«In ascolto delle Scritture e nel discernimento dei “segni dei tempi” riteniamo che, per rimanere fedeli all’Evangelo di Cristo, sia ormai improrogabile porre nella Chiesa chiari segnali di maggiore apertura affinché le donne, al pari degli uomini, abbiano un più largo accesso sia a ministeri sia a competenze decisionali». In particolare «proponiamo, anche in considerazione di alcuni precedenti nella comune tradizione, il servizio di donne quali presidenti di comunità, il conferimento a esse di altri ministeri e la pratica della loro ordinazione al diaconato».
Sono tra le affermazioni del documento Donne e Chiese: carismi e ministeri tra discriminazione e uguaglianza, elaborato dal Gruppo teologico del Segretariato attività ecumeniche (SAE) e qui pubblicato in esclusiva. Il Gruppo presenta il testo «come espressione di una ricerca teologica condivisa, animata dalla fede personale, che, sebbene confessionalmente caratterizzata, non impegna le rispettive Chiese di appartenenza» (cf. riquadro a p. 49).
Nell’ultimo decennio il Gruppo teologico del SAE, in diverse formazioni, ha studiato Il riconoscimento reciproco del battesimo (Regno-doc. 5,2005,183); Eucaristia e accoglienza reciproca (Regno-doc. 15,2008,501); Spirito Santo e Chiesa (Studi ecumenici 30[2012], 544); L’autorità nella Chiesa in prospettiva ecumenica (Regno-doc. 13,2018,434). Al tema della donna nella Chiesa era dedicato uno studio del 1988 (Regno-doc. 1,1988,48).
«L’espressione “conversione di san Paolo” risulta impropria in base alla testimonianza di Paolo stesso. Inoltre essa può ingenerare l’errata convinzione che Paolo si sia convertito in quanto ha cessato di essere ebreo per diventare cristiano. Non è così; in seguito a una chiamata, che ricorda quella dei profeti (specie Geremia), Paolo è diventato infatti non già un cristiano bensì un ebreo credente in Gesù Cristo».
A partire da queste considerazioni l’Assemblea ordinaria del Segretariato attività ecumeniche (SAE), nella seduta svoltasi presso i locali della Facoltà avventista di Teologia a Firenze il 24 aprile 2022, ha pubblicato una petizione chiedendo al Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti di «modificare ufficialmente la denominazione “Festa della conversione di san Paolo” in “Festa della vocazione di san Paolo”».
«Inoltre la parola “conversione”, facilmente fraintendibile, può indurre ad auspicare una forma di proselitismo nei confronti degli ebrei; prassi un tempo tenacemente perseguita con metodi quasi sempre riprovevoli, ma oggi apertamente e ufficialmente respinta: “La Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei”».
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