Donne e ministero diaconale: il tempo del noi
Donne e ministero diaconale
La richiesta del diaconato alle donne è da derubricare alla voce «rivendicazioni»? Rimette in discussione la questione – definitiva – dell’ordinazione sacerdotale maschile? Mentre si sta discutendo sugli esiti del lavoro della Commissione appositamente formata da papa Francesco tre anni fa, è opportuno ripartire dai fondamentali. In particolare dalla riflessione del concilio Vaticano II sul diaconato permanente (maschile): il punto è che non si mirava a «ripristinare una prassi del I millennio», quanto a «ripensare l’antica strutturazione tripartita del ministero promuovendo una figura nuova (…) rispondente alle esigenze e ai bisogni della Chiesa contemporanea». Quali sono tali esigenze? Quale Chiesa si sta configurando e quale ruolo in essa in quanto battezzate ricoprono le donne? «Il mutato ruolo delle donne nelle società occidentali, il riconoscimento della loro piena soggettualità ecclesiale» oggi pare imprescindibile. Come dunque far sì che «l’apostolicità di fede della Chiesa sia servita e custodita anche con voce e ministero femminile»?
Il duplice interrogativo sulla possibilità e opportunità di ordinare donne diacono nella Chiesa cattolica è stato affrontato frequentemente negli ultimi anni, sulle pagine dei quotidiani e su quelle delle riviste cattoliche di alta divulgazione; è stato rilanciato su blog interessati alle questioni femminili e femministe, cristiane e non; interessa teologi e teologhe di diverse confessioni cristiane e coinvolge gli storici e gli studiosi e le studiose di letteratura cristiana antica, come gli esperti di sociologia delle religioni e d’antropologia culturale.
L’intervento al Sinodo sulla famiglia di mons. J.P. Durocher nell’ottobre 2015 aveva contribuito a sollecitare la ripresa della questione aperta, ma erano state la richiesta formulata da una religiosa dell’Unione internazionale delle superiore generali (UISG) a papa Francesco nel maggio successivo e la manifesta disponibilità al confronto sul tema mostrata dal papa che avevano riportato nel contesto pubblico la discussione sulle diacone/diaconesse (cf. box qui a p. 309).
A una Commissione di studio sul diaconato femminile di nomina papale, costituita il 2 agosto 2016, è stata affidato il compito – non semplice – di predisporre contributi e individuare orientamenti sull’argomento. In realtà la ricerca storica, patristica, teologico-sistematica sul tema è ormai ricca di centinaia di contributi, molti d’ampio respiro; fin dalla prima stagione postconciliare, alle richieste che venivano dalla base del popolo di Dio si sono aggiunte proposte di riflessione di vescovi di diversi paesi del mondo, anche se negli ultimi due decenni indubbiamente il confronto rimaneva confinato in gruppi ristretti di teologi e pastori, più avvertiti delle sfide ecclesiali in atto e maggiormente edotti delle possibilità che la stessa Tradizione ecclesiale consegna.
Ricostruire le traiettorie del dibattito postconciliare sull’ordinazione ministeriale delle donne aiuta a individuare quali siano i paradigmi e le categorie teologiche adottate per pensare il diaconato femminile e permette di comprendere gli interrogativi aperti intorno ai quali le posizioni dei diversi autori si sono polarizzate. La novità dell’insegnamento del Vaticano II sulla ragione teologica del ministero ordinato e sulla reinterpretazione della specificità delle figure ministeriali dei vescovi, presbiteri, diaconi appare, proprio a partire dal confronto postconciliare, quale orizzonte imprescindibile di riferimento, per proporre come possibile e necessaria la figura di «donne diacono».
Donne e ministero al Vaticano II: impensabile
Una prima, ancora vaga, sollecitazione a pensare una re-istituzione del diaconato femminile può essere trovata nei vota et consilia inviati a Roma durante la fase ante-preparatoria del Vaticano II, da mons. Giuseppe Ruotolo, vescovo di Ugento - S. Maria di Leuca, e mons. León de Uriarte Bengoa, vicario apostolico di San Ramon in Perù.1
Così pure è conservato nell’Archivio segreto Vaticano un appunto di un componente della Commissione preparatoria «De missionibus», Elías Gómez Domínguez, che si chiedeva «Diaconissae? Cur non mulieres, aetate, doctrina et scientia praeditae, possunt ascendere diaconato?» (Diaconesse? Perché non possono accedere al diaconato donne adatte per età, dottrina e sapienza?), giudicava accettabile da parte del popolo cristiano il servizio diaconale di una donna (meglio se vergine, vedova, dalla vita esemplare, consacrata a Dio con voti pubblici) e suggeriva di costituire un ordine religioso diaconale del quale le donne potessero far parte.2
Durante la fase preparatoria Magdaleine Leroy-Boy, presidente della St. Joan’s International Alliance, un’associazione di suffragiste cattoliche nata all’inizio del Novecento a Londra,3 scrisse alla Commissione «De apostolatu laicorum» chiedendo che venisse accordata alle donne l’ordinazione diaconale.4 Ben più ampie e documentate le due animadversiones scriptae, consegnate nell’ultima fase di lavori conciliari, a firma di Remi J. De Roo, vescovo di Victoria (Canada), e di Paul Hallinan, arcivescovo di Atlanta (USA).
Il primo giudicava essenziale allargare gli spazi d’apporto e cooperazione delle donne nella vita pastorale e giungeva a ipotizzare forme di ministerialità specifica, dandone ragione sul piano teologico e canonistico, a partire dalla Tradizione ecclesiale che nel primo millennio ha visto «l’esistenza di una certa diaconia delle donne attestata dalla Scrittura e dalla prima Tradizione».5
La proposta formulata alludeva a una sorta di ministero «istituito», e non ordinato, delle diaconesse: «Benché non appartenessero alla gerarchia, esse attuavano funzioni immediatamente connesse a quelle della gerarchia e sanzionate da una consacrazione di tipo speciale».
Diverso l’orientamento prospettato dal vescovo statunitense: nel quadro di numerose proposte volte a permettere una partecipazione delle donne in campo teologico e pastorale, con l’assunzione di responsabilità nelle Chiese nazionali e nei dicasteri vaticani, Hallinan proponeva per un effettivo ed efficace apporto nella vita liturgica delle Chiese: «Mulieres munia lectoris et acolythae in sacris peragendis adimplere valeant; mulieres, post congruum studium peractum debitamque formatione receptam, in ordine diaconatus assumantur: ut Verbum Dei populo annuntiare atque sacramenta ad talem ordinem spectantia, praesertim baptismum solemne sacramque eucharistiam administrare queant».6
Di ministero istituito o ordinato delle donne non si parlò, quindi, né nell’aula conciliare, né nei lavori delle commissioni.7 Le affermazioni che troviamo nei documenti e le parole pronunciate dai padri conciliari sul coinvolgimento delle donne nel servizio pastorale sono espressioni d’auspicio (sentito da alcuni vescovi più avvertiti) e sollecitazione a individuare settori d’attività più adeguate alla figura femminile; non raramente il linguaggio tradisce stereotipi di genere e non viene percepito assolutamente l’influsso di una cultura patriarcale e androcentrica nella determinazione della forma delle relazioni intra-ecclesiali e nell’organizzazione di ruoli e funzioni.
