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Documenti, 3/2009

Con coraggio e chiarezza. Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede

Benedetto XVI
«Per costruire la pace bisogna dare speranza ai poveri». L’appello lanciato da Benedetto XVI di fronte ai rappresentanti del corpo diplomatico riunitosi per i tradizionali auguri di buon anno, si è legato strettamente al messaggio per la XLII Giornata mondiale della pace (Regno-doc. 1,2009,1), distinguendosene per una maggiore urgenza strategica suggerita dalle numerose crisi nazionali e internazionali abbracciate dalle parole del papa. E poiché «in questa delicata fase della storia umana, segnata da incertezze e dubbi, molti si aspettano che la Chiesa svolga con coraggio e chiarezza la sua missione di evangelizzazione e la sua opera di promozione umana», il messaggio di Benedetto è sceso nell’attualità e ha richiamato direttamente alle proprie responsabilità i singoli popoli e i singoli cittadini, con particolare riferimento alla crisi di Gaza nel contesto della più ampia questione mediorientale (cf. in questo numero a p. 102), per la quale ha auspicato, «in occasione della scadenze elettorali cruciali, che ... emergano dirigenti capaci di ... guidare i loro popoli verso la difficile ma indispensabile riconciliazione».

La remissione della scomunica. Benedetto XVI, Santa Sede, Fraternità San Pio X, vescovi

Benedetto XVI, G. Re, B. Fellay, J. Ricard, vescovi francesi, tedeschi, svizzeri
La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è con dizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73).

La remissione della scomunica. Richiesta accolta con fiducia

Santa Sede
La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è con dizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73).

Cinquant'anni or sono

Benedetto XVI
Il giorno successivo alla pubblicazione della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, Benedetto XVI ha presieduto nella basilica di San Paolo fuori le Mura la celebrazione dei vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La seconda parte dell’omelia, che qui pubblichiamo, è stata dedicata al 50° dell’annuncio del concilio Vaticano II, e al fondamentale contributo che «da quella provvida decisione» derivò «anche all’ecumenismo» (www.vatican.va).

La remissione della scomunica. Un gesto coraggioso, una solida restaurazione. Fraternità San Pio X

B. Fellay
La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è con dizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73).

La remissione della scomunica. Le reazioni dei vescovi (Francia, Germania, Svizzera)

J.P. Ricard, Vescovi della Francia, R. Zollitsch, H. Mussinghoff, K. Koch
La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è con dizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73).

Le parole di Williamson

Nel corso di un’intervista televisiva rilasciata lo scorso novembre e andata in onda sulla televisione pubblica svedese SVT lo scorso 21 gennaio Richard Williamson, uno dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X a cui è stata rimessa il 24 gennaio la scomunica, ha risposto in senso inequivocabilmente negazionista ad alcune domande riguardanti la Shoah. Ecco la trascrizione dei brani più significativi dell’intervista (La Repubblica, 28.1.2009, 5).

La remissione della scomunica. La via verso l'unità. Benedetto XVI all'udienza generale

Benedetto XVI
La remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale di San Pio X ricompone l’unità cattolica con il movimento lefebvriano e avvia il processo di comunione piena. Il papa, Benedetto XVI, ha commentato la decisione così: «Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa…». Nella risposta di mons. Bernard Fellay si afferma che «la Tradizione cattolica non è più scomunicata» e si confermano «le riserve a proposito del Vaticano II». Riserve che i vescovi svizzeri, tedeschi e francesi rifiutano: «In nessun caso il concilio Vaticano II sarà negoziabile». Come precisa una nota della Segreteria di stato: per un futuro riconoscimento della Fraternità «è con dizione indispensabile il pieno riconoscimento del concilio Vaticano II» (n. 2). In riquadro i testi relativi alle posizioni negazioniste del vescovo lefebvriano R. Williamson (pp. 72-73).

Con grande afflizione

Giovanni Paolo II, Congr. per i vescovi, Pont. cons. per i testi legislativi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.

Con grande afflizione. La scomunica del 1988. Decreto

Congregazione per i vescovi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.

Con grande afflizione. Ecclesia Dei. Motu proprio di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.

Con grande afflizione. Interpretazione autorevole. Risposta

Congregazione per i vescovi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.

Con grande afflizione. Indole scismatica. Nota

Pont. cons. per l'interpretazione dei testi legislativi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.

