Una società educante per superare la «cultura del lamento»
La famiglia, come dimostra la lettura delle pagine di cronaca nei giornali, può trasformarsi nel luogo in cui le contraddizioni e i conflitti che travagliano gli individui possono esplodere in maniera efferata. Non bisogna cedere alla facile tentazione di addebitare tutto ciò alla malvagità dei nostri tempi: la sconfortata esclamazione «O tempora! o mores!» (o tempi, o costumi!) era già di Cicerone.
Interessante poi la lettura delle lettere pastorali che i vescovi indirizzano ai fedeli delle loro diocesi per spronarli in un particolare aspetto della vita cristiana. Capita di imbattersi in documenti della fine dell’Ottocento o dell’inizio del Novecento in cui si denuncia un ormai diffuso malcostume e un decadimento dei valori, cosicché le case si trasformano in alberghi in cui è assente il dialogo tra le generazioni. Tutto ciò veniva scritto nel 1923!
Viene poi da sorridere leggendo alcune osservazioni di Pio XII al clero romano, in cui lamentava il fatto che la fascia dei ragazzi dai quindici ai vent’anni si allontanava dalla Chiesa a causa del fatto che le verità di fede venivano esposte senza tener conto delle loro aspettative e delle loro condizioni di vita, «con la freddezza di un teorema o con l’aridità di un articolo di un codice». Correva l’anno 1948.
Imparare a imparare, quando l'educazione coivolge tutti
Il racconto del fratricidio perpetrato da Caino (cf Gen 4,1-16) desidera rispondere all’interrogativo sull’origine della violenza nel mondo, cui il rimando al passato, riletto in maniera idealizzata, vuole essere una prima, ancorché insufficiente, risposta. Il testo biblico afferma narrativamente che le tensioni nei rapporti interpersonali, persino quelli più intimi, scaturiscono dal fatto che l’esistenza di doni diversi viene spesso percepita come ingiusta e inaccettabile.
Quella che si presenta come un’esperienza comune e universale viene proiettata all’origine per sottolinearne il carattere permanente e radicale. Per affrontare consapevolmente questo pericolo che investe l’uomo di sempre può essere in qualche modo d’aiuto il processo educativo, non solo a livello personale ma anche generale.
Di fronte alla molteplicità e alla pervasività delle agenzie educative presenti nell’epoca contemporanea occorre disporsi a che la società nel suo insieme divenga educante, suscitando la voglia, per così dire, di imparare a imparare. Con tale espressione s’intende l’atteggiamento di chi non dà per pacificamente acquisita qualsiasi sorta d’apprendimento, ma si impegna a rinnovare le proprie conoscenze in modo da rinnovare, in ultima analisi, tutto sé stesso e la propria comprensione del mondo.
Migliorare la comunità cristiana di oggi: per attrazione, non per proselitismo
Significative in tal senso appaiono le parole di Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944), pilota e scrittore: egli raccomanda a chi avesse voglia di navigare non di raccogliere legna e tagliare tavole, ma di risvegliare nelle persone il gusto del grande mare. Per realizzare questo occorre porsi nella prospettiva di chi vede nell’altro non un nemico ma un fratello, operando attivamente per il bene comune.
Tutto ciò vale anche per la comunità cristiana di oggi. Come ebbe a spiegare papa Francesco, si tratta «di acquisire un dialogo pastorale senza relativismi, che non negozia la propria identità cristiana, ma che vuole raggiungere il cuore dell’altro, degli altri diversi da noi, e lì seminare il Vangelo. […]. Papa Benedetto, quando ha detto che la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione, parlava di questo. La testimonianza che attrae, che fa incuriosire la gente».
Superare la cultura del lamento, accettare la ricchezza della diversità, valorizzare il meglio della propria tradizione, mai spegnere la voglia d’imparare e di rinnovarsi: sono queste strade utili a migliorare le famiglie e la società.