38
Anche l’albero della vita, nel libro della Genesi, permette di vivere indefinitamente. Perdere l’accesso all’albero della vita significa diventare mortali.39 Secondo questo racconto, l’albero conosce quindi il segreto della vita. Ho detto, intenzionalmente, che l’albero «conosce» il segreto della vita. Ora, accanto all’albero della vita cresce, nel mezzo del giardino, un altro albero, l’albero della conoscenza del bene e del male. Parlando di alberi, il racconto biblico associa «vita» e «conoscenza».
Che gli alberi siano simboli di vita non crea alcuna difficoltà. Che si possa parlare di «conoscenza» a proposito degli alberi non può che sorprendere. Possiamo però fare la domanda: gli alberi sono intelligenti? Possono capire? Possono insegnare? Ecco una serie di interrogativi che non possono che stupire. Vediamo ora come rispondere.
L’intelligenza degli alberi
Il famoso «albero della conoscenza del bene e del male» oppure, come traducono alcuni, «l’albero del conoscere il bene e il male» s’incontra solo nella Bibbia e solo nel racconto della creazione di Genesi 2-3.40 Il mio proposito non è di entrare nel dibattito sul significato preciso del sintagma. Lo studio recente di Nathan French elenca una lunga serie di proposte con la bibliografia corrispondente.41 Le principali categorie sono: 1) distinzione fra quello che è benefico e quello che è dannoso; 2) discriminazione fra il bene e il male morale; 3) sapienza (divina); 4) onniscienza; 5) cultura e civiltà; 6) conoscenza della sessualità; 7) maturità o passaggio dall’infanzia alla vita adulta; 8) discernimento morale ed etico; 9) potere magico sul creato; 10) competenza autorevole che permette di decidere che cosa sia buono o cattivo; 11) conoscenza politica e giuridica che permette di giudicare che cosa sia giusto o ingiusto; 12) conoscenza delle convenzioni sociali da osservare nel contesto della giustizia divina.
Vorrei soltanto parlare di un aspetto importante, forse trascurato, dell’espressione. Ed è il sostantivo «conoscenza», perché il testo suggerisce, in effetti, che l’albero possa trasmettere una vera «conoscenza». Notiamo che il fatto di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male procura tale conoscenza secondo Gen 3,22: «Poi Dio il Signore disse: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre”».
Gli alberi possono impartire insegnamenti essenziali sulla nostra esistenza? La Bibbia stessa non sviluppa molto l’argomento. Suggerisce tuttavia che, accanto «all’albero della vita», un tema comune alla Bibbia e ad altre culture, esiste un altro albero che può impartire «saggezza».42 Mi permetto, in questo caso, d’abbandonare l’esegesi del testo biblico nel senso stretto per prolungare lo studio e mostrare che l’intuizione biblica è confermata da alcuni studi recenti sulla botanica, in particolare sull’intelligenza degli alberi e della piante. E se gli alberi sono intelligenti, ci possono insegnare una vera saggezza.
Un testo scritto da un grande ammiratore della natura, Sylvain Tesson, permette di avviare una breve riflessione in merito. Ecco il frutto delle sue osservazioni raccolte in una pagina intitolata: «L’università degli alberi»: «Gli alberi ci insegnano una forma di pudore e le buone maniere. Crescono verso la luce, avendo cura di evitarsi l’un l’altro, di non toccarsi, e il loro fogliame si distacca nel cielo senza mai penetrare nel fogliame vicino. In breve, gli alberi sono molto ben educati, mantengono le loro distanze. Sono anche generosi. La foresta è un organismo totale composto da migliaia di individui. Ognuno è chiamato a nascere, a vivere, a morire, a decomporsi – a fornire alle generazioni successive un terriccio di crescita superiore a quello su cui è cresciuto. Ogni albero riceve e trasmette. Fra l’uno e l’altro, si mantiene. La foresta assomiglia a quello che dovrebbe essere una cultura».43
Sylvain Tesson, dopo aver percorso a piedi centinaia di chilometri nelle foreste di diversi continenti, evidenzia due aspetti importanti. Il primo è che gli alberi crescono senza farsi concorrenza, non cercano di invadere o di conquistare il territorio altrui. Un albero cresce accanto a un altro albero, non al posto di un altro albero. Ciò significa, però, che gli alberi, in un modo misterioso che non riusciamo a spiegare bene, si accorgono della presenza di un altro albero nelle loro vicinanze ed «evitano» di crescere nello spazio già occupato.
