Una volta divenuto arcivescovo di Milano, non avendo più tempo da dedicare alla lettura di libri di teologia e Scrittura, il cardinale Martini si limitava in tarda serata a sfogliarli avidamente, a consultarne l’indice e darne una veloce scorsa alle note.
È un declino che procede lento: ecco in sintesi il nucleo della ricerca presentata a Camaldoli lo scorso 6 ottobre, che costituisce una seconda tappa e utile metro comparativo rispetto a quella del 2009 (cf. Regno-att. 10,2010,337). Diminuisce la percentuale di chi si dichiara cattolico (ma sono comunque 3 italiani su 4). Aumenta viceversa di quasi 10 punti chi si definisce non credente o ateo (1 italiano su 6). Diminuiscono di 10 punti gli italiani che vanno a messa ogni domenica e di poco meno coloro che ci vanno qualche volta al mese. Aumentano invece di 18 punti coloro che non vi partecipano mai. Cala la partecipazione dei nonni (un effetto delle celebrazioni digitali del tempo del COVID?), anche se continuano a essere la catena di trasmissione della fede alle giovani generazioni, sempre più lontane. Si secolarizzano le donne, da sempre la categoria più rappresentata nell’ambito religioso. Per quanto poi riguarda la partecipazione alla vita politica, se occorre sottolineare che più si è cattolici e praticanti più si va a votare, per quanto riguarda la scelta elettorale, si può dire con sicurezza che non esiste un voto cattolico.
La miniera letteraria lasciata in eredità dal card. Martini consente di riproporre raccolte di suoi interventi che colpiscono per freschezza e lucidità a decenni di distanza dalla loro comparsa. Un’eccellente riprova è suffragata dal presente volume, che raccoglie alcuni contributi dell’indimenticato pastore della Chiesa milanese. Al riguardo, merita soffermarsi su due testi.
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