P.-H. Kolvenbach, A. Dall'Asta
C’è un sorgivo legame tra la Compagnia di Gesù e l’arte, tendente a negare che tra Parola e immagine via sia contrapposizione, e a ricercare una possibile integrazione e complementarietà. Fin da Ignazio di Loyola si può parlare di una riflessione sull’immagine e sulla sua valenza simbolica, sulla sua possibilità di interrogare la vita del credente, sulla sua capacità di porsi come luogo di «rivelazione» tra Dio e il fedele. La Compagnia ha aiutato certamente a portare a compimento anche mediante l’articolazione di un preciso programma iconografico – come accadde nel barocco – le diverse componenti teologiche, antropologiche e politiche di epoche diverse.
Lo studio di p. Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù, ripercorre lo sviluppo del rapporto tra la Compagnia e l’arte.
La riflessione si allarga con il testo di Piero Stefani anche al rapporto tra arte, scienza e fede, proprio a partire dal ruolo teologico e culturale svolto dai gesuiti. Ne è un esempio, attraverso l’elaborazione del concetto di «apparenza reale», lo sviluppo dell’adorazione eucaristica.
Studio del mese, 15/01/2006, pag. 56