Qual è il processo che permette all’albero di «agire» in questo modo? Sono ben consapevole che il vocabolario utilizzato è molto impreciso, ed è troppo antropomorfico. Possiamo attribuire alle piante, in particolar modo agli alberi, un pensiero e persino delle decisioni? Ci mancano ancora termini più adatti per spiegare la cosa. Gli specialisti si permettono anche di sfumare le affermazioni di Sylvain Tesson, tinte di un certo romanticismo. In effetti, esiste concorrenza fra le piante per occupare i posti migliori, ad esempio gli spazi più soleggiati o i suoli più fertili. Ed esistono anche azioni aggressive, tramite sostanze chimiche, nella lotta fra piante.44
Il secondo aspetto sottolineato da Sylvain Tesson è la cooperazione fra gli alberi, più concretamente la trasmissione di sostanze vitali da una generazione all’altra. Quando un albero muore, si decompone e tutte le sostanze di questa decomposizione formano un ricco terriccio che permette ad altri alberi di crescere sullo stesso suolo. La morte di un albero non è la fine di questo albero. In qualche modo esso rinasce negli alberi che cresceranno sul terriccio formato dal suo tronco, i suoi rami e le sue radici. Si potrebbe aggiungere che già il fogliame degli alberi che cade ogni anno in autunno serve di nutrimento a tutte le piante che crescono su questo posto.
A queste brevi riflessioni di Sylvain Tesson possiamo aggiungere alcuni elementi di «saggezza» che ci insegnano gli alberi. Gli specialisti, ad esempio Stefano Mancuso, Peter Wohlleben o Suzanne Simard, hanno notato che gli alberi adulti, molto alti, si curano dei germogli che crescono alla loro ombra e non possono beneficiare della luce.45
Come fanno? Tramite le radici, gli alberi adulti forniscono le sostanze necessarie ai germogli piccoli. Gli specialisti hanno notato che l’albero riconosce i propri germogli e se ne cura in modo particolare. In certi casi, l’albero «si accorge» che il germoglio non può crescere perché si trova in un terreno inadatto o in una situazione non abbastanza favorevole, e smette di nutrirlo. Ovviamente, proviamo a spiegare le cose con un vocabolario che richiederebbe molte sfumature.46
Oltre a questo primo aspetto, gli scienziati hanno osservato un altro fenomeno curioso. Quando un albero si indebolisce per varie ragioni, gli alberi sani si occupano di esso e cercano di fornirgli il necessario per curarsi o mantenersi in vita. Come fanno a sapere e a reagire nel modo giusto? Non è facile spiegarlo, però è così che accade.
Un altro aspetto sorprendente è il fatto che gli alberi si scambiano messaggi. Ad esempio, quando un cervo o un cerbiatto si avvicina a un albero e inizia a nutrirsi del suo fogliame, questo albero avvisa i suoi vicini, tramite messaggi mandati dalle radici, e gli altri alberi reagiscono, generando una sorta di tannino che rende le foglie poco appetibili. Il cervo o il cerbiatto se ne vanno altrove. Lo stesso accade, secondo gli specialisti, quando un albero è attaccato da bruchi. Altri alberi sviluppano una strategia ancora più sofisticata. Producono una sostanza zuccherina che attira un certo tipo di formiche, le quali difendono l’albero contro altri insetti e proteggono quindi il fusto.
Aggiungiamo a questo tipo di cooperazione un altro fenomeno osservato da alcuni specialisti in materia, gli interscambi fra il pino o abete Douglas (pseudotsuga menziesii) e la betulla (betula alba). La betulla perde le foglie d’inverno e perciò si trova molto limitata nelle possibilità di rigenerarsi. Ci pensa il pino Douglas, quando cresce nelle vicinanze. Di nuovo, sono le radici che permettono lo scambio di elementi nutritivi. D’estate, invece, la betulla può usufruire di tutte le possibilità offerte dal suo fogliame verde, molto più efficace degli aghi del pino Douglas. Perciò, d’estate, la betulla offre all’abete Douglas un supplemento di materie nutritive. Un altro esempio di «saggezza e cooperazione botanica».