Viene generalmente apprezzato l’apporto dato nella catechesi, nell’evangelizzazione, nel servizio di carità e d’assistenza, nell’attività missionaria ad gentes; si auspica una maggiore partecipazione nel campo dell’animazione liturgica della comunità; ma non si traggono conseguenze sulla specifica soggettualità ecclesiale di laiche e religiose.
Per quanto riguarda il tema del ministero, gli studi storici sulle diaconesse pubblicati nella prima metà del Novecento rimangono appannaggio di pochi specialisti;8 gli appelli a una revisione dei presupposti antropologico-teologici per l’esclusione delle donne dall’esercizio dell’autorità e della denigrazione della condizione femminile che alcune donne, con il coordinamento della giurista svizzera Gertrud Heinzelmann, avevano posto all’attenzione dei padri con una lettera aperta dal significativo titolo Non siamo più disposte a tacere non ottengono né risposta, né attenzione alcuna.9
Così pure alla petizione per la richiesta di ordinazione presbiterale e diaconale delle donne elaborata dalla St. Joan’s International Alliance nel 1965 non ci fu riscontro.10 Allo stesso tempo non può essere sottovalutata l’importanza di un incontro ecumenico, non ufficiale, promosso dal Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani con il Comitato permanente dei congressi internazionali per l’apostolato dei laici (COPECIAL) e dal Dipartimento per la cooperazione tra uomini e donne nella Chiesa, nella famiglia e nella società del Consiglio ecumenico delle Chiese, che si tenne vicino a Roma dal 22 al 24 ottobre 1965, a cui parteciparono anche tre uditrici conciliari:11 nell’affrontare il tema «Le forme di vita e di servizio per le donne nelle nostre Chiese» venne ripresa esplicitamente la questione del ministero ordinato.
Il postconcilio
La percezione di un iniziale dibattito in atto nell’opinione pubblica può essere colta nel fatto che nel novembre del 1965 L’Osservatore romano pubblica tre articoli, a firma di p. Gino Concetti, nei quali si sosteneva, ricorrendo ad argomenti d’ordine biblico, storico, giuridico, teologico-sistematico, l’impossibilità di un’ordinazione ministeriale delle donne.12
Dal 1966 in poi si assiste invece a una fioritura di studi sul tema che ne mostrano fattibilità, importanza, necessità per una Chiesa che, nella recezione delle istanze ecclesiologiche conciliari, apre spazi sempre più ampi all’azione pastorale delle donne, si confronta con prassi altre nelle Chiese protestanti e con le ragioni teologiche addotte,13 si gioca in cammini di riforma complessiva sul piano della visione ecclesiologica e della stessa organizzazione delle relazioni ecclesiali.
La richiesta del diaconato emerge in alcuni sinodi e congressi pastorali europei e nordamericani,14 è oggetto di specifici approfondimenti da parte delle associazioni per l’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica,15 viene tematizzata in conferenze e convegni sul diaconato a livello internazionale16 e rilanciata da alcuni vescovi nell’autorevole contesto del Sinodo dei vescovi e nei lavori delle conferenze episcopali.17
La riflessione sulle diacone/diaconesse si colloca nella fase postconciliare nel più ampio orizzonte del dibattito sull’ordinazione ministeriale delle donne tout court,18 pur ricevendo, in alcuni autori e intorno ad alcune prospettive interpretative del ministero, specifiche attenzioni e apporti.19
Il confronto postconciliare sul tema «donne e ministero» può essere compreso tenendo presenti due documenti magisteriali che fanno da spartiacque nel dibattito: la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede Inter insigniores del 1976; la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ordinatio sacerdotalis del 1994.20
Con questo ultimo documento si sancisce un punto fermo nella discussione: «Pertanto al fine di togliere ogni dubbio su una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22,32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli» (n. 4; EV 14/1348).
Le motivazioni addotte rimandano alla Traditio perpetuo servata, e non più alla assenza delle donne dal Cenacolo nell’Ultima cena, all’impossibilità di rappresentare Cristo maschio nella celebrazione eucaristica, tutte motivazioni presenti in Inter insigniores.21 Il documento pontificio, inoltre, parla esplicitamente d’«ordinazione sacerdotale»: non è quindi incluso il ministero diaconale, che secondo Lumen gentium (LG), n. 29 è non «sacerdotale».
A questi due testi magisteriali s’aggiungono due ulteriori documenti che riguardano specificamente l’ordinazione di donne diacono: la Notificatio delle Congregazioni per il clero, la dottrina della fede, per il culto divino del 2001, che dichiara non attivabili percorsi formativi al diaconato per le donne, e l’ampio testo della Commissione teologica internazionale Sul diaconato: evoluzione e prospettive (2002.2004).22
Dal punto di vista della ricerca scientifica sul diaconato femminile gli ultimi 50 anni sono stati particolarmente ricchi di contributi, che hanno permesso d’acquisire una vasta messe di dati di natura storica, una migliore conoscenza dei riti liturgici, e di maturare una più approfondita visione teologico-sistematica. Le questioni aperte sono state progressivamente definite, anche attraverso il confronto critico delle posizioni dei sostenitori di una possibile ordinazione diaconale e di chi si oppone a essa: l’esistenza di diaconesse/diacone; la loro identità ministeriale (ministero ordinato o laicale) a cui è connessa la domanda sulla tipologia di rito di costituzione (ordinazione o benedizione); le funzioni specifiche. Sono gli interrogativi a cui ogni ricerca sul diaconato femminile deve rispondere.
Moltissimi compiti pastorali
In primo luogo la ricerca storica attesta, ormai senza dubbi, l’esistenza di donne impegnate in servizi pastorali stabili, definite fin dall’epoca neotestamentaria «diakonos», «diakonai», «diakonissai», «diaconae», «ministrae», «diaconissae». Fonti storiche, letterarie, canonistiche, epigrafi funerarie e riti liturgici, di tradizione orientale e occidentale, sono state inventariate e sono divenute oggetto di innumerevoli studi critici.23
Il servizio svolto da queste donne varia dall’evangelizzazione, al servizio alla celebrazione del battesimo delle donne, alla visita a donne malate nelle loro case, a un coinvolgimento più ampio nella vita pastorale, con significative differenze tra Chiese locali, senza che possa essere ridotto – secondo molti storici – a un elenco di funzioni uguali per tutte le diaconesse/diacone in tutti i contesti geografici e periodi storici.
