Attualità, 16/2010, 15/09/2010, pag. 510
Nuovi teologi ortodossi: audacia responsabile
Nel 1936 si celebrò all’Università di Atene un incontro internazionale sull’avvenire della teologia ortodossa, rimasto celebre per il pressante invito di p. Florovsky a liberarsi dalla propria «cattività babilonese». Con questo intendeva svincolarsi dalle influenze latine subite a Kiev, all’inizio nel XVIII secolo, quando vi si insegnava in quella lingua; e anche dall’idealismo tedesco, distillato nel XIX secolo dietro il paravento di una «filosofia religiosa russa» che, per Florovsky, non era né russa né ortodossa! Per sfuggire a questa «pseudomorfosi», – espressione che fece
fortuna – la teologia doveva «ritornare ai Padri», senza ripeterli, e darsi come compito di elaborare una «sintesi neopatristica». Ma 74 anni più tardi un nuovo incontro dello stesso tipo, avvenuto nel giugno scorso, questa volta a Volos, a metà strada fra Atene e Tessalonica, intende prendere le distanze in rapporto alla sintesi neopatristica che, a parere di numerosi partecipanti, avrebbe impedito, certo involontariamente, all’ortodossia di applicarsi alle questioni contemporanee e di contribuire alla loro discussione.
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