Infine, alcune piante riescono a orientarsi. Il fagiolino, secondo gli esperti, riesce a orientarsi e a trovare la pertica sulla quale può arrampicarsi. Il pisello che dispone di viticci o cirri non solo percepisce la presenza del sostegno, ma ne calcola inoltre lo spessore. Si può parlare di «conoscenza» o di «intelligenza»? Forse meglio parlare di «cognizione vegetale».
In ogni modo, possiamo imparare molto dal mondo vegetale e, non per caso, c’era un «albero della conoscenza del bene e del male» nel paradiso terrestre. Non siamo più nel paradiso, certo, però se vogliamo che la nostra terra rimanga abitabile e gradevolmente abitabile, potremmo sederci sui banchi dell’università degli alberi, per parlare come Sylvain Tesson.
O, per dirlo con Leonardo da Vinci, un pioniere della botanica scientifica: «Avremo noi a dire che le virtù dell’erbe, pietre e piante non sieno in essere perché li omini non l’abbino conosciute? Certo no, ma diremo esse erbe restarsi in sé nobili senza lo aiuto delle lingue o lettere umane».47
«Osservate i gigli»
Abbiamo molto da imparare dal mondo vegetale, come appena detto. E la Bibbia ci incoraggia ad andare in questa direzione. Nel sermone sulla montagna, Gesù di Nazaret invita i discepoli a contemplare la natura per ricavarne alcune lezioni di vita essenziali (Mt 6,25-30):
25 Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita? 28 E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; 29 eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. 30 Ora se Dio veste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede?
Abbiamo da imparare dagli uccelli del cielo, e anche dall’erba dei campi. La vegetazione, secondo gli specialisti citati prima, occupa l’85% della biosfera, molto di più degli animali e degli esseri viventi. La vegetazione è apparsa sulla terra 450 milioni di anni fa, mentre l’umanità è molto più recente: secondo le ultime stime, risalirebbe ad appena 400.000 anni fa circa. La vegetazione ha una esperienza molto più lunga della nostra. Ha quindi molto da insegnarci.
Jean Louis Ska *
* Il testo del biblista gesuita Jean-Louis Ska che qui pubblichiamo costituisce il testo integrale della conferenza – «“C’è speranza per un albero” (Gb 14,7)» – pronunciata al convegno di Biblia – Fondazione Girolomoni svoltosi a Parma con il Patrocinio del Comune, nel quadro delle manifestazioni di Parma capitale culturale d’Italia 2020, il 22-24 ottobre scorso. Ringraziamo l’autore e gli organizzatori per la gentile concessione.
1 G. Leopardi, Operette morali, Saverio Starita, Napoli 1835; Feltrinelli, Milano 2014. Il procedimento è stato criticato alle volte e si parlato in merito di fallacia patetica. Su questo tema, cf. J. Ruskin, «Of the Pathetic Fallacy», in Modern Painters, vol. 3, Smith, Elder and Co, London 1856, parte 4.
2 Le traduzioni sono riprese dalla Sacra Bibbia Nuova Riveduta (1994) con, ogni tanto, qualche leggero ritocco per motivi di chiarezza.
3 Per più dettagli su questo momento tragico della storia del regno di Giuda cf. F. Čapek, O. Lipschits (a cura di), The Last Century in the History of Judah: The Seventh Century BCE in Archaeological, Historical, and Biblical Perspectives, «Ancient Israel and Its Literature» 37, SBL Press, Atlanta (GA) 2019.
4 Su questo testo cf., fra gli altri, G. Fischer, Jeremia 1-25, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 2005, 223-225. Sulle connessioni fra questo testo e altri testi, ad esempio Genesi 1 e Giobbe 3, cf. M. Fishbane, «Jeremiah IV 23-26 and Job III 3-13: A Recovered Use of the Creation Pattern», in Vetus Testamentum 21(1971)2, 151-167. Per uno studio più recente cf. V.M. Billingham, The Great Drama of Jeremiah: A Performance Reading, «Hebrew Bible Monographs» 95, Sheffield Phoenix Press, Sheffield 2021, c. 1.
5 Su Gen 1,2, cf., ad esempio, F. Giuntoli, Genesi 1-11. Introduzione, traduzione e commento, «Nuova versione della Bibbia dai testi antichi», San Paolo, Cinisello Balsamo 2013, 74-75.
6 L’idea di Geremia non può non evocare il titolo di R. Carson, Silent Spring, Houghton Mifflin, Boston (MA) 1962; trad. it.: Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano 1963, 2016.
