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Attualità
Attualità, 10/2019, 15/05/2019, pag. 283

Altro che nonviolenti!

I cattolici e la retorica sull’«inutile strage» nel Primo conflitto mondiale

Daniele Menozzi

Il quinquennio 2014-2018 è stato scandito dalla celebrazione del centenario dei più salienti eventi verificatisi nella Grande guerra. Sul piano religioso quelle celebrazioni sono spesso state l’occasione per diffondere una presentazione complessiva del primo conflitto mondiale come «inutile strage». Ne è stato vettore il fatto che papa Francesco ha più volte fatto ricorso a questa espressione per caratterizzare ogni scontro bellico. Probabilmente intendeva in tal modo rafforzare la svolta da lui impressa alla trattazione teologica del tema: il Vangelo esige che verso i conflitti armati i credenti adottino il metodo della non-violenza (che non vuol ovviamente dire passiva acquiescenza alla violenza bellica).

 

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Quella di «papa populista» è una critica che è stata rivolta a Francesco, soprattutto a partire da un insistente richiamo al popolo, in primo luogo sotto il profilo ecclesiologico ma con inevitabili risvolti politici, e poi anche a partire dalle sue radici latinoamericane e più nello specifico argentine. Ma su questo punto nella riflessione di papa Bergoglio si registra un progressivo approfondimento, che ha portato Francesco a superare una concezione «neutra» del termine, fino a identificare chiaramente il populismo come una strumentalizzazione della volontà popolare a scopi di potere personale.

La contrapposizione tra «popolo» e «populismo» costituisce l’esito di un percorso che si snoda nel corso dei dodici anni in cui Bergoglio ha svolto il suo servizio petrino. Ricostruirne, sia pure per sommi capi, le tappe consente di cogliere una dinamica interna al pontificato di Francesco ed eliminare un’ombra che pesa nell’interpretazione del suo esercizio del ministero papale.