J.-L. Marion
L'incanto dei sensi, la passione degli affetti, lo slancio dell'amore, sono ciò che configura l'orizzonte luminoso del desiderio che abita nel cuore di ogni donna e ogni uomo. Eppure, nella loro immediatezza, essi portano con sé l'ombra di un'ingannevole ambiguità. Le parole e i gesti che ne sono la realizzazione e l'espressione più folgorante possono essere, al tempo stesso, le forme di un dominio e di una violenza sull'attesa di tenerezza e sulla disponibilità di donazione dell'altro. Per amore si vive, ma per amore si uccide anche. Per l'amore, per godere della sua bellezza bisogna attraversarne tutta l'ambiguità che lo abita.
Queste pagine di Jean-Luc Marion, tra gli esponenti maggiori della fenomenologia francese contemporanea, si fanno carico di mostrare all'immediatezza del sentimento l'ambivalenza delle parole e dei segni che costruiscono la relazione amorosa. Nel gioco sottile dell'affermazione dell'amore, s'iscrive – paradossalmente – una presa di distanza che impone all'altro di esporsi nei suoi affetti esattamente in quello spazio da cui noi ci siamo ritratti e che non copriamo col nostro amore. Quasi che sia il silenzio del lasciarsi rapire in questo spazio lasciato vuoto a dare realmente corpo alla parola dell'altro che ci attrae inesorabilmente: «Ti amo».
Il percorso che attraversa questa zona d'ombra dell'amore, lascia pian piano emergere la qualità religiosa del linguaggio dei sensi aprendolo sullo sfondo di una relazione mistica con Dio iscritta nel rapimento della parola d'amore e nella godibilità dell'esperienza del corpo.
Studio del mese, 15/04/2002, pag. 277