Più dibattuta la questione della sacramentalità del ministero ricevuto dalle donne. Le posizioni che emergono dal confronto tra A.G. Martimort e C. Vagaggini (riprese anche da R. Gryson) negli anni Settanta rappresentano anche oggi le due prospettive interpretative dei testi liturgici di costituzione delle donne diacono: tra chi opta per una benedizione (che aprirebbe quindi esclusivamente all’ipotesi di un ministero istituito delle diaconesse) e chi riconosce una vera e propria ordinazione.24
In terzo luogo la ricerca teologico-sistematica ha posto la questione in modo più radicale: si tratta di riprendere una figura di diacona, presente nel I millennio della storia della Chiesa, per riprodurla nel presente, oppure è necessario pensare a una nuova configurazione di un ministero femminile, dai tratti nuovi perché rispondente a nuove esigenze pastorali e soprattutto a un inedito riconoscimento di soggettualità delle donne che solo con il XX secolo si è andato affermando, nella società e nella Chiesa?
E ancora più profondamente, quale teologia del ministero ordinato, e più specificamente del diaconato, va tenuta quale framework dell’investigazione teologica? Il concilio Vaticano II consegna alla Chiesa cattolica una vera e propria revisione della teologia del ministero ordinato, altra rispetto alla visione codificata dal Tridentino, che ha permesso lo sviluppo di una nuova autocoscienza e nuove modalità di esercizio del ministero di vescovi, presbiteri e diaconi nella fase post-conciliare.25
Oltre il sacerdozio
Il concilio Vaticano II rivede profondamente la teologia del ministero ordinato, i presupposti e le categorie interpretative, la comprensione della ratio teologica ultima e le funzioni delle diverse figure ministeriali.26 In primo luogo il ministero ordinato è pensato in rapporto alla missione messianica del popolo di Dio (LG 20.24): i ministri ordinati sono parte del popolo sacerdotale, comunità tutta ministeriale, in cui tutti i battezzati sono visti come soggetti corresponsabili nell’annuncio e nella diakonia ecclesiale.
Ci si distacca nettamente dalla tradizionale fondazione cristologico-ontologica del ministero sacerdotale, ratificata autorevolmente a Trento, in particolare nel decreto De ordine (sessione XXIII): è determinante al Vaticano II la radicazione ecclesiologica del ministero e la fondazione pneumatologica di carismi e ministeri. Viene ripensata la struttura tripartita del ministero, sulla base di un recupero della teologia di Ignazio d’Antiochia e di Cipriano: l’esistenza del ministero ordinato è di «divina istituzione», ma le figure che incarnano tale ministero sono mutate nel corso del tempo e cambiata è la lettura teologica che ne è stata data.
Come afferma LG 28 «iam ab antiquo» (EV 1/354) sono stati chiamati vescovi, presbiteri, diaconi; s’attesta così il divenire storico delle figure ministeriali a fronte del permanere di un’unica ragione teologica: custodire l’apostolicità della fede della Chiesa e garantire l’unità del corpo ecclesiale (nelle sue diverse configurazioni).
Il Concilio recupera, dopo secoli, il riconoscimento della sacramentalità dell’episcopato (cf. LG 21) e afferma con decisione le implicazioni che vengono da una lettura collegiale del ministero episcopale (cf. LG 22s).
Gli altri gradi del ministero – presbiterato e diaconato – vengono pensati a partire dalla pienezza del sacramento dell’ordine conferita con la consacrazione episcopale (cf. LG 21.28s; Presbyterorum ordinis, n. 2), nel quadro del servizio alla Chiesa locale di cui il vescovo è principio visibile e fondamento di unità, superando così la logica di una gerarchia ascendente, che aveva accompagnato per secoli la prassi e la teologia del ministero ordinato, e una chiave interpretativa che si limitava a definire poteri e funzioni.
Il Vaticano II abbandona, infatti, con decisione il quadro interpretativo delle due potestates (di giurisdizione e sacra, con due diverse sorgenti), per dispiegare la riflessione intorno ai tria munera Christi, che vengono declinati prima per tutto il popolo di Dio (cf. LG c. II) e poi – in forma specifica – per vescovi, presbiteri, laici, sia nella costituzione sulla Chiesa (cc. III-IV) sia nei decreti Christus Dominus, Presbyterorum ordinis, Apostolicam actuositatem.
Il cambiamento di prospettiva teologica diventa evidente nella considerazione del sacerdozio: il sacerdote non è più l’analogatum princeps per pensare il ministero, come avveniva nella teologia di Trento (De Ordine, c. I), ma si deve partire dal vescovo, che riceve in pienezza l’ordine, per pensare poi presbiteri e diaconi – sempre al plurale – che esercitano uno specifico ministero per partecipazione e mediazione episcopale. Viene re-istituito il diaconato come grado autonomo e permanente, come vedremo, dopo secoli dalla sua scomparsa.
L’interrogativo sulle donne diacono deve essere posto in questo quadro ecclesiologico e di teologia del ministero che il Vaticano II dispiega, e non a partire da una precomprensione radicata nella visione tridentina e post-tridentina del ministero, che si sviluppava a partire dalla radicazione cristologica del ministero, intorno a una riduzione di fatto del ministero al sacerdozio, e che accentuava l’in persona Christi e la rappresentanza sacramentale.27
Tale prospettiva è stata superata dal Vaticano II, anche se non si può negare un nostalgico recupero di questo linguaggio e di queste categorie a partire dagli anni Novanta, nel magistero (ad esempio in Pastores dabo vobis) e nella ricerca di tanti teologi.28 I padri conciliari, con il recupero della sacramentalità dell’episcopato e la re-istituzione del diaconato permanente, attestano per altro il fatto che le figure ministeriali e la teologia del ministero ordinato possono e devono mutare, com’è avvenuto nel corso dei secoli più volte, in rapporto a nuove esigenze di evangelizzazione, a nuovi bisogni pastorali, a nuove configurazioni della vita ecclesiale, in stretta correlazione con le interpretazioni ecclesiologiche che le veicolano.
Diaconi: per il ministero
Ma è soprattutto in relazione alla figura dei diaconi permanenti così come sono stati delineati, seppur in modo iniziale, nei documenti del Vaticano II che va impostata la ricerca sulle donne diacono oggi.
