Attualità, 20/2011, 15/11/2011, pag. 719
«Ero in attesa di trapianto e mi avete donato il vostro corpo». Il Giudizio nell'era globale
L'idea di riscrivere la parabola del Giudizio di Matteo 25 mi è venuta dal racconto di una rifugiata etiope: «Arrivai a Lampedusa e riaprii gli occhi. Li avevo chiusi all’inizio della traversata due giorni prima. Vidi una donna che mi porgeva una coperta. Avevo una profonda ferita alla gamba che mi ero procurata in carcere, mi medicavano, mi disinfettavano, mi davano da bere, mi parlavano dolcemente e anche se non capivo nulla di ciò che mi dicevano, pensai: questo è il paradiso» (CENTRO ASTALLI, Terre senza promesse, Avagliano Editore, Roma 2011). L’idea era questa: di aggiornare all’era globale la parabola delle pecore e delle capre: «Ero un rifugiato senza documenti e mi avete accolto». Di applicare – intendo – quelle parole di Gesù a ciò che avviene ai nostri giorni. Mi è parso un buon esercizio perché quelle sono parole straordinarie, tra le più efficaci che siano risuonate sulla Terra e perché ciò che ne è venuto è il meglio della nostra umanità, che non avremmo conosciuto senza di esse.
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