Cina-Colloquio europeo dei cattolici: la Chiesa affidata ai giovani

La crescita economica della Cina continua a passo sostenuto. Nell’ottobre 2001 la riunione della Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) si è tenuta a Shangai, e l’11 dicembre la Repubblica popolare cinese è ufficialmente entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Per uno stato che, come la nuova Cina, ambisce ad adeguarsi agli standard internazionali per raggiungere un elevato status e coronare con l’ammissione nei più importanti circuiti politici, economici e finanziari il passaggio all’«economia socialista di mercato», avviato nel 1993, rimangono ancora alcune contraddizioni interne da superare, pena il rischio di ulteriori forti squilibri sociali, come quelli che sinora tutte le sue grandi riforme hanno causato. Quello dei diritti umani (cf. Regno-att. 2,1996,50), e del diritto alla libertà religiosa tra essi, costituisce ancora uno dei temi più urgenti per l’agenda delle riforme da avviare. Recenti segnali (cf. Regno-att. 8,2002,272) sembrano in effetti indicare nel governo, soprattutto nel presidente Jiang Zemin, una maggiore consapevolezza del ruolo della religione, ma anche il permanere di opposizioni ideologiche da parte di alcuni settori ed esponenti del Partito comunista cinese, in un quadro in profonda evoluzione: un gran numero di vescovi della Chiesa ufficiale è riconciliato con Roma; la spaccatura tra Chiesa «patriottica» e Chiesa «sotterranea» si è ridotta; la Chiesa cattolica conosce un sorprendente progresso numerico; la Santa Sede ha moltiplicato negli ultimi tempi i segnali d’apertura e disponibilità al dialogo (cf. Regno-att. 20,2001,671; Regno-doc. 21,2002,681). Il primo passo necessario è un’ampia operazione culturale per elaborare un linguaggio comune sul quale intendersi.