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Il tesoro

XVII domenica del tempo ordinario

1Re 3,5.7-12; Sal 119 (118); Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

Il discorso di Gesù in Mt 13, dopo due ultime brevi parabole incentrate sulla ricerca e sulla gioia del Regno, culmina con una domanda non retorica (v. 51), che vuole piuttosto confermare il suo ruolo di maestro autorevole. Chiedendo infatti se i discepoli abbiano capito «tutte queste cose» (tauta panta), a ripresa delle «molte cose» (polla) del v. 3, ovvero il Regno e i suoi misteri (v. 11), sottopone gli stessi discepoli come a una verifica, alla quale essi rispondono senza esitazione. Si appiana così la strada verso una proclamazione d’identità per i discepoli a partire dall’identità stessa di Gesù, al centro della quale sta la figura dello scriba.

Essa ci rimanda direttamente al tempo di Salomone, il quale aveva organizzato una monarchia secondo il modello del Vicino Oriente antico e soprattutto dell’Egitto. Una monarchia con archivi, burocrazia, un’amministrazione con funzionari preparati tecnicamente ed esperti dell’arte del vivere. Se il Libro dei Proverbi era una sorta di abbecedario per i giovani che si preparavano a questo compito, era anche il testo a cui apprendere la sapienza quotidiana e il galateo nei rapporti sociali, culminante, per un giovane, nel sapersi scegliere una buona moglie (cf. Pr 31,10ss). È vero che questo testo potrebbe essere un necrologio, ma in ogni caso delinea la figura della moglie ideale a cui un funzionario ben nato deve aspirare. Come il re, egli deve avere capacità di ascoltare (cf. 1Re 3,9) e di distinguere (cf. 1Re 3,9.12), perché in questi termini sta la saggezza (leb Hakam, cf 1Re 3,12).

Capace di leggere, di scrivere e di esercitare una grande attenzione, la figura dello scriba evolve in quella di chi copia con acribia i testi sacri, se ne fa custode e interprete, ne diventa maestro. Suo compito è soprattutto quello di custodire attivamente la Torah perché possa passare nella vita; è un compito soprattutto esistenziale, più vasto che non quello di sacerdoti e profeti. Tanto che, terminato drammaticamente il sacerdozio e ancor prima la profezia, il ruolo dello scriba rimane e cresce. È un maestro che ridiventa costantemente discepolo, che sa riconoscere l’antico nel nuovo, e sa sempre trovare il nuovo nella Torah per un mondo che cambia (Sir 39,1-11).

Di fronte al mistero del Regno, di cui Gesù parla e rispetto al quale viene riconosciuto come uno che insegna con autorità (cf. Mc 1,21s), egli è contemporaneamente discepolo e maestro, il vero padrone di casa (oikodespotes) che ha totale padronanza del proprio tesoro. Può trarne fuori quello che vuole, così come, secondo un’interpretazione (P. Phillips), può «espellere» dal tesoro quanto ha appreso per accedere a una più autentica sapienza – per noi la sequela –, come l’uomo di 13,44 che vende tutto per acquistare il campo.

Questa interpretazione, che recupera il senso del verbo ekballein tipico del greco classico e dei racconti di cacciata dei demoni, fa pensare a una rottura con quanto si è appreso, forse sin troppo forte. Resta vero però che un autentico scriba debba essere in costante esodo da sé stesso e dalle proprie conoscenze per andare oltre e mantenersi fedele sia alla Torah sia alla storia degli uomini. Questo esodo-da-sé rende accessibile il senso del genere «parabola» che rivela e cela, custodendolo, un significato che non a tutti è dato conoscere.

La tradizione vuole che in questo scriba Matteo delinei il proprio autoritratto grazie a un gioco di parole (Maththaios/matheteutheis «divenuto discepolo»), ma la cosa riguarda piuttosto l’intera comunità giudeocristiana e anche noi, chiamati a cercare il tesoro e la perla della sapienza del Regno.

Il libro dei Proverbi infine associa la realtà della sapienza all’immagine della perla di cui è più preziosa (cf. Pr 3,15, 8,11) così come le labbra sapienti sono più preziose delle perle.

Salomone che chiede un cuore che ascolta, il mercante che vende tutto, lo scriba che si fa costantemente discepolo ed espelle dal tesoro ciò che ha imparato da tempo e ciò che ha appreso di recente, tutti costoro cercano con tenacia la sapienza, disposti a investire tutto per essa. La sapienza del Regno governa la loro vita.

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