Rivisitare le richieste di un ripristino del diaconato permanente pervenute nelle fasi ante-preparatoria e preparatoria, ripercorrere le fasi del dibattito conciliare, rileggere criticamente i paragrafi dei documenti espressamente dedicati al tema, tenendo presenti i cambiamenti avvenuti nel corso della redazione dei testi, sono passaggi utili per comprendere le traiettorie e gli snodi del confronto sul diaconato, come anche i fattori di resistenza alla re-istituzione di questa figura ministeriale:29 sono numerosi, infatti, i paralleli con le richieste del diaconato femminile oggi e con le obiezioni che vengono sollevate. In ogni caso è la teologia del diaconato emersa in Concilio e approfondita nella fase postconciliare che costituisce un riferimento, imprescindibile, per affrontare in modo adeguato e significativo l’interrogativo sulle «donne diacono».
Le motivazioni di una richiesta
Le motivazioni che guidavano i vescovi nel pensare un eventuale ripristino del diaconato permanente erano estremamente diversificate e riflettevano esperienze pastorali diverse: accanto a chi lamentava la carenza di presbiteri e vedeva nei diaconi un necessario appoggio per l’evangelizzazione nei paesi di missione, per la pastorale d’ambiente in Europa o per il rinnovamento della vita parrocchiale, si levava la voce di chi pensava di promuovere così l’apostolato laicale, riconoscendo con una benedizione apposita il valore dell’apporto di laici fortemente impegnati in parrocchie e associazioni; insieme a chi ricordava il ruolo liturgico dei diaconi nelle Chiese orientali si poneva chi metteva in evidenza esigenze ecumeniche; c’era chi voleva recuperare l’antica strutturazione tripartita del ministero, sottolineando le funzioni liturgiche dei diaconi, e chi faceva risuonare la richiesta delle Caritas di lingua tedesca che già dagli anni Trenta avevano sollecitato il ripristino del diaconato per il servizio d’assistenza e promozione della diaconia nelle Chiese locali.
Gli apporti teologico-sistematici sull’argomento erano rari; si riveleranno utili gli studi di storici e liturgisti, mentre dal punto di vista teologico-sistematico il passaggio fondamentale sarà la pubblicazione, a cura di Karl Rahner ed Herbert Vorgrimler, del volume collettivo Diaconia in Christo (1962).30
I dibattiti in aula conciliare e nelle commissioni interessate si concentreranno sui motivi della scomparsa, sulla relazione tra ministero del diacono e diaconia ecclesiale e sui rischi di clericalizzazione del laicato connessi, sulla sacramentalità e l’appartenenza al clero, sullo stato di vita e l’obbligo del celibato, sulle relazioni con vescovi e presbiteri e, più raramente, su come comprendere teologicamente lo specifico ministeriale.
Il confronto aiutò i padri a capire che non era possibile semplicemente replicare il passato, ma – fondandosi sulla Tradizione – era necessario ripensare – re-istituire – una figura specifica di diacono adeguata al presente e al futuro della Chiesa, nel quadro della teologia del ministero ordinato che il Vaticano II andava definendo.
Le implicazioni per il diaconato femminile
I testi esplicitamente dedicati al diaconato nei documenti conciliari sono, come noto, pochi.31 Troviamo un’affermazione solo indiretta della sacramentalità (LG 29: «gratia sacramentali roborati»; EV 1/359) e due differenti elenchi di funzioni in LG 29 e Ad gentes n. 16, incentrate (per LG 29) soprattutto sul servizio liturgico, che si era conservato nel corso dei secoli nel diaconato transeunte, pur con alcuni riferimenti all’evangelizzazione e alla carità
Ciò che appare più rilevante in ordine a un’interpretazione teologica della figura del diacono è la collocazione dei testi. Si può comprendere l’identità ministeriale specifica dalle relazioni portanti che vengono poste in atto dall’ordinazione (con la Chiesa locale, con il vescovo, con il presbiterio, con il resto del popolo di Dio): «In diaconia liturgiae, verbi, caritatis populo Dei (…) inserviunt» (LG 29; EV 1/359).
Due espressioni guidano a comprendere la natura peculiare del ministero diaconale e risultano decisive per giudicare possibile e opportuna l’ordinazione ministeriale di donne diacono: il fatto che i diaconi sono ordinati «non ad sacerdotium, sed ad ministerium» (LG 29), e quanto affermato nel decreto sull’attività missionaria.
«Iuvat enim viros, qui ministerio vere diaconali fungantur, vel verbum divinum tanquam catechistae praedicantes, vel nomine parochi et episcopi dissitas communitates christianas moderantes, vel caritatem exercentes in operibus socialibus seu caritativis, per impositionem manuum inde ab Apostolis traditam corroborari et altari arctius coniungi, ut ministerium suum per gratiam sacramentalem diaconatus efficacius expleant» (È bene infatti che gli uomini, i quali esercitano un ministero veramente diaconale, o perché come catechisti predicano la parola di Dio, o perché a nome del parroco e del vescovo sono a capo di comunità cristiane lontane, o perché esercitano la carità attraverso opere sociali e caritative, siano fortificati dall’imposizione delle mani, che è trasmessa fin dagli apostoli, e siano più saldamente congiunti all’altare per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato; AG 16; EV 1/1140).
Consacrazione per il ministero
La consacrazione diaconale è conferita «non ad sacerdotium, sed ad ministerium».32 L’espressione è ripresa dalle Constitutiones Ecclesiae aegyptiacae (III, 2), ma viene omesso nel testo conciliare l’inciso «[ad ministerium] episcopi», che specificava la forma del servizio diaconale nella relazione con il vescovo e motivava la prassi liturgica per cui il solo vescovo (e non tutto il presbiterio) impone le mani al candidato al diaconato.33
La soppressione del genitivo episcopi (delimitante il fruitore del servizio primo del diacono) sembra qui suggerire il conferimento di un ministero per imposizione delle mani, a servizio dell’apostolicità della fede della comunità cristiana (come quello del vescovo e del presbitero), ma in una forma propria, non connessa all’esercizio di una funzione sacerdotale o di presidenza liturgica della comunità: come afferma la Relatio, i diaconi sono ordinati «non ad corpus et sanguinem Domini offerendum, sed ad servitium caritatis in Ecclesia».34
Nell’unica gerarchia, pensata nella sua radice sacramentale per la mediazione del vescovo (cf. LG 21), si distingue una connotazione sacerdotale che qualifica due gradi – episcopato e presbiterato – e una ministeriale comune a tutti i gradi. Ordinatio sacerdotalis stabilisce autorevolmente (definitive tenenda) che non è possibile ordinare donne ai gradi sacerdotali, ma alla luce di quanto affermato in LG 29 possiamo riconoscere che il diaconato è grado ministeriale non sacerdotale: c’è un servizio al popolo di Dio nella custodia dell’apostolicità della fede, reso possibile per imposizione delle mani, senza che questo comporti presidenza sacramentale eucaristica.