Finanza, crisi, sviluppo. Nota del Pontificio consiglio della giustizia e della pace

Pontificio consiglio della giustizia e della pace
«La dimensione etica dell’economia e della finanza non è un qualcosa di accessorio, ma di essenziale ... se s’intende perseguire dinamiche economiche e finanziarie corrette, lungimiranti e feconde di progresso». È ciò che afferma la nota Finanziamento e sviluppo alla vigilia della conferenza promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a Doha (29.11- 2.12.2008; cf. qui a p. 85), elaborata dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace e approvata dalla Segreteria di stato. Il documento vuole offrire alcuni spunti di riflessione sulla crisi finanziaria mondiale e sulle sue ripercussioni sul finanziamento allo sviluppo: «In questa prospettiva, la dottrina sociale della Chiesa, con la ricca varietà dei suoi principi morali, può e deve dare un contributo di realismo e di speranza». Sono pertanto necessari: «un nuovo pat to per rifondare il sistema finanziario internazionale»; analizzare attentamente «la questione dei centri finanziari offshore e del nesso fra fi nan ziamento dello sviluppo e fiscalità»; una nuova regolamentazione del mercato finanziario; e una ridefinizione «del ruolo della società civile nel finanziamento dello sviluppo».

Il finanziamento allo sviluppo.

L. Truzzi
La Conferenza internazionale sul finanziamento allo sviluppo per il riesame del «Consenso di Monterrey», svoltasi a Doha (Qatar) dal 29 novembre al 2 dicembre, ha rappresentato il terzo summit del 2008 dedicato al finanziamento dell’aiuto pubblico allo sviluppo. In tale occasione, alla luce della nota Finanziamento e sviluppo del Pontificio consiglio della giustizia e della pace (riportata in queste pagine), il 1° dicembre è intervenuto mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

Per il bene comune. Mons. Forte ai politici e agli amministratori dell'arcidiocesi di Chieti-Vasto

B. Forte
«La situazione dell’Italia d’oggi mo stra con evidenza i tratti di un paese stanco e diviso. La stanchezza si profila non solo nei segni preoccupanti di recessione economica, nella perdita di competitività di molte delle nostre aziende, nella diffusa incapacità a elaborare e perseguire una progettualità di largo respiro, ma anche e soprattutto nella perdita di carica utopica, riscontrabile specialmente fra i giovani, nella penuria di speranza che si avverte tanto nella vita personale, quanto nell’impresa collettiva, nella disaffezione all’impegno politico». È il punto di partenza delle riflessioni che mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha indirizzato l’11 gennaio ai rappresentanti delle istituzioni, ai politici e agli amministratori della cosa pubblica, operanti sul territorio dell’arcidiocesi. Le riflessioni riprendono due suoi precedenti interventi pubblici: il primo richiama le qualità del cristiano nell’impegno politico al servizio della giustizia e della pace quali l’orizzonte ultimo, la necessità del giudizio morale, il bene comune come fine, la parola come mezzo, comunione e solidarietà, lo stile di vita, il primato della santità; e il secondo le priorità cui dedicarsi in vista del bene comune sul territorio abruzzese.

A tema l'educazione. Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI

Conferenza episcopale italiana
«Più di un membro del Consiglio permanente ha richiamato l’importanza di declinare il tema dell’educazione come oggetto specifico dell’azione ecclesiale, facendone non solo oggetto di approfondimento nella prossima Assemblea Generale, che si terrà a Roma dal 25 al 29 maggio, ma anche l’asse intorno a cui costruire il futuro cammino pastorale, destinato a orientare i progetti e le iniziative della Chiesa in Italia nel prossimo decennio». Al di là delle questioni contingenti – dal riferimento al recente Sinodo dei vescovi sulla parola di Dio, ai luoghi comuni mediatici che accreditano l’immagine di una «Chiesa dei no», fino alla riflessione sulle conseguenze sociali della crisi finanziaria, con l’ipotesi di un’iniziativa ecclesiale nazionale a sostegno delle famiglie – è questa la decisione più importante assunta dal Consiglio permanente della CEI, riunitosi a Roma dal 26 al 29 gennaio per la sessione invernale. Tra gli altri adempimenti, una nutrita serie di nomine nei vari organi, organismi e uffici.

