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Donne e fraternità: contro la logica della competizione

Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.

 

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha dedicato la sua Assemblea Plenaria 2017 al ruolo delle donne nell’educazione alla fraternità universale, in una società globalizzata e pluralistica dove la donna, sebbene in molte culture soffra ancora pesanti discriminazioni e limitata partecipazione alla vita civile, in altre ha raggiunto innegabili traguardi in termini di pari opportunità.

Parte integrante del concetto di fraternità è la relazionalità. Uomini e donne, in quanto esseri spirituali, sono definiti proprio dalle loro relazioni: quanto più queste sono autentiche, tanto più essi possono maturare nella loro identità personale. È questo il contesto in cui – ci ricorda Benedetto XVI – uomini e donne sono ugualmente chiamati a “tessere reti di carità”, che possano spezzare la povertà dell’isolamento, alimentare la vita comunitaria e promuovere il benessere individuale e sociale. In questo contesto si realizza lo sviluppo umano integrale di entrambi, uomini e donne, uniti in un comune pellegrinaggio attraverso la storia.

Vivere insieme nel "campo dell'amicizia"

Ma il concetto di fraternità è inseparabile anche da quello di libertà e di uguaglianza. In uno dei suoi ultimi contributi, il sociologo polacco Zygmunt Bauman (2016) affermava che il dilemma fondamentale della libertà umana oggi affonda le sue radici nella scelta alternativa tra competizione e solidarietà. E questo dilemma si ripropone con forza anche nella relazione tra uomini e donne, in cui spesso l’uguaglianza – almeno nelle nostre società occidentali – resta relegata al “campo del diritto”, ma non sempre riesce a trovare spazio nel “campo dell’amicizia”, l’altra dimensione essenziale di una convivenza civile fondata sulla fraternità. Se, infatti, è nel “campo del diritto” che vengono tutelate l’uguaglianza e la libertà – punto di partenza imprescindibile – qui possono alimentarsi anche la competizione e la rivalità, mentre il luogo primario del dono e della gratuità resta il “campo dell’amicizia”, dove uomini e donne possono muoversi insieme dalla giustizia verso la carità, consapevoli della propria condivisa fragilità.

Oggi questo comune pellegrinaggio attraverso la storia richiede, forse, un momento di sosta, per prestare maggiore attenzione alla diversità piuttosto che all’uguaglianza, al valore della propria corporeità, nella femminilità e nella mascolinità, per aprirsi ad uno sviluppo umano integrale che dipende da questa differenza, senza cercare di cancellarla, di minimizzarla o di livellarla, a causa della nostra limitata capacità di accettarla o perché – come suggerisce papa Francesco – “non sappiamo più confrontarci con essa”. Ed è proprio in questa diversità che si manifesta lo specifico contributo femminile alla fraternità universale. Basti pensare a quelle “qualità” proprie della donna, legate in particolare alla sua potenziale capacità di maternità, che la rendono istintivamente capace di solidarietà, ovvero capace di accogliere e di accompagnare una nuova vita, anche simbolicamente, di proteggere e di prendersi cura dell’altro nella sua vulnerabilità.

Verso la fraternità universale: promuovere una "nuova alleanza"

Il punto è che, per contribuire realmente alla fraternità universale, queste “qualità” femminili non possono essere esaltate in opposizione a quelle maschili. La fraternità non può fondarsi sulla polarizzazione, che domina già tante aree della nostra vita ovunque. È necessario piuttosto che tali qualità siano riconosciute come doni e promosse nella loro uguale dignità e ricchezza; che siano rispettate, protette e garantite, e non eliminate, ignorate o ridotte all’uniformità.

La fraternità universale non può essere costruita solo dalle donne. Papa Francesco è chiaro in questo: solo promuovendo una nuova “alleanza” tra uomini e donne potremo riedificare un nuovo senso di reciprocità, fondato sull’uguale dignità, ma anche sulle differenze che possono e devono arricchirci vicendevolmente. Contro la logica della competizione, la sua esortazione è molto pratica: occorre parlarsi di più, ascoltare di più, conoscersi meglio, amarsi di più. Oggi questa sembra l’unica via di uscita dalla moderna povertà dell’isolamento, per vivere pienamente in quel “campo dell’amicizia” dove si realizza la vera fraternità.

 

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