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Attualità
Attualità, 2/2003, 15/01/2003, pag. 61

Caritas italiana: obiezione di coscienza, un'esperienza ecclesiale

V. Nozza
Un’esperienza di formazione umana, sociale ed ecclesiale; un servizio accanto ai più poveri ed emarginati della società; l’espressione di una visione più ampia e integrata di difesa e servizio alla patria. Questo è stato il servizio civile – basato sulla scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio –, avviato dalla Caritas italiana in collaborazione con altre realtà dell’associazionismo cattolico fin dal 1972, anno in cui veniva approvata la legge che riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza e introduceva il servizio civile come alternativa al servizio militare per coloro che fossero in coscienza contrari in ogni circostanza all’uso delle armi. La sostanziale novità introdotta dalla sospensione dell’obbligo di leva – con la legge 331/2000, che riserva l’obbligatorietà della coscrizione alla dichiarazione dello stato di guerra e a gravi crisi internazionali – modifica profondamente anche il contesto in cui si svolgerà d’ora in poi il servizio civile, che sarà volontario, come quello militare (legge 64/2001). La ricorrenza dei trent’anni di obiezione di coscienza ha dato alla Caritas italiana l’occasione per un bilancio del cammino compiuto, ma anche per riflettere sulle prospettive future. È una riflessione complessivamente critica, non autocelebrativa. Entrambe le questioni sono affrontate in questo dossier da mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana: il fattore determinante e qualificante del progetto specifico della Chiesa italiana per il futuro dell’obiezione di coscienza e del nuovo servizio civile volontario riguarda la proposta educativa in relazione alla pace e alla non violenza.

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