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Attualità
Attualità, 4/2013, 15/02/2013, pag. 105

Dibattito - La rinuncia di Benedetto XVI: un papato paolino. Riflessione esegetica 2Cor 12,10

T. Söding
Il papa è il successore di Pietro. Questo è il suo titolo ufficiale. Al suo ingresso nella basilica vaticana si canta: «tu es Petrus». Come vescovo di Roma detiene però anche la successione di Paolo. Pietro e Paolo formano un’unità. Pietro è colui che con le chiavi ha la potestà ecclesiale di sciogliere e legare, d’esercitare il diritto e il potere. Paolo è invece colui che con il libro e la spada simboleggia l’autorevolezza della Parola, la critica e l’intelletto, la verità del Vangelo e la libertà della fede, la mistica dell’amore di Dio e il sacramento della salvezza. Diversamente dai suoi tre predecessori, Benedetto XVI non ha preso il nome dell’apostolo delle genti. Ha però esercitato il suo ministero con un’impronta paolina più spiccata di quanto non sia stata la loro. È emblematico che nel 2008 abbia indetto un anno paolino. Più importante è però lo stile paolino del suo pontificato. L’intuizione di fondo di Paolo è quella di guidare grazie all’insegnamento. È l’orientamento di fondo che Benedetto ha fatto proprio. Non ha battuto il pugno sul tavolo, ma ha retto la Chiesa con i guanti di velluto. Non ha mai del tutto dismesso le vesti di colui che insegna. Ci ha tenuto a sottolineare che il vescovo è anzitutto un maestro.

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