Aquarius
Da alcuni giorni è sotto gli occhi di tutti la vicenda della nave Aquarius. Senza entrare nel merito dei fatti che conosciamo ormai nei dettagli grazie alle cronache anche in presa diretta, la vicenda solleva molti interrogativi che interessano diversi piani: quello dei diritti individuali e dei popoli, quello del diritto internazionale, quello politico per citarne solo alcuni che si sono sovrapposti e che hanno determinato decisioni che forse non hanno avuto come obiettivo il bene delle persone coinvolte.
Che avremmo dovuto fare?
Quella che avevamo davanti era una situazione chiara: una nave, l‘Aquarius, di una ONG, con oltre 600 persone a bordo tra cui donne e bambini salvati in mare, su coordinamento del Marine Rescue Coordination Center italiano. Che avremmo dovuto fare? Al di là di ogni retorica fine a se stessa e ogni argomentazione politica, pur legittima, in altre circostanze, il bene di queste persone era la priorità e la gestione dei loro bisogni, l’urgenza.
Quindi inequivocabilmente si sarebbe dovuto procedere affinché queste persone potessero arrivare senza ulteriore danno per loro e per i loro congiunti nel porto sicuro più vicino dove essere accolte e messe definitivamente in sicurezza, sottoposte alle cure e all’attenzione del caso per dar seguito in un secondo momento al motivo del loro partire attraverso la formalizzazione di una domanda d’asilo se ne avessero fatto richiesta e se ce ne fossero state le condizioni.
Che cosa, invece, è stato fatto…
Quello a cui invece abbiamo assistito in questo frangente sono state decisioni e azioni dettate da motivazioni che esulavano dal contesto specifico e che hanno utilizzato in modo inaccettabile la situazione contingente di persone migranti, alla stregua di scudi umani per difendere e far valere interessi di parte.
La priorità e l’urgenza era il salvataggio e la cura di queste 629 persone senza alcun ragionevole dubbio. Il non averlo fatto – anche se poi nel concreto è stata trovata una soluzione all’impasse (non senza conseguenze per le persone il cui trasferimento farà passare una settimana dal loro salvataggio) – credo sia stato innanzitutto un vulnus alla dignità di queste persone oltre ovviamente la loro sicurezza. Papa Francesco in continuità con papa Benedetto XVI e con la dottrina sociale della Chiesa aveva ricordato nel Messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato:
«Il principio della centralità della persona umana […] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale».
Qualcuno in questi giorni ha fatto appello all’impossibilità di accoglierli tutti, ci ricordava ancora papa Francesco nel messaggio per la Giornata della pace:
«Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei “limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso”, considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi».
Tuttavia non era questa la fattispecie in cui applicare questa indicazione, considerando anche che i flussi dall’inizi dell’anno si sono ridotti e non siamo certo ai limiti consentiti.
Questioni etiche
Sulla vicenda si è giocato indebitamente il confronto muscolare della sovranità tra stati in tema di migrazioni ed è emersa la fragilità delle politiche europea a spese dei più vulnerabili. Senza dubbio la vicenda solleva anche una serie di questioni etiche non più demandabili: come garantire la libertà di restare nel proprio paese di origine in contesti di ingiustizia sociale crescenti e in cui la forbice tra ricchi e poveri aumenta?
Come conciliare il diritto a migrare che in questo momento storico non può più essere inteso in modo semplicistico e il diritto di uno stato di regolamentare i flussi che non può essere illimitato ma deve essere soggetto a obblighi di giustizia che superano i confini della sovranità nazionale? O ancora come approfondire un’etica dell’accoglienza e dell’ospitalità che abbia come obbiettivo la sensibilizzazione di contesti e la formazione delle coscienze che possano resistere a strumentalizzazioni e a visioni mistificatorie della realtà? Credo che la vicenda che non dovrà ripetersi, spinga a una riflessione sempre più urgente.