Una vocazione responsabile. Le Chiese degli Stati Uniti al presidente Obama

F. card. George, C. Iosso, M. Kinnamon
«Fornire un contributo costruttivo e fondato su dei principi al dibattito nazionale sui valori e sulle politiche che configureranno il futuro della nostra nazione» è lo scopo che ha guidato le lettere inviate dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) e dal Consiglio nazionale della Chiese di Cristo degli Stati Uniti (NCC) al presidente eletto Barack Obama nell’imminenza del suo insediamento. Il card. Francis George ha chiaramente espresso quali siano le sfide nazionali e internazionali per le quali la Chiesa cattolica statunitense si impegna a collaborare «dissentendo rispettosamente e civilmente quando è necessario», approfondendo nella seconda lettera il tema non negoziabile a cui la prima missiva già dedicava una sezione: la difesa della «vita umana non ancora nata». Anche la «comunità di fede ecumenica» ha preso posizione di fronte alla «necessità di una ricostruzione sociale in patria e di un ristabilimento dell’onore all’estero» con un messaggio in uno spirito di fattiva collaborazione, camminando responsabilmente assieme al neo eletto presidente, nel solco del «Credo sociale del XXI secolo».

Una vocazione responsabile. In veste di pastori e maestri. Lettere della USCCB

F. card. George
«Fornire un contributo costruttivo e fondato su dei principi al dibattito nazionale sui valori e sulle politiche che configureranno il futuro della nostra nazione» è lo scopo che ha guidato le lettere inviate dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) e dal Consiglio nazionale della Chiese di Cristo degli Stati Uniti (NCC) al presidente eletto Barack Obama nell’imminenza del suo insediamento. Il card. Francis George ha chiaramente espresso quali siano le sfide nazionali e internazionali per le quali la Chiesa cattolica statunitense si impegna a collaborare «dissentendo rispettosamente e civilmente quando è necessario», approfondendo nella seconda lettera il tema non negoziabile a cui la prima missiva già dedicava una sezione: la difesa della «vita umana non ancora nata». Anche la «comunità di fede ecumenica» ha preso posizione di fronte alla «necessità di una ricostruzione sociale in patria e di un ristabilimento dell’onore all’estero» con un messaggio in uno spirito di fattiva collaborazione, camminando responsabilmente assieme al neo eletto presidente, nel solco del «Credo sociale del XXI secolo».

Una vocazione responsabile. Un lavoro solido e umile. Messaggio della NCC

C. Iosso, M. Kinnamon
«Fornire un contributo costruttivo e fondato su dei principi al dibattito nazionale sui valori e sulle politiche che configureranno il futuro della nostra nazione» è lo scopo che ha guidato le lettere inviate dalla Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) e dal Consiglio nazionale della Chiese di Cristo degli Stati Uniti (NCC) al presidente eletto Barack Obama nell’imminenza del suo insediamento. Il card. Francis George ha chiaramente espresso quali siano le sfide nazionali e internazionali per le quali la Chiesa cattolica statunitense si impegna a collaborare «dissentendo rispettosamente e civilmente quando è necessario», approfondendo nella seconda lettera il tema non negoziabile a cui la prima missiva già dedicava una sezione: la difesa della «vita umana non ancora nata». Anche la «comunità di fede ecumenica» ha preso posizione di fronte alla «necessità di una ricostruzione sociale in patria e di un ristabilimento dell’onore all’estero» con un messaggio in uno spirito di fattiva collaborazione, camminando responsabilmente assieme al neo eletto presidente, nel solco del «Credo sociale del XXI secolo».

Gaza: la pace è possibile. Tre appelli delle Chiese

F. Twal
L’operazione «Piombo fuso» dell’esercito israeliano, iniziata il 27 dicembre con massicci bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza e proseguita nelle settimane successive con operazioni di terra, ha sollevato reazioni accorate e appelli al cessate il fuoco da parte delle Chiese (cf. Regno-att. 2,2009,7). Presentia mo tre testi: il primo è la dichiarazione dei patriarchi e capi delle Chiese a Gerusalemme sulla situazione a Gaza; il secondo è il discorso di mons. Fouad Twal, nuovo patriarca latino di Gerusalemme, al Coor di namento delle conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa; e il terzo è il comunicato Fermate la violenza, cominciate a costruire la pace che lo stesso Coor dinamento ha diffuso al termine del suo annuale incontro (10-15.1.2009). Il fattore che accomuna i tre appelli è racchiuso in queste parole: «La fede ci dà la speranza che la giustizia, la pace e il perdono sono possibili». Nel riquadro alle pp. 104-105 riportiamo anche una lettera pubblicata il 4 gennaio da p. Manawel Musallam, parroco cattolico di rito latino di Gaza.

