Affrontare la questione della terra promessa «in un Medio Oriente pieno di tensioni è difficile: musulmani, cristiani cattolici medio-orientali e altre Chiese cristiane, e naturalmente il popolo ebraico, sono tutti coinvolti nella questione... Alla luce della politica, la questione teologica potrebbe meritarsi un altolà. Ma la teologia non dovrebbe essere ostaggio della politica, bensì della rivelazione di Dio». Il dialogo ebraico-cristiano dopo il concilio Vaticano II e la dichiarazione Nostra aetate ha fatto molti progressi, tuttavia vi sono alcuni temi che, pur imprescindibili, sono particolarmente difficili da affrontare a causa delle loro implicazioni politiche, oltre che teologiche. Uno di questi è la questione della «terra promessa». Lo ha voluto comunque affrontare il Centro «Cardinal Bea» per gli studi giudaici della Pontificia università gregoriana, insieme all’Istituto tomista della Pontificia università San Tommaso d’Aquino, il 5 aprile in una conferenza su «Prospettive cattoliche ed ebraiche sulla promessa della terra e il suo significato contemporaneo».
In essa sono intervenuti il prof. Gavin D’Costa (Università di Bristol), con una riflessione su «Per un’affermazione teologica cattolica di Israele», e il rabbino David Rosen (Comitato ebraico americano) con un discorso su «Una prospettiva ebraica sulla promessa della terra e il suo significato contemporaneo».
Originale in nostro possesso. Nostra traduzione dall’inglese.
Anche «noi prendiamo parte al Cammino sinodale, ma siamo sempre più convinti che esso non possa portare al traguardo sui binari finora seguiti»; infatti un «buon cammino sinodale» va percorso «con l’intera Chiesa e nell’intera Chiesa». Lo scrive il vescovo di Regensburg mons. Rudolf Voderholzer, presentando il 3 settembre scorso, a nome di «membri dell’Assemblea sinodale» riunitisi in «gruppo», un sito in quattro lingue, «Contributi sinodali», che promette «testi alternativi, commentari e prese di posizione vaticane sui temi e sui forum del Cammino sinodale» tedesco, fondati «sul “sano insegnamento”». Essi sono stati «introdotti nel cammino sinodale. Tuttavia, in considerazione dei rapporti di maggioranza vigenti nel progetto, essi non sono stati e continuano a non essere tenuti in considerazione».
Il primo di tali contributi sinodali, intitolato Potestà e responsabilità. Tesi per una riforma della Chiesa e datato 24 agosto, è firmato da M. Schlosser (Premio Ratzinger 2018), A. Oehler, F. Wörner (vescovo ausiliare di Augsburg), W. Picken. Esso afferma che, se l’«abuso di potere» ha causato una «perdita di fiducia nella Chiesa come istituzione», essa può «avviare i miglioramenti necessari» solo «sulla base di ciò che secondo la fede cattolica la costituisce per sua natura», cioè riscoprendo «ciò che essa è in vista di Cristo».
Dirò qualche parola (…) al fine di far sì che Luciano Gherardi sia ricordato (…) come penso possa aver desiderato essere ricordato: non come una figura di eccezione ma come un uomo comune, e dunque un presbitero comune (…) Uomo del concilio Vaticano II e (…) uomo del Concilio rispetto a un altro concilio: al tridentino, di cui visse gli esiti estremi e ancora per un poco vitali negli anni della sua formazione (…)
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