In secondo luogo, il passaggio di Ad gentes 16 dedicato ai diaconi motiva la necessità dell’ordinazione sulla base di una lettura della Traditio Ecclesiae in sviluppo, in rapporto alle esigenze pastorali delle Chiese e alle prassi già esistenti che chiedono una revisione delle relazioni e delle funzioni nel e per il noi ecclesiale istituzionalizzato.
Il contesto è quello della fondazione di nuove Chiese locali con clero indigeno. Chi esercita servizi di annuncio e catechesi, d’animazione pastorale di comunità senza presbitero (si usa il verbo latino moderari e non praeesse, presiedere), attività caritativo-sociali – qui riconosciuti come ministeri vere diaconali – è bene che sia fortificato per mezzo dell’imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli apostoli, e sia più strettamente unito all’altare (altari arctius coniuncti).
Anche oggi, è una nuova prassi pastorale – sia nei paesi del sud del mondo, come in Europa e in Nord America – che vede donne responsabili degli stessi servizi pastorali indicati in AG 16 che spinge e sostiene la richiesta del diaconato per le donne, religiose e laiche.
Non è, infatti, possibile e necessario (o per lo meno «utile», «di giovamento», nel latino di AG 16 «iuvat»), che – sul fondamento della Tradizione ecclesiale del primo millennio – anche per le donne valga quanto affermato in AG 16 per gli uomini?
Una trasformazione ecclesiale
Il concilio Vaticano II con la re-istituzione del diaconato permanente, nel quadro di un ripensamento complessivo del ministero ordinato, consegna prospettive nuove per affrontare l’interrogativo del diaconato femminile: è in questo quadro, sulla base degli assunti presenti nei documenti e in analogia con lo sviluppo del dibattito teologico tra i padri conciliari che li ha motivati, che deve essere posta oggi la ricerca sulle donne diacono.
Il Concilio ci presenta i diaconi come ministri ordinati nel popolo di Dio e per il popolo di Dio: il ministero, di grado e funzione non sacerdotale,35 complementare a quello del presbitero, è conferito loro dal vescovo per imposizione delle mani; sono chiamati a custodire l’apostolicità della fede ecclesiale nella verità dell’amore e a servire il noi ecclesiale in primis nella sua diakonia costitutiva e qualificante.
Non ripristinare ma ripensare
Nel caso del diaconato i padri conciliari non hanno voluto ripristinare (il verbo è restitui) una prassi del I millennio, ma ripensare l’antica strutturazione tripartita del ministero,36 promuovendo una figura nuova, quella del diacono, rispondente alle esigenze e ai bisogni della Chiesa contemporanea.37 Nella differenziazione delle figure sta un principio-chiave della teologia del ministero al Vaticano II: il ministero risponde a diverse realtà ecclesiali; garantisce qualcosa d’essenziale e costitutivo per la Chiesa in ambiti di vita ecclesiale e d’esercizio della funzione ecclesiale differenti, nel quadro della Chiesa locale e della sua missione.
Anche nel caso delle donne diacono non si tratta di replicare una figura ministeriale antica, che rispondeva a necessità pastorali specifiche con determinati compiti (per altro in un contesto patriarcale), ma – appurata l’esistenza di donne diacono, tali per imposizione delle mani da parte del vescovo – si tratta di riconoscere una prassi ecclesiale significativa già presente e sulla scia di quanto indicato in AG 16 riplasmare una «figura ministeriale» inedita.
La Chiesa ha la possibilità e il dovere di rimodellare il ministero ordinato secondo il divenire ecclesiale e le necessità emergenti per mantenersi nel divenire della storia umana nella sua apostolicità. Se si esamina la storia della Chiesa, è evidente che le trasformazioni nel ministero non sembrano mai delineate in modo teorico da qualche teologo o pastore, ma nascono in stretta relazione con le trasformazioni ecclesiali e culturali, nell’orizzonte della Traditio.
Un mutamento strutturale e di forme d’esercizio potrà allora essere necessario perché sollecitato da nuove esigenze pastorali per le quali si ritenga necessario promuovere nuove configurazioni delle relazioni istituzionalizzate nella Chiesa. Il mutato ruolo delle donne nelle società occidentali, il riconoscimento della loro piena soggettualità ecclesiale con una parola pubblica, autorevole, competente sul piano teologico, e un sempre maggiore coinvolgimento nell’animazione di comunità cristiane in assenza di presbitero, sollecitano la riflessione sulle donne diacono e mostrano quanto sia limitato pensare a un «ministero istituito» delle diaconesse, come taluni vorrebbero.38 È oggi accettabile e auspicabile che l’apostolicità di fede della Chiesa sia servita e custodita anche con voce e ministero femminile.
Nella visione del Vaticano II, i diaconi, che non sono ordinati «ad sacerdotium», custodiscono il legame tra il Vangelo e l’esistenza da vivere nell’amore e nel servizio; salvaguardano lo spessore d’umanità che deve segnare le relazioni ecclesiali nella Chiesa; attestano a tutti che una fede professata che non si faccia carità vissuta, in particolare per coloro che sperimentano il bisogno e vivono situazioni di povertà, è contraddittoria e «vuota».39
I diaconi non sono chiamati tanto o soltanto a un’opera assistenziale o caritativa, in risposta ai bisogni e alle necessità che leggono nel territorio (non è un ministero laicale istituito), ma devono – come è proprio del ministero ordinato – sollecitare e promuovere la diaconia di tutti i componenti della comunità, perché sia la Chiesa intera a vivere concretamente una fede che manifesta nel servizio dell’amore la sua verità, custodendo l’anima e la forma diaconale della comunità intera.
Non è quindi tanto un agire nella Chiesa, come quello dei laici, ma un agire costitutivo del noi ecclesiale, nel suo darsi e farsi nella storia, intorno al principio generatore della comunicazione dell’Evangelo (è ministero ordinato).
Le donne potrebbero, a mio parere, servire in questa specifica figura ministeriale il noi ecclesiale, che ne uscirebbe indubbiamente trasformato. La presenza di donne diacono ordinate, sul fondamento di quanto avveniva già nei primi secoli (per altro in un contesto patriarcale e androcentrico, di per sé non favorevole), permetterebbe una parola pubblica di proclamazione del Vangelo, l’apporto dell’omelia, la moderazione di celebrazioni della Parola e del battesimo con ministri ordinari da parte di donne: l’apostolicità della fede verrebbe custodita in modo nuovo e il volto della Chiesa mostrerebbe più chiaramente la sua natura inclusiva, di popolo di uomini e donne.