Gaza: la pace è possibile. Preoccupazione e turbamento. Dichiarazione delle Chiese di Gerusalemme

Patriarchi e capi Chiese di Gerusalemme
L’operazione «Piombo fuso» dell’esercito israeliano, iniziata il 27 dicembre con massicci bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza e proseguita nelle settimane successive con operazioni di terra, ha sollevato reazioni accorate e appelli al cessate il fuoco da parte delle Chiese (cf. Regno-att. 2,2009,7). Presentia mo tre testi: il primo è la dichiarazione dei patriarchi e capi delle Chiese a Gerusalemme sulla situazione a Gaza; il secondo è il discorso di mons. Fouad Twal, nuovo patriarca latino di Gerusalemme, al Coor di namento delle conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa; e il terzo è il comunicato Fermate la violenza, cominciate a costruire la pace che lo stesso Coor dinamento ha diffuso al termine del suo annuale incontro (10-15.1.2009). Il fattore che accomuna i tre appelli è racchiuso in queste parole: «La fede ci dà la speranza che la giustizia, la pace e il perdono sono possibili». Nel riquadro alle pp. 104-105 riportiamo anche una lettera pubblicata il 4 gennaio da p. Manawel Musallam, parroco cattolico di rito latino di Gaza.

Gaza: la pace è possibile. Amore, preghiera e solidarietà. Discorso di mons. Twal al Coordinamento

F. Twal
L’operazione «Piombo fuso» dell’esercito israeliano, iniziata il 27 dicembre con massicci bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza e proseguita nelle settimane successive con operazioni di terra, ha sollevato reazioni accorate e appelli al cessate il fuoco da parte delle Chiese (cf. Regno-att. 2,2009,7). Presentia mo tre testi: il primo è la dichiarazione dei patriarchi e capi delle Chiese a Gerusalemme sulla situazione a Gaza; il secondo è il discorso di mons. Fouad Twal, nuovo patriarca latino di Gerusalemme, al Coor di namento delle conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa; e il terzo è il comunicato Fermate la violenza, cominciate a costruire la pace che lo stesso Coor dinamento ha diffuso al termine del suo annuale incontro (10-15.1.2009). Il fattore che accomuna i tre appelli è racchiuso in queste parole: «La fede ci dà la speranza che la giustizia, la pace e il perdono sono possibili». Nel riquadro alle pp. 104-105 riportiamo anche una lettera pubblicata il 4 gennaio da p. Manawel Musallam, parroco cattolico di rito latino di Gaza.

Gaza: la pace è possibile. Fermate la violenza. Comunicato a sostegno della Chiesa in Terra santa

Coordinamento delle conferenze episcopali
L’operazione «Piombo fuso» dell’esercito israeliano, iniziata il 27 dicembre con massicci bombardamenti aerei sulla Striscia di Gaza e proseguita nelle settimane successive con operazioni di terra, ha sollevato reazioni accorate e appelli al cessate il fuoco da parte delle Chiese (cf. Regno-att. 2,2009,7). Presentia mo tre testi: il primo è la dichiarazione dei patriarchi e capi delle Chiese a Gerusalemme sulla situazione a Gaza; il secondo è il discorso di mons. Fouad Twal, nuovo patriarca latino di Gerusalemme, al Coor di namento delle conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa; e il terzo è il comunicato Fermate la violenza, cominciate a costruire la pace che lo stesso Coor dinamento ha diffuso al termine del suo annuale incontro (10-15.1.2009). Il fattore che accomuna i tre appelli è racchiuso in queste parole: «La fede ci dà la speranza che la giustizia, la pace e il perdono sono possibili». Nel riquadro alle pp. 104-105 riportiamo anche una lettera pubblicata il 4 gennaio da p. Manawel Musallam, parroco cattolico di rito latino di Gaza.

Dalla Chiesa di Dio a Gaza ai santi di Palestina e nel resto del mondo

M. Musallam
Questa lettera è stata pubblicata il 4 gennaio sul sito web www.lpj.org da p. Manawel Musallam, parroco cattolico di rito latino di Gaza e direttore della scuola cristiana Holy Family. È una testimoninzaa del dramma del popolo palestinese, vittima del conflitto fra l’esercito israeliano e i miliziani di Hamas.

