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Attualità
Attualità, 6/2017, 15/03/2017, pag. 186

Bibbia e «bio»

La teoria e la pratica

Piero Stefani

Protagonisti di questo breve racconto sono Simone, un intellettuale esperto di religioni, e Girolamo, un esponente di un'azienda agricola biologica locale. Entrambi sono invitati a una tavola rotonda su religioni ed ecologia, ma è lo spirito pratico di Gerolamo accanto al suo impegno nei confronti della terra ad impressionare Simone, al punto che il dialogo faccia a faccia tra i due svelerà convergenze inattese.

Simone Coronati è invitato a una tavola rotonda. Il tema è uno di quelli che ha nel cassetto: religioni ed ecologia. Se ne parla tanto, ma lo stato del mondo non sembra conseguire miglioramenti in virtù di simili discussioni. Questa volta c’è però una bella novità: accanto agli intellettuali vi sono persone che operano effettivamente sul piano pratico. Tra loro, un posto di rilievo è riservato ad alcuni esponenti di aziende agricole biologiche. 

Tra questi, vi è anche un marchigiano dal nome desueto: Girolamo Luisoni. Coronati ascolta con curiosità quegli interventi. Si tratta per di più di persone pratiche, aliene da svolazzi intellettuali. Qualcuno di loro fa qualche sintetico riferimento alla «madre terra», alle culture indigene, a filosofie orientali. Poca roba.

Non così Luisoni. Le sue parole sono impregnate di Bibbia, gli accenti sono appassionati. Non c’è dubbio che quegli antichi testi siano per lui un motivo ispiratore anche per il suo impegno nei confronti della terra: non si sceglie a caso di affrontare con quel particolare spirito la vita contadina. Fin da giovane Luisoni pativa acutamente la vista dei campi deturpati dall’uso dei diserbanti e da altre forme di intervento chimico.

Le zolle avvelenate gli stringevano il cuore. L’odore antico della campagna aveva lasciato il posto a esalazioni mefitiche che afferravano la gola e intossicavano l’animo. Per reagire a questa diuturna aggressione Girolamo aveva scelto di praticare l’agricoltura biologica.

Una scelta consapevole

L’aveva fatto assumendo in senso letterale l’aggettivo che la qualifica: vita versus morte. L’atto di coltivare la terra è bio-logia, ossia discorso sulla vita; ed ecco che nel suo intervento salta fuori un primo riferimento biblico: «Aggredire “sora madre terra” equivale a violare il comandamento che ordina di non uccidere. Non penso che l’agricoltura biologica salverà il mondo, ma la pratico per non stare dalla parte di chi il mondo lo distrugge».

In altre occasioni Luisoni amava ripetere una specie di slogan (lo giudicava efficace a motivo della sua componente ironica): «L’opzione per l’agricoltura biologica è una scelta di campo».

Durante la tavola rotonda Girolamo si anima: «L’uomo non è quello che mangia, tuttavia la sua salute dipende in gran parte dall’alimentazione. Ben lo sappiamo oggi, in un mondo che, con inedito incrocio, soffre a livello globale sia per la denutrizione sia per l’obesità. Non si limitano a distruggere. Accanto al distruggere, c’è la perversa volontà di stravolgere in modo altrettanto violento le regole della vita.

L’esempio più micidiale è costituito dagli OGM. A lungo periodo, le conseguenze delle manipolazioni genetiche sono difficili da prevedere. Le uniche, sicure beneficiarie della diffusione delle sementi transgeniche sono le multinazionali. Esse, con il pretesto della maggior resa, invadono i campi, allargano il monopolio e imprigionano i contadini in un percorso di dipendenza. In alcuni paesi ciò sta già avvenendo.

La terra non è una dea, è una creatura di Dio. Come racconta la Genesi, i viventi furono chiamati all’esistenza tutti secondo la propria specie. Non dobbiamo dimenticarlo! Questo mondo è stato creato buono e ora cade sempre più in sfacelo per colpa dell’uomo. La fede non guarda però solo a questa creazione, essa spera anche e soprattutto nei cieli nuovi e nella terra nuova dove abita la giustizia. Dobbiamo sperare nel regno di Dio.

Quello che facciamo, lo ripeto, non serve a salvare il mondo; è soltanto un “no” forte e chiaro che lanciamo contro chi vuole distruggere il presente e il futuro in nome del “dio denaro”. Così facendo ci portano alla rovina. Come disse il filosofo Heidegger, solo un Dio ci può salvare. Aggiungo, lo farà se invochiamo la sua salvezza senza scordarci di darci da fare per impedire le devastazioni che ogni giorno violentano la nostra “sora madre terra”».

Il senso critico di Simone non gli consente di sottoscrivere in toto il torrentizio e saltellante procedere di Luisoni; l’empatia però lo invita a giudicare quell’uomo una persona vera come ce ne sono ormai poche in giro. I pensieri di Simone si possono riassumere pressappoco così: Luisoni non sa neppure dove sta di casa il narcisismo; non parla certo per piacere agli altri e tanto meno a se stesso; è davvero convinto di quanto afferma: «Devo ammettere che in lui c’è una specie di tempra profetica; poteva risparmiarsi di citare più o meno a casaccio Heidegger, ma in fondo si tratta di un aspetto trascurabile».