I tempi appaiono maturi per il confronto con questa prospettiva, con parresia e coraggiosa ricerca, che la teologia del ministero ordinato del Vaticano II rende possibile e che la prassi pastorale di una Chiesa mondiale richiede, seppur in forme varie e differenziate. La riforma stessa della Chiesa, oggi sollecitata da papa Francesco con nuovo vigore, chiede questo passaggio.
Serena Noceti*
* Il testo è la rielaborazione di un articolo apparso in spagnolo sulla rivista Iglesia viva («Mujeres y ministerio diaconal. Un ministerio posible para una nueva Iglesia», 53[2018] 274, 45-61) e in italiano sulla rivista croata Rijeki teološki asopis, 26[2018] 52, 2, 291-305. Segnaliamo che il numero di Iglesia viva è un monografico dedicato al tema – e si può acquistare on-line a € 6 al link http://bit.ly/2VJ6IQz –, con interventi, tra gli altri, di: Marilú Rojas Salazar («Diaconado de mujeres ¿trampa o desafío? Un análisis crítico desde la teología feminista de América Latina»), Fernando Rivas Rabaque, («Diaconado de las mujeres en la Antigüedad cristiana»), Phyllis Zagano («Cuestiones sobre el diaconado de las mujeres: ¿qué impide a la Iglesia incluir a las mujeres entre los diáconos permanentes?»).
1 Rispettivamente in Acta synodalia I, II/III, 703, 22.8.1959; Acta synodalia I, II/VII, 532, 8.9.1959: Ruotolo chiedeva una «institutio diaconatus cum extensione ad foemininum sexum, sed cum onere caelibatus», cioè l’istituzione di un diaconato esteso alle donne, ma con l’onere del celibato; León de Uriarte Bengoa l’istituzione di «homines diaconi et etiam diaconissae», ossia uomini diaconi e anche diaconesse. Il vescovo salentino poneva la sua richiesta nella parte dedicata alla «disciplina del popolo cristiano» e non nelle riflessioni sulla «disciplina del clero»; il vescovo peruviano – al contrario – motivava la sua petizione in vista di un servizio di predicazione della parola di Dio e di amministrazione della sacra comunione; il primo riteneva essenziale una vita celibataria, il secondo non escludeva il matrimonio per i diaconi.
2 Archivio segreto vaticano, «Fondo concilio Vaticano II», busta 1078 (intervento predisposto per un incontro di commissione del novembre 1961).
3 Cf. A.M. Pelzer, Brève histoire de l’Alliance internazionale Jeanne d’Arc: 1911-1977, in L’Alliance 19 (1992), 1-16.
4 Archivio segreto vaticano, «Fondo concilio Vaticano II», busta 1171, fasc. 9 (Epistulae 1961), ff. 1-2: la lettera è datata «London, 31 maggio 1961» ed è indirizzata al card. Cento, presidente della Commissione per l’apostolato dei laici. La proposizione è redatta in inglese e francese. È protocollata 1069/61. M. Leroy-Boy si presenta come «dottore in diritto». La richiesta è di un riconoscimento ecclesiale – «un qualche segno manifesto di incoraggiamento ufficiale e una benedizione speciale» – per un ministero laicale: «in modo concreto, noi suggeriamo che, se nel futuro alcuni compiti diaconali dovessero essere affidati a laici come incaricati di un ministero indipendente, l’accesso a questo ministero dovrebbe essere accordato alle donne come agli uomini».
5 Acta synodalia IV/4, 493-496: qui 494.
6 «Le donne possano adempiere gli uffici di lettore e accolito nelle celebrazioni; le donne, compiuto un adeguato studio e ricevuta la debita formazione, siano ammesse nell’ordine del diaconato: per poter annunciare al popolo la parola di Dio e amministrare i sacramenti che spettano a tale ordine, soprattutto il solenne battesimo e la sacra eucaristia», Acta synodalia IV/2, 754-758: qui 756. Il testo fu diffuso attraverso la stampa, dal momento che giunse troppo tardi e non fu preso in considerazione nella revisione finale del testo di Gaudium et spes: cf. quanto affermato da R. Goldie che della Commissione mista faceva parte. P. Hallinan, «La place des femmes dans l’Eglise», in Documentation catholique 48(1966), 90.
7 Cf. S. Noceti, «”Nel senso di una profezia e di una promessa”. La riflessione sul ministero ordinato alle donne», in M. Perroni, A. Melloni, S. Noceti (a cura di), Tantum aurora est. Donne e Concilio Vaticano II, LIT Verlag, München 2012, 317-331. Sulla questione femminile e sull’apporto delle donne al Concilio cf. C.E. McEnroy, Guests in their own house: the women of Vatican II, Crossroad, New York 1996 (riv. 2011); G. Bragantini, Le donne nel concilio Vaticano II, Pontificia Università Lateranense, Roma 1984; I.A. Helman, Women and the Vatican: an exploration of official documents, Orbis Books, New York 2012, 20-29; G.H. Tavard, Woman in Christian Tradition, University of Notre Dame Press, Notre Dame (IN) 1973, 125-150, 193-194, 212-225; M. Eckholt, Ohne die Frauen ist keine Kirche zu machen. Der Aufbruch des Konzils und die Zeichen der Zeit, Matthias Grünewald Verlag, Ostfildern 2012; S. Noceti, «Donne al concilio Vaticano II: i documenti», in C. Simonelli, M. Ferrari (a cura di), Una Chiesa di donne e uomini, Ed. di Camaldoli, Camaldoli 2015, 89-104; Ead., «Donne, ministero, ministerialità», in C. Simonelli, M. Ferrari (a cura di), Una Chiesa di donne e uomini, 121-132.
8 Studi su diaconesse primo Novecento: A. Kalsbach, Die altkirchliche Einrichtung der Diakonissen bis zu ihrem Erlöschen, Herder, Freiburg i.Br. 1926; E. Theodoru, «Cheirotonia» or «cheirothesia» of deaconesses, Atene 1954; cf. anche G. Giner Sempere, «La mujer y la potestad de orden», in Revista española de derecho canonico 9(1954), 841-859.
9 G. Heinzelmann, «Frau und Konzil. Hoffnung und Erwartung», in G. Heinzelmann (a cura di), Wir schweigen nicht länger! Frauen äussern sich zum II. Vatikanischen Konzil, Interfeminas, Zürich 1964, 20-44; trad. it. Donne nella Chiesa. Problemi del femminismo cattolico, Xenia, Milano 1990, 247-273.
10 G. Codrignani, «L’Alleanza internazionale Giovanna d’Arco. Storia di una associazione cattolica e femminista», in C. Militello (a cura di), Donne e teologia: bilancio di un secolo, EDB, Bologna 2004, 215-224. L’appello è reiterato nel 1969 e negli anni Ottanta.
