A
Attualità
Attualità, 4/2020, 15/02/2020, pag. 97

V. Teti, Il vampiro e la melanconia

Miti, storie, immaginazioni

Luca Miele

Se, come ci ha insegnato Freud, ogni ritorno (fantasmagorico) è il sintomo di una rimozione (reale), la traccia di qualcosa che è stato scacciato, esorcizzato, espulso, il ritorno affidato al vampiro ci spinge in un territorio scabroso: quello della morte e del nostro rapporto con la morte. L’antropologo Vito Teti, con grande finezza interpretativa, sosta su questo crinale scivoloso, catturando la resistenza alla scomparsa, la tenacia alla sopravvivenza del vampiro. Tramontate le epidemie che flagellarono la fine del Seicento e il Settecento, questa figura mercuriale, ambigua, da sempre presente nella tradizione popolare, si trasferisce, in pieno Ottocento, nella produzione letteraria e artistica. Diventa personaggio. Da allora, non ha mai smesso di abitare le nostre inquietudini.

 

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Attualità, 2024-6

F. Barbera, Le piazze vuote

Ritrovare gli spazi della politica

Luca Miele

Per il sociologo Filippo Barbera la riconquista di uno dei tempora che strutturano l’esperienza umana può avvenire solo attraverso la sua (ri)politicizzazione, attraverso cioè il recupero della politica, dimensione inaggirabile del con-vivere che sembra aver subito la stessa parabola del futuro.

Attualità, 2024-4

B.-C. Han, Vita contemplativa o dell’inazione

Luca Miele

Una parola ritma le pagine di Vita contemplativa o dell’inazione, l’ultimo tassello dell’ampia meditazione attorno al nostro tempo che il filosofo tedesco d’origine coreana Byung-Chul Han sta svolgendo, con metronomica puntualità, ormai da anni.

Attualità, 2023-22

S. Latouche, Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto

Luca Miele

Per Serge Latouche, (da anni) infaticabile teorico della decrescita, è necessario risvegliare il mondo da una sorta di doppio incantamento: quello che ha rimpicciolito l’uomo a homo oeconomicus, a essere signoreggiato esclusivamente dal bisogno di possedere e che, allo stesso tempo, ha votato il globo a un unico imperativo, quello della crescita.