Finita la tavola rotonda i partecipanti sono invitati a un buffet rigorosamente vegetariano preparato con cibi biologici. Si intrecciano le solite conversazioni e i consueti apprezzamenti. Il cibo riempie la bocca in relazione sia al mangiare sia al conversare: «Questo bianchello del Metauro è una vera delizia, basta l’odore per capire che è genuino»; «Gli involtini di melanzana hanno un sapore che non avevo più sentito fin da quando, da bambino, andavo in campagna da mia nonna»; «Che pane! Fatto con la pasta madre e le farine integrali macinate a pietra e cotto in un forno a legna»; «Mai mangiato delle mele così buone. Bruttine fuori ma squisite dentro».

Convergenze inattese

Simone e Girolamo si trovano per caso l’uno accanto all’altro vicino a un vassoio pieno di cubetti di Parmigiano-reggiano doc. Si fanno i complimenti a vicenda per i reciproci interventi. Luisoni ha ammirato la preparazione culturale di Coronati; le sue parole gli sono apparse però fin troppo raffinate e sottili, non si capisce bene se creda o no.

«Ho visto che conosce bene la Bibbia anche nelle lingue originali. Piacerebbe tanto anche a me. Ma in alcuni studiosi che ho incontrato vedo che l’erudizione non è priva di pericoli, studiano la Bibbia ma non la vivono».

Passa un vassoio con dei dolcetti di mandorla. Dopo averne gustato uno, Girolamo si rivolge al suo interlocutore e gli dice: «Le posso fare una domanda?». «Ma certo». Simone si attende una delle consuete richieste: «Lei che sa l’ebraico, cosa vuole dire... lei che conosce il greco, come tradurrebbe... È vero che il Pentateuco non l’ha scritto Mosè? Qual è il significato del candelabro a sette bracci? Cosa sono i Manoscritti di Qumran?».

Nulla di tutto ciò. La domanda è una di quelle ingenue, le più problematiche: «Parlo per assurdo perché non va eliminato proprio nulla, ma se dovesse scegliere un solo brano biblico e buttar giù dalla torre tutti gli altri cosa sceglierebbe?». La prima reazione di Simone è di irritazione: «Mentre siamo qui con in una mano un amaretto e nell’altra un bicchiere, mi si chiede, letteralmente su due piedi, quali sia il passo biblico che amo di più. Ma cosa vuol dire poi? Non sta mica chiedendomi quale sia il mio piatto preferito. Santa ingenuità».

Simone guarda in faccia Girolamo con l’intenzione di schermirsi. Tuttavia, quando incrocia quello sguardo acceso e osserva, quasi visivamente, le orecchie tese spuntare sotto i ciuffi di capelli che incorniciano un cranio ormai calvo, è trasportato all’improvviso in tutt’altra direzione. Non riesce a non assecondare la domanda e quasi senza riflettere risponde in modo secco: «L’ottavo capitolo della Lettera ai Romani». «Ah che bello sentire la sua risposta! Anche per me è uno dei passi più cari».

«Ma forse non per la stessa ragione. Io vi colgo dentro una spinta e un’ansia, ma anche la presenza di una speranza grande priva di incertezze. Condivido la prima parte, mentre guardo alla seconda così come si scorgono le realtà che ci mancano. Quello di cui sono privo la considero la parte più vera e irraggiungibile di me stesso. Paolo afferma che si spera in ciò che non si vede; ma cosa succede quando non si vede la speranza? La spinta e l’ansia appunto, ma non la certezza».

«Non capisco fino in fondo le sue parole, per colpa mia si capisce. L’estate scorsa avevo fatto trovare aperto sul tavolo questo brano a una mia ospite, o meglio a una mia cara amica, abita qui a Milano; si chiama Emilia Marzola, è una biologa. Una sera ne parlammo a lungo. Allora riuscii a comunicare a Emilia qualche pensiero sulle doglie del parto di cui soffre la creazione, mentre fui incapace di infonderle qualche certezza sul fatto che alla fine dei tempi noi raggiungeremo davvero la libertà dei figli di Dio. Senza dubbio conseguiremo la redenzione del nostro corpo. Vivremo per sempre. Lei crede nella resurrezione dei morti?».

Questa volta neppure lo sguardo acceso di Girolamo ha la forza di vincere l’atteggiamento critico di Simone: «Senta, per risponderle dovremo prima accordarci su cosa si intende per resurrezione dei morti».

Non ci fu il tempo per farlo, gli organizzatori della tavola rotonda invitarono i presenti a fare un brindisi per il loro presidente emerito: «Noi tutti sappiamo che senza la sua instancabile dedizione la nostra associazione non avrebbe mai raggiunto il livello attuale. Un bell’applauso in onore del professor Augusto Tabacci...». Così la resurrezione dei morti fu costretta a cedere il passo al tintinnio dei calici e a battimani di circostanza. «Sarà per un’altra volta»; «Speriamo...».

Tipo Parole delle religioni
Tema Teologia Ecologia
Area
Nazioni

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