7 Per più dettagli cf., ad esempio, P. Lefebvre, «Comme des arbres qui marchent». L’homme et l’arbre dans la Bible, «Connaître la Bible» 24, Lumen Vitae, Bruxelles 2001.
8 Cf. K. Nielsen, There Is Hope for a Tree: The Tree as Metaphor in Isaiah, «Journal for the Study of the Old Testament, Supplement Series» 65, Academic Press, Sheffield 1989, 74-79.
9 Cf., ad esempio, P. Raphaël, Le cèdre du Liban dans l’histoire, Gédéon, Beyrouth 1924; G.M. Crowfoot, L. Baldensperger, From Cedar to Hyssop: A Study in the Folklore of Plants in Palestine, Sheldon Press, London 1932.
10 Per più dettagli sul Tempio di Salomone cf., fra tanti altri studi, M. Haran, Temple and Temple Services in Ancient Israel: An Inquiry into Biblical Cult Phenomena and the Historical Setting of the Priestly School, Clarendon, Oxford 1978; J. Day (a cura di), Temple and Worship in Biblical Israel, «Library of Hebrew Bible/Old Testament Studies» 422, T&T Clark, London-New York 2005; C. Nihan, «Du premier et du second temple: rôles et fonction du sanctuaire d’Israël selon l’écrit sacerdotal», in Le Roi Salomon, un héritage en question. Hommage à Jacques Vermeylen, a cura di C. Lichtert, D. Nocquet, Éditions Lessius, Bruxelles 2008, 165-203; S. Encel, Temple et temples dans le judaïsme antique, Champion, Paris 2012; L.M. Morales (a cura di), Temple and Cosmos: Tilting towards a Temple-Centered Theology, «Biblical Tools and Studies» 18, Peeters, Leuven 2014; P. Dubovský, The Building of the First Temple: A Study in Redactional, Text-Critical and Historical Perspective, «Forschungen zum Alten Testament» 103, Mohr Siebeck, Tübingen 2015.
11 Cf. anche 1Re 14,9 ove si usa un contrasto fra il cespuglio del Libano e il cedro del Libano per illustrare la differenza di forza fra il regno di Giuda e il regno di Samaria. Oppure Gdc 9,15 ove, nella parabola di Iotam, la distruzione del cedro del Libano dal fuoco è sinonimo di grande pericolo. Cf. Nielsen, There is Hope, 75.
12 Cf. G. Deiana, Osea – Gioele. Nuova versione, introduzione e commento, «I libri biblici. Primo Testamento» 14, Paoline, Milano 2021, 252: «Il cipresso poteva essere un simbolo non solo di lussureggiante vegetazione ma anche di regalità».
13 Nielsen, There is Hope, 75-79.
14 L’importanza degli alberi da frutto appare anche in un testo sulla guerra che proibisce di tagliare tali alberi senza necessità: «Quando farai guerra a una città per conquistarla e la cingerai d’assedio per lungo tempo, non ne distruggerai gli alberi a colpi di scure; ne mangerai il frutto, ma non li abbatterai: l’albero della campagna è forse un uomo che tu debba includerlo nell’assedio?» (Dt 20,19). Per i problemi di traduzione e di interpretazione cf., ad esempio, N. Wazana, «Are Trees of the Field Human? A Bi-
blical War Law (Deuteronomy 20:19-20) and Neo-Assyrian Propaganda», in Treasures on Camels’ Humps: Historical and Lite-
rary Studies from the Ancient Near East Presented to Israel Eph‘al, a cura di M. Cogan, D. Kahn, Magnes Press, Jerusalem 2008, 274-295.
15 Su questo testo cf., fra gli altri, R. Kessler, Micha, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 1999, 186; cf. anche M. Scandroglio, Michea. Nuova versione, introduzione e commento, «I libri biblici. Primo Testamento» 17, Paoline, Milano 2017, 111-113.
16 Su questo testo cf., fra gli altri, Fischer, Jeremia 1-25, 418-420.
17 Su questo testo cf., ad esempio, B. Moselle, «Zechariah’s “Sons of Oil” and the Olive Trees of Romans 11:16-24», in Journal for Semitics 25(2016)2, 673-699, con abbondante bibliografia (698-699).
