Attualità, 16/2012, 15/09/2012, pag. 575
In memoria del card. Martini e della sua libertà di parola
«L'unico che non ci ha fatto la predica è stato il card. Martini», dissero due dei miei figli che nell’agosto 1993 partecipavano alla Giornata mondiale della gioventù di Denver (Stati Uniti). È con lo sguardo distaccato dei figli, ovvero della gente interessata alla fede ma non alle diatribe ecclesiastiche, che qui voglio ricordare Martini in questi giorni dopo la sua morte che attraverso con trepidazione. Non mi considero un martiniano, pur avendogli voluto bene, e ritengo una perdita per tutti ridurne l’eredità alla disputa sulle riforme. La trepidazione che dicevo non è legata a quella disputa ma a una sua affermazione di pochi mesi addietro, quando confidò in risposta a un lettore del Corsera che non vi sono «rimedi facili» alla paura della morte, che il cristiano è chiamato ad affrontare nel «totale abbandono di sé che costituisce la sostanza della fede».
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