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Gaudete et exsultate. Una mistica degli occhi aperti

Non senza un pizzico di «follia» evangelica, visti i tempi, papa Francesco ha intitolato la sua terza esortazione apostolica Gaudete et exsultate (GE),[1] cioè «rallegratevi ed esultate» (Mt 5,12). Un inizio, che se non rinviasse alla logica «illogica» dell’ultima beatitudine secondo Matteo, dove traspaiono l’umiliazione e la persecuzione sofferte dai discepoli di Gesù (cf. Mt 5,11), potrebbe sembrare persino fuori luogo.

L’invito a rallegrarsi e a esultare, invece, lungi dal risolversi in uno spot a favore di un ottimismo generico e banale, esprime il segreto dell’esistenza cristiana intesa come forma della vita. E quindi il segreto della vita morale.

Non è che l’esortazione faccia un uso abbondante dei termini «morale» ed «etica». Anzi, se la parola «morale» è impiegata esclusivamente come aggettivo (cf. nn. 39, 80, 170), il sostantivo «etica» compare solo in tre paragrafi del testo.

Etica, ma non solo

La prima è al n. 101, dove si bolla come «nocivo e ideologico» l’errore di chi diffida dell’impegno sociale degli altri, cioè dei non cristiani, e in nome di un’ingiustificata superiorità morale ne relativizza il valore, come se si trattasse di un interesse di parte, ascrivibile a una «determinata etica» più che a «un ideale di santità».

Poi al n. 102, dove si corregge lo strabismo di «alcuni cattolici», che considerano la «situazione dei migranti» un tema solo «secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica».

Infine al n. 105, un paragrafo dedicato alla «violenza verbale» che avvelena gli «spazi di interscambio digitale», compresi i «media cattolici», dove «si tollerano la diffamazione e la calunnia, e sembrano esclusi ogni etica e ogni rispetto per il buon nome altrui».

Che di etica (poco) si parli, intendendola sia come forma di sapere sia come atteggiamento, tuttavia, non è certamente il punto. Il cuore pulsante del testo sta altrove, e più precisamente nella scelta di proporre le beatitudini evangeliche come la spina dorsale di una santità intesa come «stile di vita» (n. 65), un «modo di stare al mondo», per dirla con C. Theobald, o una «mistica degli occhi aperti», per riprendere le parole di un altro grande teologo come J.B. Metz.

Il cuore pulsante: le beatitudini

La dinamica inscritta nella forma anche letteraria delle beatitudini, soprattutto in quelle contenute nel Vangelo di Matteo, infatti, è la sintesi più efficace e più trasparente dell’ethos di Gesù e, di riflesso, della vita morale del cristiano. Non perché le beatitudini prescrivano regole di condotta. E neppure, più correttamente, solo perché disegnano gli atteggiamenti morali fondamentali: la povertà del cuore (n. 70); l’umile mitezza (n. 75); la compassione (n. 76); la giustizia (n. 78); la misericordia come sguardo e come azione (n. 82); la pulizia o l’igiene del cuore (n. 86); la pace (n. 89); l’accettazione della via del Vangelo pur nelle contrarietà (n. 94).  

Il cuore pulsante di Gaudete et exsultate si trova nelle beatitudini anzitutto perché le beatitudini esprimono il segreto dell’esistenza cristiana: l’esigenza morale si presenta al cristiano nella forma di una promessa che consola, e riempiendo il cuore di consolazione, abilita il discepolo di Gesù a plasmare il proprio agire nella forma di una percettibile protesta contro la mancanza di speranza (cf. K. Demmer).

 

[1] Per un commento più ampio e articolato, si veda: http://www.settimananews.it/papa/gaudete-et-exsultate-mistici-nella-storia/;https://www.laciviltacattolica.it/articolo/gaudete-et-exsultate/

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