11 Archivio segreto vaticano, «Fondo concilio Vaticano II», busta 671, fasc. 8. Le uditrici conciliari erano P. Bellosillo, R.M. Goldie, L. Tobin, oltre la perita Vendrick. Era presente come relatore Bernhard Häring, che giudicò però prematura una discussione sull’ordinazione sacerdotale delle donne nella Chiesa cattolica. Cf. R. Goldie, «Un point de vue “feminin”?», in Y.M. Congar (a cura di), L’Église dans le monde de ce temps: constitution pastorale Gaudium et spes», III, Cerf, Paris 1967, 103.
12 G. Concetti, «La donna e il sacerdozio. I dati biblici della Tradizione e del Magistero, in L’Osservatore romano 8-9.11.1965, 2; Id., «Coerenza e uniformità giuridico-dottrinale. La donna e l’ordine sacro», in OR 11.11.1965, 2; Id., «Attuale validità della dottrina tradizionale. La donna e l’ordine sacro», in OR 12.11.1965, 6.
13 Cf. I. Jones, J. Wootton, C. Thorpe (a cura di), Women and ordination in the Christian Churches, T&T Clark, London - New York 2008; S. Noceti, «Ordinazione/non ordinazione delle donne e dialogo ecumenico. Inclusivamente esclusivi?», in Credereoggi 27(2007) 4, 69-80.
14 Sinodi pastorali della Svizzera del 1972, del 1975; Sinodo austriaco del 1974; Colloquio europeo delle parrocchie (1975); Sinodo generale delle diocesi della Repubblica federale di Germania (Würzburg 1975); Congresso pastorale dei cattolici in Inghilterra e Galles (1977 e 1978); Commissione di studio «Donna nella Chiesa» della Repubblica federale di Germania (1979); Consiglio pastorale degli Stati Uniti (1988); Sinodi delle diocesi di Rottenburg-Stuttgart (1986), di Hildesheim (1990) e di Firenze (1991); Consiglio cattolico di Trier (1995); Memorandum Church a firma di 144 teologi e teologhe di lingua tedesca (2011); Associazione dei preti cattolici irlandesi nel 2014. Inoltre il III Congresso mondiale per l’apostolato dei laici (Roma 1967) auspicò uno studio teologico sull’argomento.
15 Women’s ordination Conference (Detroit 1975), Catholic women’s ordination (UK 1993), Roman Catholic women priests (USA 2002).
16 Convegni di studio del Centro internazionale del diaconato (Innsbruck 1973, 1977, 1978; Kotrijk 1979, Varese 1981; 1984; 1989 ecc.). Estremamente rilevante lo studio della Canon Law Society of America (1995), intitolato Le implicazioni canoniche dell’ordinazione delle donne al diaconato permanente.
17 Intervento del presidente della Conferenza episcopale canadese al Sinodo dei vescovi del 1971; documento sulla questione della donna nella Chiesa e nella società del Segretariato della Conferenza episcopale tedesca del 1981; intervento del vescovo di Kottayam (India) al Sinodo dei vescovi del 1987; Conferenza episcopale svizzera (1994); intervento di Carlo Maria Martini al Sinodo dei vescovi europei del 1999; intervento di Paul-André Durocher (Quebec) al Sinodo dei vescovi del 2015. Vanno ricordati anche gli interventi del card. Basil Hume (1985), di mons. Karl Lehmann e mons. John R. Quinn.
18 Cf. S. Noceti, «Donne e ministero: una questione scomoda. Orientamenti e prospettive interpretative nella riflessione teologica delle donne», in A. Calapaj Burlini (a cura di), Liturgia e ministeri ecclesiali, Edizioni liturgiche, Roma 2008, 67-99. Cf. anche Concilium 35(1999) 3: La non-ordinazione delle donne e la politica del potere; W. Gross (a cura di), Frauenordination. Stand der Diskussion in der katholischen Kirche, Wewel, München 1996; A. Piola, Donna e sacerdozio, Effatà, Torino 2006.
19 Cf. P. Hünermann (a cura di), Diakonat. Ein Amt für Frauen in der Kirche – ein frauengerechts Amt, Ostfildern 1997; G. Macy, W.T. Ditewog, P. Zagano, Women Deacons. Past, Present, Future, Paulist Press, New York 2011; P. Zagano, Holy saturday: an argument for the restoration of the female diaconate in the Catholic Church, Crossroad, London 2000.
20 Congregazione per la dottrina della fede, dich. Inter insigniores sulla questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, 15.10.1976, in EV 5/2110-2147; Giovanni Paolo II, lett. apost. Ordinatio sacerdotalis sull’ordinazione sacerdotale riservata a soli uomini, 22.5.1994, in EV 14/1340-1348, a cui segue un Responsum della Congregazione per la dottrina della fede, che sancisce l’alto grado di autorevolezza magisteriale del documento pontificio: Congregazione per la dottrina della fede, dich. esplicativa Responsum ad dubium circa doctrinam in epist. ap. Ordinatio sacerdotalis traditam, 24.11.1995, in EV 14/3271; cf. anche J. Ratzinger, Commento a Ordinatio sacerdotalis, in Regno-doc. 13,1994,387-390; Giovanni Paolo II, motu proprio Ad tuendam fidem, 18.5.1998, in EV 17/801-807.
21 H.M. Legrand, «Traditio perpetua servata. La non ordinazione delle donne: tradizione o semplice fatto storico? Alcune osservazioni metodologiche», in C. Militello (a cura di), Donna e ministero. Un dibattito ecumenico, Dehoniane, Roma 1991, 205-244; Id., «Die Frage der Frauenordination aus der Sicht katholischer Theologie», in E. Gössmann, D. Bader (a cura di), Warum keine Ordination der Frau?, Katholische Akademie, Freiburg 1987, 89-111.
22 Cf. Commissione teologica internazionale, Il diaconato: evoluzione e prospettive, in Regno-doc. 9,2003,275.
23 Tra gli studi più significativi si ricordano: M. Scimmi, Le antiche diaconesse nella storiografia del XX secolo, Glossa, Milano 2004; D. Corsi (a cura di), Donne cristiane e sacerdozio, Viella, Roma 2004, 19-32; U. Eisen, Amtsträgerinnen im frühen Christentum. Epigraphische und literarische Studien, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1996; K. Madigan, C. Osiek, Ordained Women in the Early Church, J. Hopkins University Press, Baltimore 2005; Aa.Vv., Diakonia, «diaconiae», diaconato. Semantica e storia nei padri della Chiesa, Institutum Patristicum Augustinianum, Roma 2010, 615-696.