Cambiamento climatico: una prospettiva cristiana. Rapporto ai vescovi della COMECE

Gruppo di lavoro ad hoc sul cambiamento climatico
Sarà impossibile affrontare la sfida del cambiamento climatico senza mettere anche in questione l’organizzazione delle nostre società, i nostri stili di vita e il nostro sistema di valori. A questa conclusione approda il Gruppo di lavoro ad hoc sulle politiche dell’Unio ne Europea in materia di cambiamento climatico e stile di vita cristiano, costituito nel 2007 dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE) e composto da dieci personalità europee provenienti dal mondo scientifico, politico ed ecclesiale. Il rapporto Cambiamento climatico: una prospettiva cristiana. Le implicazioni del cambiamento climatico sugli stili di vita e sulle politiche dell’Unione Europea, consegnato ai vescovi della COMECE durante l’assemblea plenaria del 12-14 novembre 2008, porta però in primo piano la potenzialità positiva che i cristiani hanno in questo frangente: riuscire a tradurre in una proposta «gioiosa, non noiosa», basata sullo stile della moderazione, valori come giustizia globale, sussidiarietà, solidarietà, amore del prossimo, in un’ottica di responsabilità intra- e intergenerazionale.

Cambiamento climatico: giustizia e sostenibilità. VI Conferenza internaz. su etica e ambiente

VI Conferenza internazionale su etica e politiche ambientali
La sfida – etica e politica – è limitare il riscaldamento medio planetario a 2 °C: «una sfida culturale, che implica l’assunzione di una più forte responsabilità sociale e ambientale, che ten ga presente la grande rilevanza riconosciuta al problema del mutamento climatico da parte dell’opinione pubblica occidentale». Il documento finale della VI Conferenza internazionale su etica e politiche ambientali, organizzata dalla Fondazione Lanza (Padova, 23- 25.10.2008) con il titolo «Etica e cambiamento climatico. Scenari di giustizia e sostenibilità», fa una proposta di mediazione tra i diversi valori in gioco nel negoziato internazionale, e in particolare tra equità ed efficacia, in vista del vertice internazionale che a Copenaghen nel 2009 dovrà decidere sul dopo-Kyoto (il Protocollo è in scadenza nel 2012). La proposta è di raggiungere eguali emissioni pro-capite in modo progressivo, con il potenziamento della cooperazione e del trasferimento di tecnologie innovative e a basse emissioni verso i paesi in via di sviluppo.

La rinascita ortodossa. La Chiesa ortodossa russa da Alessio a Cirillo

Alessio II
Il «consolidamento dell’unità della Chiesa russa», lo «sviluppo di una maggiore collaborazione dei vescovi con il clero e con tutti i fedeli» e il potenziamento della «cooperazione della Chiesa con la stato e la società civile, anche nel campo del miglioramento delle leggi» sono gli obiettivi che il patriarca Alessio II, scomparso il 5 dicembre (cf. Regno-att. 22,2008,729s e 733ss), ha indicato alla Chiesa ortodossa russa lo scorso 24 giugno, aprendo con un’amplissima relazione il Concilio dei vescovi. Ne riportiamo qui i capitoli su Chiesa e vita sociale, parrocchie, monachesimo, oltre alle conclusioni (per gli altri capitoli cf. riquadro a p. 125), in quanto rappresentano la «fotografia» della Chiesa che Alessio ha lasciato in eredità a Cirillo di Smolensk e Kaliningrad, che il Concilio locale ha eletto nuovo patriarca di Mosca e di tutte le Russie il 27 gennaio 2009, e che è stato intronizzato il 1° di febbraio.

La situazione attuale della Chiesa

L. Ferrari
Il Concilio dei vescovi è il supremo organo amministrativo e di governo della Chiesa ortodossa russa, e si tiene ogni quattro anni. Pochi mesi prima di morire il patriarca Alessio II ha potuto partecipare al Concilio tenutosi a Mosca dal 24 al 28 giugno 2008, da lui stesso aperto con una relazione sullo stato della Chiesa. Il discorso si articola in 21 paragrafi, ciascuno dedicato ai temi discussi dai vescovi nei 5 giorni del Concilio.

Il Regno Documenti 3 2009. La rivista completa

La redazione
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