Attualità, 8/1996, 15/04/1996, pag. 216
Algeria: debolezza come missione
Le elezioni presidenziali del 16 novembre hanno segnato una tappa importante e insperata per i nostri vicini come per tutto il paese. Questa larga partecipazione al voto è stata innanzitutto una parola libera e coraggiosa di tutto un popolo: rifiuto pacifico della violenza da qualsiasi parte provenga, desiderio maggioritario di avanzare verso una vera democrazia attraverso nuove vie; testimonianza sotto i nostri occhi di un'identità algerina che cerca se stessa e matura, in particolare rispetto all'islam. Non è forse questo un primo passo, fragile ma reale, verso un avvenire riconciliato di giustizia e pace per tutti? La nostra presenza laboriosa e la nostra preghiera silenziosa vogliono essere un accompagnamento nella prova, che continua, come nella speranza.
Sono riflessioni tratte dal bollettino del monastero di No\^tre Dame de l'Atlas presso il quale abitavano i sette monaci trappisti rapiti nella notte tra il 26 e il 27 marzo scorso dal Gruppo armato islamico (GIA), il braccio armato del Fronte islamico di salvezza (FIS). Il monastero si trova a Tibhirine, vicino alla città di Lemdiyya (Médéa), a ottanta chilometri a sud-ovest di Algeri. Arroccato in cima alle montagne esso segna il confine tra la zona d'influenza dell'esercito nazionale a quella dei guerriglieri islamici che di Lemdiyya volevano fare la capitale del proprio "governo del califfato".
La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.