E. Rossi
Si può parlare e in che termini (al presente e per il futuro) di una Costituzione europea? Il presente dossier analizza le posizioni giuridiche, politiche e culturali del dibattito, giunto a un punto decisivo e tuttavia quanto mai incerto negli esiti. Si scontrano infatti problemi teorici con aspetti di natura politica. A chi sostiene che l’Europa ha già una Costituzione, in quanto esiste un ordinamento giuridico retto da un atto fondativo, separato e distinto dagli stati, costituito dai diversi trattati comunitari, altri, al contrario, motiva che una Costituzione è un tratto distintivo di soggetti collettivi dotati di autonomia e di autorità e la Comunità europea non è né l’uno né l’altro. I suoi trattati le derivano da terzi, ed essa non ha competenza sulla propria competenza. Si può parlare di un costituente processo materiale, non ancora di Costituzione formale.
Da un punto di vista político, chi invoca un processo di rifondazione dell’Europa, trasferendo i poteri istituzionali attuali e una parte ulteriore, attualmente prerogativa degli stati, al Parlamento e alla Commissione europea quale organo di governo, deve superare l’opposizione di chi chiede continuità con la politica dei piccoli passi. Alcune dinamiche sono in atto: il processo di unificazione giuridica; la tendenza espansionistica delle componenti comunitarie, e con essa un sistema di fatto sempre più scompensato e disomogeneo negli assetti reali di potere. Due gli elementi acquisiti sul piano della necessità, quale che sia la forma giuridica che riceveranno: un ripensamento della forma di governo comunitario, che garantisca un maggiore livello di democrazia costituzionale; e la necessità di un catalogo dei diritti fondamentali da riconoscere all’interno della comunità. Su questo aspetto in particolare va segnalto l’impegno delle Chiese
Studio del mese, 15/07/2000, pag. 486