Caritas Europa
La fotografia della povertà in Europa registra una situazione di profonda diseguaglianza: tra aree geopolitiche (i paesi dell'Unione Europea, i paesi che hanno fatto richiesta di entrare nella UE, quelli appartenenti all'ex Unione sovietica); tra diversi livelli di cittadinanza (immigrati e cittadini residenti); tra generi (donne e uomini). Ma anche di forti carenze di politiche sociali a livello governativo. Il I Rapporto sulla povertà in Europa, curato da Caritas Europa - uno dei sette organismi regionali di Caritas Internationalis – che riunisce 43 Caritas a livello europeo - elabora informazioni raccolte dalla Banca mondiale nonché dati raccolti di prima mano nelle singole nazioni. Presentato l'8 febbraio scorso, il Rapporto è la prima iniziativa di questo genere e verrà inviato a tutte le istituzioni europee e ai singoli governi. Si propone di essere una base di documentazione annuale per un'azione di pressione politica in tutti i paesi membro dell'Unione e in quei paesi che si candidano a entrarvi.
A tale proposito è stato inviato un delegato al Consiglio europeo di Barcellona (15 marzo), incentrato sul tema dell'occupazione e della formazione. A partire da quanto emerso al Consiglio, Caritas Europa stilerà un documento politico da indirizzare alle istituzioni europee, contenente pareri e indicazioni sui temi della lotta alla povertà. Sempre in questo mese partirà anche il primo progetto di azione a livello europeo ideato dalla Caritas diocesana di Colonia e finanziato dalla Commissione europea; un progetto realizzato con le Caritas di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Austria e Belgio e mirato al reinserimento lavorativo dei disoccupati più anziani.
Che cosa s'intende per povertà? Caritas Europa ha scelto una definizione di tipo olistico, che considera la povertà in una prospettiva multidimensionale, sulla scorta della politica di sviluppo perseguita dall'Unione Europea. «La povertà non è semplicemente definita come la mancanza di guadagni o di risorse finanziarie ma comprende anche il concetto di vulnerabilità e altri fattori come la mancanza di accesso a una alimentazione adeguata, all'istruzione e al sistema sanitario, alle risorse naturali e all'acqua potabile, al territorio, all'occupazione e alle agevolazioni creditizie, all'informazione e all'impegno politico, ai servizi e alle infrastrutture. Tutti questi elementi sono necessari per far sì che chi è svantaggiato possa acquisire il controllo del proprio sviluppo, possa godere di pari opportunità e vivere in un ambiente più sicuro» (The EU's Development Policy - Statement by the Council and the Commission, 31.1.2001).
I paesi considerati dal Rapporto sono stati raggruppati in tre categorie: i membri dell'Unione europea, unitamente ai paesi più ricchi dell'Europa occidentale; i paesi che hanno chiesto di entrare nella UE; e i paesi che attualmente non ne hanno fatto richiesta. Accanto a questo esame condotto attraverso la comparazione per aree, il Rapporto ha approfondito anche i dati paese per paese. Questo metodo pone una graduatoria in base al reddito dei paesi considerati, ma si rivela uno strumento interessante poiché gli indicatori delle diseguaglianze li attraversano invece in maniera trasversale. L'Italia infatti con il 14,2% e l'Inghilterra con il 13,4% registrano il tasso più elevato di popolazione che vive in condizioni di povertà; mentre all'estremo opposto troviamo il Belgio e la Finlandia.
Oppure il tasso di analfabetismo che per la classe d'età tra i 16 e i 65 anni è al 48% in Portogallo, ben lontano dal 15,7% della Repubblica Ceca; in Ungheria è del 33,8%, in Polonia il 42,6% e in Slovenia il 42,2%. O anche la «femminilizzazione» della povertà: nell'UE le donne guadagnano il 51,8% degli stipendi degli uomini tra il 71,5% della Gran Bretagna e il 27% di Malta.
Non potendo riprodurre integralmente il rapporto(data la sua mole), ma ritenendo utile offrire ai nostri lettori una sintesi della ricerca, abbiamo scelto di pubblicare la prima parte del Rapporto unitamente alle sue conclusioni («Raccomandazioni») operative. Nel mentre l'Unione europea si accinge anche attraverso l'avvio della Convenzione (28 febbraio), a compiere un ulteriore significativo passo verso il processo di allargamento politico-economico e di integrazione istituzionale, ci è sembrato doveroso sottolineare, fuori da ogni retorica, il grado di difficoltà e le sfide che anche da un punto di vista umano e sociale attendono la casa europea (Red.).
Studio del mese, 15/03/2002, pag. 201