18 Cf. anche Os 10,1; Is 27,2-5; Ger 2,21; 5,10; 6,9; 12,10; Ez 15,1-8; 17,3-10; 19,10-14; Sal 80,9-19. Su Isaia 5,1-5 cf., fra gli altri, W.A.M. Beuken, Jesaja 1-12, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 2003, 133-140. Sul Salmo 80 cf., ad esempio, T. Lorenzin, I Salmi. Nuova versione, introduzione e commento, «I libri biblici. Primo Testamento» 14, Paoline, Milano 2000, 321-322; o anche L. Alonso Schökel, C. Carniti, I Salmi, vol. 2, «Commenti biblici», Borla, Roma 1991, 122-133.
19 Cf., ad esempio, M. Zohary, Plants of the Bible: A Complete Handbook to all the Plants with 200 Full-Color Plates Taken in the Natural Habitat, Cambridge University Press, Cambridge 1982; F.N. Hepper, Illustrated Encyclopedia of Bible Plants: Flo-
wers and Trees, Fruits and Vegetables, Ecology, Inter Varsity Press, Leicester 1992; G.B. Bruzzone, Piante e aromi della Bibbia, Dragonetti, Montella 1998; C. Boureux, Les plantes de la Bible et leur symbolique, Cerf, Paris 2001; D. Darom, Beautiful Plants of the Bible from the Hyssop to the Mighty Cedar, Palphot, Herzliya 2007; S. Segura Munguía, J. Torres Ripa, Las plantas en la Biblia, Universidad de Deusto – Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Bilbao-Madrid 2011; L.J. Musselman, A Dictionary of Bible Plants, Cambridge University Press, Cambridge (UK) 2012; M. Ballero, Le piante e la Bibbia, Carlo Delfino, Sassari 2016.
20 Pietro Lombardo, Sentenze, libro 2. Non esiste una traduzione in italiano di questa opera, scritta fra il 1150 e il 1152. Per un’edizione online si può consultare il sito OpenMLOL all’indirizzo https://bit.ly/3EWO3mI (accesso: 8.11.2021). Per un commento cf. M.L. Colish, Peter Lombard, voll. 1-2, Brill, Leiden 1994.
21 Tommaso d’Aquino, Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, 3: La creazione. Gli angeli e i demoni. Gli esseri corporei, testo italiano e latino a cura di R. Coggi, traduzione di C. Pandolfi, ESD-Edizioni studio domenicano, Bologna 2000.
22 Purtroppo non esiste una traduzione in italiano delle Postille di Niccolò di Lira, che ha commentato tutta la Bibbia. Il commentario fu scritto fra il 1322 e il 1331. È stato il primo commentario della Bibbia stampato nel 1471-1472 a Roma. Per un’edizione online si può consultare il sito OpenMLOL all’indirizzo https://bit.ly/3mS3eaC (accesso: 8.11.2021). Su questo autore esiste una lunga bibliografia: cf., ad esempio, G. Dahan (a cura di), Nicolas de Lyre, Franciscain du XIVe siècle, exégète et théologien, «Moyen Âge et Temps Modernes» 48, Institut d’Études augustiniennes – Brepols, Paris-Turnhout 2011.
23 Cf., fra gli altri, Giuntoli, Genesi 1-11, 80-81; G. Fischer, Genesis 1-11, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 2018, 133-134.
24 Sul giardino in genere cf. D. Edelman, «City Gardens and Parks in Biblical Social Memory», in The City in Biblical Memory, a cura di D. Edelman, E. Ben Zvi, Eisenbrauns, Winona Lake (IN) 2013, 115-156.
25 Is 33,9 descrive esattamente il contrario. Si tratta del giudizio di Dio. Su Is 35,2 cf., fra gli altri, W.A.M. Beuken, Jesaja 28-39, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 2010, 336-339; cf. J. Blenkinsopp, Isaiah 1-39: A New Translation with Introduction and Commentary, «Anchor Bible» 19, Doubleday, New York 2000, 456-457.
26 Su questo testo cf., fra gli altri, U. Berges, Jesaja 40-48, «Herders Theologischer Kommentar zum Alten Testament», Herder, Freiburg-im-Breisgau 2008, 294-295. Secondo Berges, gli alberi menzionati sono conosciuti solo per il loro legno, ma non per i loro frutti. Sono tipici della Siro-Palestina, ma non della Mesopotamia. Manca, ad esempio, la palma da datteri, tipica della Mesopotamia.
