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Rinnovare la morale cristiana

L’importanza del tema e l’autorevolezza dell’estensore hanno orientato questa settimana Moralia a ospitare il breve studio del prof. Giannino Piana sul Messaggio di papa Francesco in occasione dell’anniversario alfonsiano – quasi un manifesto di che cosa possa e debba essere oggi la riflessione morale –. A lui un grazie per aver scelto Moralia per pubblicarlo.

In occasione del 150° anniversario della proclamazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori dottore della Chiesa, papa Francesco ha inviato a p. Michael Brehl, superiore generale della Congregazione del Santissimo Redentore e moderatore generale dell’Accademia Alfonsiana, un importante messaggio.

In esso, rifacendosi alla testimonianza del Santo, illustra alcuni fondamentali indirizzi che la teologia morale e l’azione pastorale devono fare propri, se intendono corrispondere, nella fedeltà alla proposta evangelica, alle istanze della situazione socio-culturale odierna e alle domande dell’uomo contemporaneo.

Il documento, che ha un chiaro orientamento pastorale, non manca anzitutto di evocare la figura e l’opera del Santo, mettendo in evidenza la stretta connessione esistente tra la sua dottrina, il suo impegno apostolico e la sua limpida adesione ai dettami evangelici trasferiti con rigore nella vita quotidiana.

Ciò che emerge trasversalmente da tutti questi ambiti, e che rappresenta la linea di continuità tra loro, è da un lato la capacità di ascolto della realtà, di lasciarsi interpellare dalla vita – in questo senso sant’Alfonso non può essere qualificato né lassista né rigorista, ma realista –; e dall’altro l’approccio misericordioso alle diverse situazioni esistenziali, senza rinunciare per questo ad annunciare con coraggio, in tutta la sua radicalità, il messaggio evangelico.

Un’etica al servizio della coscienza

La preoccupazione da cui sant’Alfonso muove, e che costituisce per papa Francesco il fine stesso della morale cristiana, è quello di offrire un servizio alla coscienza, privilegiando l’accoglienza delle fragilità, sia materiali sia spirituali, che hanno più bisogno di essere sostenute e alle quali occorre offrire un cammino graduale di crescita verso l’ideale della perfezione cristiana.

Questa prospettiva va, secondo il papa, perseguita anche oggi. Il metodo suggerito dal Santo conserva formalmente una vita attualità, anche se deve essere evidentemente aggiornato prendendo in seria considerazione i profondi mutamenti intervenuti in questo lungo periodo di tempo.

L’attualizzazione del messaggio suppone anzitutto l’adesione a uno dei principi fondamentali che papa Francesco ha posto, fin dall’inizio, alla base del suo insegnamento e del suo ministero pastorale, l’affermazione cioè che «la realtà supera qualsiasi idea» (cf. Evangelii gaudium, n. 231), e che pertanto la teologia morale non può (e non deve) lasciarsi incapsulare dentro un tessuto di principi e di norme, per quanto importanti, ma deve farsi carico in maniera propositiva della realtà.

Il che suppone una conoscenza che diventi «pratica» – l’etica ha che fare per definizione con la prassi – e che assuma come riferimento il principio della scelta preferenziale dei poveri; che metta in primo piano, in altre parole, facendola diventare un vero e proprio criterio ermeneutico, la condizione dei poveri.

L’attenzione alla realtà non significa tuttavia rinuncia a far valere, tanto nel momento di esercizio del giudizio quanto in quello della guida dell’agire, un preciso quadro valoriale gerarchicamente ordinato e soprattutto ad avere un orientamento di fondo, che definisca il modello di etica al quale il cristiano deve ispirare la propria condotta.

Tale orientamento e tale modello trova concreta espressione nella capacità di far interagire, in una dialettica costruttiva, la radicalità evangelica con la debolezza umana, e dunque con la pratica costante della misericordia. È come dire che le esigenze del Vangelo, alle quali occorre costantemente rinviare come a meta obbligante – le «beatitudini» e i «ma io vi dico» del discorso della montagna (cf. Mt 5) non sono pii consigli per pochi eletti, ma costituiscono il contenuto normativo del messaggio morale cristiano, che vale per chiunque intende porsi alla sequela di Gesù – devono potersi comporre con la consapevolezza del limite (e della fragilità umana) alla ricerca di un equilibrio dinamico (e sempre da rinnovare).

Questo presuppone che l’ideale di perfezione evangelica venga proposto come norma escatologico-profetica, come obiettivo che sta sempre «davanti» e «oltre», e che comporta uno sforzo di mediazione da mettere in atto nelle diverse situazioni e nei vari vissuti personali, ricercando modalità efficaci (anche se sempre parziali) di accostamento a esso, senza allentare la doverosa tensione al suo perseguimento, ma anche senza creare sentimenti di colpevolezza, generati dalla misurazione della distanza tra ciò cui si è chiamati e la povertà dei traguardi raggiunti; sentimenti destinati a provocare, di conseguenza, forme di scoraggiamento e di ripiegamento paralizzante.

