Giocando un po’ sulle parole, si potrebbe dire che persino il comunicato con cui la Santa Sede, il 16 marzo scorso, ha riferito di un lungo incontro tra il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Levada, e il superiore della Fraternità sacerdotale San Pio X (FSSPX), mons. Fellay, cambia di segno a seconda che gli venga applicata un’ermeneutica «della continuità» o «della rottura». Il comunicato spiega infatti che a mons. Fellay è stata consegnata una lettera in cui «si fa presente che la posizione da lui espressa» nella risposta al preambolo dottrinale ricevuto lo scorso settembre (cf. Regno-att. 2,2012,20 e 4,2012,80) «non è sufficiente», secondo un giudizio condiviso dallo stesso Benedetto XVI, «a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità».
Hanno destato molta attenzione, soprattutto in Italia (dove si
sono guadagnate una trentina di titoli di giornali e telegiornali)
queste parole che Benedetto XVI ha pronunciato il 6 ottobre
scorso: nel contesto di una meditazione sul salmo 118 rivolta al Sinodo
dei vescovi, appena riunitosi a Roma, ha alluso alla grande
crisi dei mercati finanziari in atto negli Stati Uniti e nel resto del
mondo, assumendola a riprova della vanità di ogni realtà materiale
a fronte della parola di Dio.