27 Cf. Fischer, Genesis 1-11, 193-201 che insiste sulla coerenza di tutto il testo. Sul carattere secondario di questi versetti, riconosciuto da molti studiosi, cf., fra gli autori più recenti, Giuntoli, Genesi 1-11, 94-95; W. Bührer, Am Anfang... Untersuchungen zur Textgenese und zur relativ chronologischen Einordnung von Gen 1–3, «Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments» 256, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2014, 217; W.P. Brown, A Handbook to Old Testament Exegesis, Westminster John Knox Press, Louisville (KY) 2017, 120-121.
28 Cf. S.C. Jones, «Psalm 1 and the Hermeneutics of Torah», in Biblica 97(2016)4, 537-551. Cf. anche, fra gli altri, Lorenzin, I Salmi, 43-45, oppure L. Alonso Schökel, C. Carniti, I Salmi, vol. 1, «Commenti biblici», Borla, Roma 1992, 137-154.
29 Cf., fra gli altri, Fischer, Jeremia 1-25, 554-555.
30 Cf., fra gli altri, Alonso Schökel, Carniti, I Salmi, vol. 2, 295; Lorenzin, I Salmi, 363.
31 Il cedro del Libano è anche menzionato nell’allegoria dell’aquila in Ez 17,1-10. Su questi testi cf., ad esempio, M. Stone, «The Cedar in Jewish Antiquity», in The Archaeology and Material Culture of the Babylonian Talmud, a cura di Markham J. Geller, «IJS Studies in Judaica» 16, Brill, Leiden-Boston (MA) 2015, 66-82, spec. 72-73. Su queste due allegorie cf., fra gli altri, T. Stordalen, Echoes of Eden: Genesis 2–3 and Symbolism of the Eden Garden in Biblical Hebrew Literature, «Contributions to Biblical Exegesis and Theology» 25, Peeters, Leuven 2000, 172–175. Sul legame fra re e albero, cf. le opere di Widengren e Osborne menzionate sotto, nella nota 37.
32 Su questo testo cf., fra gli altri, L. Alonso Schökel, J.L. Sicre Diaz, Giobbe. Commentario teologico e letterario, «Commenti biblici», Borla, Roma 1985, 264-266 che cita anche Is 11,1 come parallelo.
33 Cf., fra gli altri, Blenkinsopp, Isaiah 1-39, 263-265.
34 Fra gli studi recenti su questo periodo cf., ad esempio, Song-Mi S. Park, Hezekiah and the Dialogue of Memory, «Emerging Scholars», Fortress Press, Minneapolis (MN) 2015; N.K. Matty, Sennacherib’s Campaign against Judah and Jerusalem in 701 B.C.: A Historical Reconstruction, «Beihefte zur Zeitschrift für die altte-
stamentliche Wissenschaft» 487, De Gruyter, Berlin-Boston (MA) 2016. Sul legame fra albero e dinastia cf. le opere di Widengren e Osborne menzionate alla nota 37.
35 Cf. le menzioni di questo albero in Pr 3,18; 11,30; 13,12; 15,4; e nel Nuovo Testamento in Ap 2,7; 22,14.
36 Sull’albero della vita in Gen 2,9 cf., ad esempio, Giuntoli, Genesi 1-11, 93-94; Fischer, Genesis 1-11, 190-191.
37 Su questo argomento cf., fra gli altri, U. Holmberg, Der Baum des Lebens, Finnische Literatur-Gesellschaft, Helsingfors 1922; E.O. James, The Tree of Life: An Archaeological Study, «Numen Book Series» 11, Brill, Leiden-Boston (MA) 1966; R.E. Murphy, The Tree of Life: An Exploration of Biblical Wisdom Literature, «The Anchor Bible Reference Library», Doubleday, New York 1990; Eerdmans, Grand Rapids (MI) 21996; D. Estes (a cura di), The Tree of Life, «Themes in Biblical Narrative» 27, Brill, Leiden-Boston (MA) 2020. Sulla relazione fra l’albero della vita e il re, cf. il lavoro seminale di G. Widengren, The King and the Tree of Life in Ancient Near Eastern Religion (King and Sa-
viour IV), «Uppsala Universitets Årsskrift» 1951.4, Quistska Bokhandeln, Uppsala 1951; cf. anche W.R. Osborne, Trees and Kings: A Comparative Analysis of Tree Imagery in Israel’s Prophe-
tic Tradition and the Ancient Near East, «Bulletin for Biblical Research Supplements» 18, Eisenbrauns, University Park (PA) 2018.