Il tema della misericordia e del perdono, che è un tratto fondamentale della predicazione e dell’azione di Gesù – egli si rivolge prevalentemente ai peccatori e non ai giusti – consente quella pacificazione con sé stessi che, lungi dal tradursi in passività e inazione, diviene stimolo a una permanente metanoia (conversione).

L’esempio di sant’Alfonso è, anche a questo proposito, eloquente. Egli, pur aderendo alla tradizione casistica del suo tempo, non esita a mettere in stretto rapporto la teologia morale con la teologia spirituale, concependo la prima come il punto di partenza della vita cristiana – un limite al di là del quale non si può andare – e la seconda come il suo pieno compimento.

Infine il documento papale indica la necessità del superamento di un’etica individualista, che – non lo si può dimenticare – ha avuto il sopravvento nella modernità anche nel quadro della tradizione cristiana (la stessa «dottrina sociale» della Chiesa risultava estrinseca e giustapposta alla morale), e l’adozione di una prospettiva sociale e comunitaria con l’assunzione di precise responsabilità nei confronti sia della società civile sia della Chiesa.

La sollecitazione è a dar vita a una riflessione morale che metta il bene comune al centro del proprio impegno per creare condizioni favorevoli di vita qualitativamente dignitosa per l’intera umanità e che, sul versante ecclesiale, si applichi efficacemente a far crescere la comunione dei santi, il tratto (forse) più qualificante della morale cristiana.

Una pastorale missionaria

Le indicazioni metodologiche e gli orientamenti di fondo offerti da papa Francesco rifluiscono immediatamente nell’azione pastorale. L’invito del pontefice è qui (come del resto in molti altri documenti precedenti) a fare propria una pastorale missionaria, che affonda le proprie radici in un dinamismo evangelizzatore capace di agire per attrazione.

Si tratta di uscire dalle strettoie di un perbenismo che minaccia purtroppo anche l’annuncio cristiano o dall’astrattezza di una proposta rivolta alle cosiddette «anime belle», per andare nelle periferie non solo materiali ma anche spirituali dell’umanità, offrendo un messaggio incentrato sulla possibilità del riscatto.

La logica alla quale occorre ispirare la propria azione – teologi, confessori e laici preoccupati di testimoniare la verità evangelica – è quella dell’incarnazione e della croce. L’immersione profonda nell’umano, non escluse le sue contraddizioni e le sue debolezze – Gesù stesso ha percorso questo cammino prendendo su di sé anche la miseria umana e facendosi peccato, egli che era del tutto innocente – esige la disponibilità a non disdegnare il confronto anche con l’abisso del male presente nel mondo con un atteggiamento di vera pietas per chi vi è coinvolto, aiutandolo a risollevarsi grazie alla garanzia del perdono.

Mentre l’accoglienza del mistero della croce costringe a combattere ogni forma di autogiustificazione, di meritocrazia, di competitività e di adesione alla logica del più forte per prendere sul serio la sconfitta e la morte, che non sono tuttavia l’ultimo traguardo, ma ricevono la loro luce dalla gloria del Risorto e dalla promessa di partecipare un giorno alla sua condizione.

L’epidemia di COVID-19 con la quale tuttora conviviamo – ce lo ricorda il testo di papa Francesco –, insieme a tutte le ricadute negative che ben conosciamo, rappresenta una sfida alla maturità della coscienza, facendoci toccare con mano e in maniera inequivocabile la nostra precarietà, abbattendo il muro della presunzione prometeica e l’illusione di una radicale fiducia nella rivoluzione tecnica e spingendoci a riconoscere l’ambivalenza di ogni realtà umana, il limite di ogni forma di progresso e l’esigenza di assumere l’atteggiamento della umiltà, cercando in ogni situazione la scelta del bene.

La teologia non può eludere questo momento storico particolarmente favorevole non tanto per fare leva sulla debolezza umana – ricordiamo tutti l’invito di Bonhoeffer a rifuggire da un «Dio tappabuchi» –, quanto per guardare coraggiosamente avanti nel segno della speranza.

 

Giannino Piana, già docente di Etica cristiana all’Istituto superiore di scienze religiose della Libera università di Urbino e di Etica ed economia alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino, dirige le collane «Questioni di etica teologica» e «L’etica e i giorni» dell’editrice Cittadella. Tra i suoi volumi L’alfabeto dell’etica. Voci fondamentali, Cittadella, Assisi 2017.

Commenti

  • 12/04/2021 Francesco Compagnoni

    I testi di Papa Francesco e di Giannino Piana, mi hanno richiamato alla mente immediatamente un discepolo e imitatore di S. Alfonso: il redentorista francese Louis Verrecke (1920- 2012). È stato il maestro di storia della teologia morale per generazioni all’Accademia Alfonsiana, alla Gregoriana e all’Angelicum. Raccontava la “sua” storia con tale mite equilibrio, esprit de finesse e buon umore, che riusciva a rendere simpatica la disciplina, prima ancora di cogliere la fondatezza della sua competenza. Chi non ha letto la sua “Storia della Teologia Morale” nelle edizioni 1990 e 2019 del «Dizionario di Teologia Morale», non sa cosa si è perso. Ma può sempre recuperare, si capisce… http://www.alfonsiana.org/italian/istituto/memoriam/it_vereecke.htm

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