24 A.G. Martimort, «A propos des ministères féminins dans l’Église», in Bulletin littérature ecclésiastique 74(1973), 104-108; Id., Les diaconesses. Essai historique, Edizioni liturgiche, Roma 1982; C. Vagaggini, «L’ordinazione delle diaconesse nella tradizione greca e bizantina», in Orientalia christiana periodica 40(1974), 145-189; R. Gryson, «L’ordination des diaconesses d’après les “Constitutions apostoliques”», in Mélanges de science religieuse 31(1974), 41-45; Id., Le ministère des femmes dans l’Eglise ancienne, Duculot, Gembloux 1972. Cf. anche C. Taddei Ferretti, «In margine agli antichi riti di ordinazione delle diaconesse», in Studium 95(1999), 225-272; A.A. Thiermeyer, «Der Diakonat der Frau. Liturgiegeschichtliche Kontexte und Folgerungen», in Theologische Quartalschrift 173(1993), 226-236; S. Parenti, E. Velkovska (a cura di), Eucologio Barberini gr. 336, CLV – Edizioni liturgiche, Roma 2000.
25 Cf. S. Noceti (a cura di), Diacone. Quale ministero per quale Chiesa?, Queriniana, Brescia 2017; P. Zagano, «Giustizia per la vita della parrocchia. Ripristinare il diaconato ordinato femminile», in Concilium 53(2017), 345-354
26 Cf. H. Legrand, C. Theobald (a cura di), Le ministère des évêques au concile Vatican II et depuis, Cerf, Paris 2001; M. Fallert, Mitarbeiter der Bischöfe: das zueinender des bischöflichen und priesterlichen Amtes auf und nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil, Echter, Würzburg 2007; M. Faggioli, Il vescovo e il concilio. Modello episcopale e aggiornamento al Vaticano II, Il Mulino, Bologna 2005; S. Noceti, R. Repole (a cura di), Commentario ai documenti del Vaticano II, II. Lumen gentium e IV. Christus Dominus, Presbyterorum ordinis, Optatam totius, EDB, Bologna 2015 e 2017.
27 Cf. S. Noceti, «Quale ministero?», in A. Autiero, M. Perroni (a cura di), Anatemi di ieri, sfide di oggi. Contrappunti di genere nella rilettura del Concilio di Trento, EDB, Bologna 2011, 109-128.
28 Cf. E. Castellucci, «A trent’anni dal decreto Presbyterorum ordinis. La discussione teologica postconciliare sul ministero presbiterale», in La Scuola cattolica 124(1996), 3-68; 195-261; P. Sorci (a cura di), Il presbitero nella Chiesa dopo il Vaticano II, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2005.
29 Cf. J. Hornef, P. Winninger, «Chronique de la restauration du diaconat (1945-1965)», in P. Winninger, Y.M. Congar (a cura di), Le diacre dans l’Église et le monde d’aujourd’hui, Cerf, Paris 1966, 205-222; G. Colombo, «La discussione sul ripristino del diaconato permanente al concilio Vaticano II. La teologia», in La Scuola cattolica 124 (1996), 627-650; P. Weber, «Vatican II et le diaconat permanent», in A. Haquin, P. Weber (a cura di), Diaconat, XXIe siècle. Actes du Colloque de Louvain-la-Neuve (13-15 septembre 1994), Lumen Vitae, Bruxelles 1997; L. Bertelli, Il diaconato permanente nel concilio Vaticano II, ISG, Vicenza 1974.
30 H. Vorgrimler, K. Rahner (a cura di), Diaconia in Christo, Herder, Freiburg - Wien 1962.
31 Sulla visione teologica del diaconato in Concilio: Winninger, Congar (a cura di), Le diacre dans l’Église et le monde d’aujourd’hui; J.M. Guzman González, El diaconado en Lumen gentium 29, Diss. Roma, Pont. Ath. S. Crucis, Roma 1996; S. Noceti, in Noceti, R. Repole (a cura di), Commentario ai documenti del Vaticano II, II. Lumen gentium, EDB, Bologna 2015. Cf. anche P. Sorci, «Diaconato: ordine o ministero?», in Rivista liturgica 83 (1996), 583-599; H.M. Legrand, «Le diaconat: renouveau et theologie», in Revue de sciences philosophiques et theologiques 69(1985), 101-124; A. Montan, «La formazione e il ministero del diacono permanente nei documenti del magistero dal concilio Vaticano II a oggi», in Apollinaris 71(1998), 521-544.
32 Cf. P. De Clerck, «Note sur l’expression “Non ad sacerdotium sed ad ministerium (episcopi)”», in La Maison Dieu 249(2007), 53-70; D. Gonneaud, «Pour le quarantième anniversaire du rétablissement de l’ordo diaconal. Réflexions autour d’une maxime doctrinale», in Nouvelle revue theologique 126(2004), 555-566.
33 È significativo che la Commissione non accetti il modum 220, che proponeva di reinserire «episcopi» completando la citazione patristica.
34 Acta synodalia III/1 259-269.
35 Mi distacco nettamente da quanto affermato da K.-H. Menke, «Die triadische Struktur des Ordo und die Frage nach einem Diakonat der Frau», in Theologie und Philosophie 88(2013), 340-371; cf. le osservazioni di A. Grillo, «Le “intenzioni del Vaticano II” e il diaconato femminile: paradossi e paralogismi nel dibattito recente», in S. Noceti (a cura di), Diacone. Quale ministero per quale Chiesa?, EDB, Bologna 2017, 89-115.
36 Cf. S. Noceti, «“Iam ab antiquo”: la strutturazione tripartita del ministero ordinato nella Lumen gentium», in Vivens homo 11 (2000), 59-89; T. Citrini, «Gradi del sacramento dell’ordine?», in M. Qualizza (a cura di), Il ministero ordinato. Nodi teologici e prassi ecclesiali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, 243-264.
37 Cf. K. Armbruster, M. Mühl (a cura di), Bereit wozu? Geweiht für was? Zur Diskussion um den ständigen Diakonat, Herder, Freiburg - Wien 2009; A. Borras, B. Pottier, La grazia del diaconato, Cittadella, Assisi 2005; A. Borras, Il diaconato vittima della sua novità?, EDB, Bologna 2008; A. Haquin, P. Weber (a cura di), Diaconat, XXIe siècle. Actes du Colloque de Louvain-la-Neuve (13-15 septembre 1994), Lumen Vitae, Bruxelles 1997; M. Rojas Picado, «Le diaconat du concile Vatican II et celui de nos pratiques actuelles», in La Maison Dieu (2007) 249, 71-87.
38 Cf. W. Kasper, La collaborazione tra uomini e donne nella Chiesa, in Regno-doc. 5,2013,166-175.
39 Ho articolato più ampiamente la mia proposta in «Il ministero dei diaconi tra teologia ed esperienze pastorali», in A. Castegnaro, M. Chilese (a cura di), Uomini che servono. Diaconi della diocesi di Padova, Messaggero, Padova 2015, 229-256.