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Un economista va a votare

Nel percorso del blog Moralia verso le elezioni del 4 marzo, dopo le riflessioni sull’etica nella Rete, sul problema democratico legato all’astensionismo  e sulla questione ambientale, è la volta della prospettiva di un economista.

In ogni dibattito politico è fin troppo facile scivolare nel «benaltrismo»; quasi inevitabile però cadere in questa tentazione sotto elezioni, quando ogni commentatore aggiunge il suo «ben altro è importante» all’elenco dei desiderata e alle promesse dei vari partiti. Anch’io aggiungo dunque il mio elenco.

Tre nodi
  • Innanzitutto il debito pubblico. Non è senz’altro originale, ma l’Italia è come un villaggio su cui incombe una frana (per riprendere una metafora usata recentemente da Benedetto Gui su Avvenire del 9 febbraio). Essa potrebbe precipitare da un momento all’altro, non appena venisse meno uno dei puntelli che la tengono in equilibrio sulla parete – i bassissimi tassi d’interesse, l’acquisto enorme di titoli di debito pubblico italiano dalla Banca centrale europea, o la relativa pace finanziaria internazionale… Se gli interessi sul debito risalissero di uno o due punti, il nostro debito sarebbe insostenibile, e certo il default.
  • Poi la demografia. I dati ISTAT di questi giorni dicono che da 10 anni la natalità cala e la mortalità cresce. Dall’umanesimo biblico sappiamo che il primo segno di speranza e di futuro sono i bambini. Dieci anni sono esattamente la durata della crisi economica del paese. Non è difficile cogliere il nesso: la crisi di lavoro ha rimandato tante giovani donne a casa, e il «non lavoro» diventa anche «non figli». Non torneremo a fare più bambini senza nuovo lavoro, e senza servizi seri alle famiglie.
  • Infine il cosiddetto gioco d’azzardo, che è realtà e dovremmo chiamare semplicemente azzardo: non è un gioco. L’azzardo nel nostro paese assorbe quasi 100 miliardi di fatturato, sottratto all’economia reale, che soffre e chiude. È stato voluto e incentivato da 20 anni, da ogni governo. Occorre cambiare radicalmente direzione, se non vogliamo distruggere il paese, togliendo l’appalto a multinazionali e dando l’azzardo in gestione allo stato o al non-profit. Spezzando così il rapporto incentivante, che è al cuore dell’attuale industria dell’azzardo.
Oltre le facili promesse

Di questi temi non si parla nel dibattito pre-elettorale, e si promettono invece riduzioni di tasse: creative flat tax che – oltre a essere anticostituzionali – sono vuote promesse di falsi profeti in cerca di voti. Esse nascono in realtà da scarsa cultura economica e dimenticano gli effetti distributivi: ogni forma di flat tax andrebbe a vantaggio dei ricchi e a scapito dei poveri (altro tema di cui si parla troppo poco) e sicuramente andrebbe ad aumentare il debito pubblico.

Siamo stati distrutti negli anni passati da false promesse ruffiane; è ora di cambiare rotta.

Commenti

  • 01/03/2018 uomoplanetario@alice.it

    Il debito pubblico è enorme eppure il nostro paese ha un bisogno enorme di spesa pubblica per investimenti nei servizi e per la manutenzione dell'ambiente. Perché le donne ritornino a fare figli ci vorrebbero migliori servizi pubblici e ci vorrebbero politiche del lavoro che rendessero il rapporto stabile e non precario. Gli enti pubblici dovrebbero tornare ad assumere stabilmente per garantire migliori servizi e impiego dei giovani. Con un impiego stabile ritornerebbero i consumi e la progettualità nel futuro. Uno stato biscazziere che incassa dal gioco d'azzardo anziché incassare dagli evasori fiscali e da un equa ripartizione del carico fiscale. Insomma sembrerebbero non esserci prospettive per questo nostro paese. Io comincerei con l'introduzione del cosiddetto conflitto d'interessi tra coloro che acquistano beni e servizi e coloro che li vendono. Dare la possibilità di detrarre dalla denuncia dei redditi la maggior parte dei costi che si sostengono per vivere creerebbe un circolo virtuoso di riduzione del carico fiscale nei confronti di chi oggi sostiene maggiormente questo peso. Per cambiare rotta rispetto alle promesse ruffiane bisognerebbe capire perché le promesse ruffiane attraggono ancora oggi gli elettori. Non ci sarà forse un conflitto d'interesse tra la maggioranza degli elettori e la buona politica intesa come una politica progettuale di lungo periodo che va oltre l'interesse immediato quotidiano come per esempio l'applauso nei confronti di coloro che promettono di ridurre le tasse e di rimpatriare tutti gli immigrati nei loro paesi di provenienza?

  • 23/02/2018 carlovenanzio@gmail.com

    Concordo anch'io: "Siamo stati distrutti negli anni passati da false promesse ruffiane; è ora di cambiare rotta". Quindi, che facciamo? Chi votare? Carlo

  • 19/02/2018 maurizio-faggioli@libero.it

    Concordo in pieno; spero ancora che un sussulto di buon senso e un po' di onestà intellettuale facciano capolino nella cabina elettorale.

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