38 Per il testo in italiano cf. G. Pettinato, La saga di Gilgamesh, Rusconi, Milano 1992, 227-228.
39 Idea difesa, fra gli altri, da J. Barr, The Garden of Eden and the Hope of Immortality, SCM Press, London 1992; K. Schmid, «Loss of Immortality: Hermeneutical Aspects of Genesis 2-3 and Its Early Receptions», in Beyond Eden: The Biblical Story of Paradise (Genesis 2–3) and Its Reception History, a cura di K. Schmid, C. Riedweg, «Forschungen zum Alten Testament» II/34, Mohr-Siebeck, Tübingen 2008, 58-78.
40 Per dettagli su questo albero e soprattutto sul significato della «conoscenza del bene e del male» cf. adesso la monografia di N. French, A Theocentric Interpretation of : The Know-
ledge of Good and Evil as the Knowledge for Administering Reward and Punishment, «Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testaments» 283, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2021. Cf. anche Giuntoli, Genesi 1-11, 93: «Da intendersi non tanto in senso morale quanto, attraverso i due termini, come merismo per indicare la conoscenza intima ed essenziale del tutto della realtà»; Fischer, Genesis 1-11, 192-193, che insiste sulla «proibizione». La conoscenza del bene e del male è necessaria, però nessuno se la può appropriare oltrepassando il limite che separa il mondo umano dalla sfera divina (193). La conoscenza del bene e del male è legata al tentativo, da parte dell’essere umano, di essere moralmente autonomo.
41 French, A Theocentric Interpretation, 28-74.
42 Per uno studio esaustivo sull’argomento cf. M. Bauks, «Sacred Trees in the Garden of Eden and Their Ancient Near Eastern Precursors», in Journal of Ancient Judaism 3(2012)3, 267-301; M. Richelle, «Arbres sacrés, poteaux cultuels et déesse Ashéra dans l’Israël ancien», in L’arbre en Asie, a cura di P.-S. Filliozat, M. Zink, Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Paris 2018, 95-119.
43 S. Tesson, Une très légère oscillation. Journal 2014-2017, Éditions des Équateurs, Paris 2017, 163-164. La traduzione è nostra.
44 Cf., ad esempio, le informazioni consultabili sul sito OggiScienza all’indirizzo https://bit.ly/31LRK0l (accesso: 8.11.2021). Ringrazio Johan Verschueren, botanico, per le precisazioni in merito.
45 Breve bibliografia in merito: S. Mancuso, A. Viola, Verde brillante, sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti, Firenze 2013; S. Mancuso, F. Capra, Discorso sulle erbe. Dalla botanica di Leonardo alle reti vegetali, Aboca, Sansepolcro 2019; S. Mancuso, Botanica. Viaggio nell’universo vegetale, Aboca, Sansepolcro 2017; Id., Plant revolution. Le piante hanno inventato il nostro futuro, Giunti, Firenze 2017; Id., L’incredibile viaggio delle piante, Laterza, Roma-Bari 2018; Id., La nazione delle piante, Laterza, Roma-Bari 2019; Id., La pianta del mondo, Laterza, Roma-Bari 2020; S. Simard, Finding the Mother Tree: Discovering the Wisdom of the Forest, Knopf, New York 2021; E. Thoma, Il linguaggio segreto degli alberi. Guida completa alle meraviglie del bosco e del legno, LSWR, Milano 2017; Id., Strategie della natura. Come la saggezza degli alberi rafforza la nostra vita, Ambiente, Milano 2020; D. Van Cauwelaert, Le emozioni nascoste delle piante. Come si esprimono, comunicano e interagiscono i vegetali, Feltrinelli, Milano 2019, 2021; P. Wohlleben, La vita segreta degli alberi. Cosa mangiano. Quando dormono e parlano. Come si riproducono. Perché si ammalano e come guariscono, Macro, Cesena 2020.
46 Su questa domanda si può consultare il sito Il Tascabile all’indirizzo https://bit.ly/3BVpCEe (accesso: 8.11.2021).
47 Testo citato da Mancuso, Capra, Discorso sulle erbe, 31-32 e quarta di copertina. La citazione proviene da Leonardo da Vinci, Trattato sulla pittura (1540 circa), numero 30, «Perché la pittura non è connumerata nelle scienze». Per un’edizione digitale, cf. il sito Leonardo da Vinci all’indirizzo https://bit.ly/3CY4Mp9 (accesso: 8.11.2021).