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Etica teologica, quo vadis?

Cristianesimo ed etica non hanno niente a che fare l’uno con l’altra,

non esiste un’etica cristiana.

 

Di fronte a questa fulminea affermazione di Bonhoeffer potremmo essere d’accordo oppure non esserlo, ma in questo post ci interessa poco fare la conta degli schieramenti.

Piuttosto ci proponiamo di metterci nei panni del lettore italiano che la legge da un libercolo, riedito nel 2020 a distanza di cinque anni dalla casa editrice Castelvecchi, che ripropone due lezioni, che il famoso teologo oppositore del regime nazista tenne alla comunità tedesca di Barcellona, e porta come titolo Etica cristiana.

La domanda sorge spontanea: come può non esistere un’etica cristiana all’interno di un testo il cui titolo è composto letteralmente da due paroline: Etica cristiana?

Prima possibile risposta: non è Bonhoeffer a contraddirsi, ma l’editore che ha fatto una scelta infelice nel titolo. Seconda possibile risposta: non è Bonhoeffer a contraddirsi, ma neanche l’editore, in quanto le riflessioni del teologo puntano alla comprensione della natura dell’agire etico cristiano.

Non esiste, ma c’è

Per decidersi sulla risposta possibile basta leggere le due stimolanti riflessioni di Bonhoeffer, per rendersi conto che si parla proprio dell’etica cristiana, anzi, come scrive lo stesso teologo, di questioni fondamentali di un’etica cristiana.

Ebbene, siamo proprio nel cuore dei «fondamenta» di una possibile etica teologica, nella misura in cui ci si chiede come sia possibile negare l’esistenza di un’etica cristiana e al contempo farsi mille domande. Noi ne facciamo solo due, le stesse che ci suggerisce Bonhoeffer:

– perché allora tutto il Nuovo Testamento, l’intero Vangelo, è pieno di prescrizioni etiche?

– Che cosa significa allora il Discorso della montagna?

Rassicuriamo il lettore che tali domande Bonhoeffer se le pone subito dopo avere negato l’esistenza di un’etica cristiana e dopo aver condotto un’argomentazione rigorosa sull’intrinseca incompatibilità tra le due parole: cristiana ed etica, perorando la causa della fondamentale «amoralità» del cristianesimo a favore di un messaggio cristiano che sta al di là del bene e del male.

Ri-avviare un dibattito

Al di là di una spiegazione del quesito sulla base delle personali idee di Bonhoeffer, che potrebbero confortare alcuni (quelli che distinguono fino a separare un discorso sulla misericordia da un discorso sulla giustizia) o avvilire altri (quelli che affrontano questioni di contenuto a partire principalmente da questioni linguistiche), a noi interessa mettere l’accento su ciò che non può mancare come abbrivio per una seria, rigorosa, chiara riflessione etico-teologica: che cosa s’intende per etica cristiana?

Proviamo a lanciare una provocazione per ri-avviare il dibattito in seno alla teologia morale fondamentale, dicendo che esiste per certo una sintassi dell’etica cristiana, ovvero una serie di dati biblici eticamente rilevanti.

Esiste poi una semantica, ovvero un’interpretazione degli stessi dati. Dove si sedimenta la questione? Chi identifica la sintassi con la semantica si convince che i dati parlino da soli e chiude la questione sostenendo che basta che essi ci siano. Invece la strada da percorrere è tutta in un’altra direzione, ovvero i dati ci sono (sintassi), ma poi vanno interpretati (semantica).

Qui ha finalmente inizio la questione vera e propria: che senso (semantica) diamo ai dati che disponiamo (sintassi)?

Allora, ammesso che ci imbattiamo in affermazioni come quella da cui siamo partiti, c’è da chiedersi: in che senso? La questione seria del «che cosa», dunque, esiste anche quando neghiamo la sua esistenza.

 

 

Pietro Cognato insegna Teologia morale e bioetica presso la Facoltà teologica di Sicilia, l’Istituto di studi bioetici S. Privitera e la Facoltà di servizio sociale – LUMSA. Tra le sue opere Fede e morale tra tradizione e innovazione. Il rinnovamento della teologia morale (2012); Etica teologica. Persone e problemi morali nella cultura contemporanea (2015). Ha curato inoltre diverse voci del Nuovo dizionario di teologia morale (2019).

Commenti

  • 03/11/2020 Pietro Cognato

    La ringrazio prof. Marcello Badalamenti per questo feedback. Condivido il fatto che lo stile da assumere debba essere quello di farsi interrogare dalle Scritture per una vita "con-formata" a Cristo. E dice bene che questa è una prospettiva spirituale, che naturalmente non è contraria od opposta a una vita autenticamente morale. Ma è bene dal mio punto di vista che le prospettive rimangano distinte (non separate).

    Ed e' nel solco di questa distinzione che mi permetto di chiosare ulteriormente su quello che lei indica con la parolina "ruolo" (della Parola di Dio nella riflessione teologica, e dunque nella vita morale). Mi chiedo due cose: 1) le pagine della Scrittura sono Parola di Dio in qualunque senso? 2) l'esigenza morale è rinvenibile nel mondo? Se a questa domanda si risponde affermativamente (non vedo altre possibilità) e alla prima si risponde negativamente (in senso teo-logico, e non in qualsiasi senso, è solo ciò che da Dio può essere appreso e non è rinvenibile nel mondo), ne discende che le norme morali possono essere apprese "dal" mondo, e se, al contempo, possono anche dette "rivelate" lo sono in senso improprio.

    Se l'uomo non avesse questa capacità di apprendere dal mondo ciò che deve fare, non potrebbe neanche essere raggiunto dalla Parola di Dio in senso proprio, poiché il suo ascolto sarebbe arbitrario.

    Questo non vuol dire che la Scrittura non abbia alcuna importanza per la conoscenza del bene morale. Ce l'ha e come, ma va posta sempre a questa convinzione un interrogativo: qual è la portata di questa importanza: storica oppure gnoseologica? Continuiamo a dialogare.

    Cordialmente, prof. Pietro Cognato

  • 02/11/2020 Marcello Badalamenti

    La provocazione di Cognato, o meglio dire di Bonhoeffer, si pone in una ricerca che credo non sia peregrina nell'interrogarsi sul rapporto tra etica e teologia. Credo che più che una ricerca sul dato biblico, la fase dell'etica del Nuovo e dell'Antico Testamento, bisogna porsi in un frangente, direi necessario nella formazione didattica ed esistenziale, sul ruolo della Parola di Dio nella riflessione teologica e dunque nella vita morale.

    La piena consapevolezza, che sia Benedetto XVI, con la Verbum Domini, che papa Francesco con la Evangelii gaudium orientano, ci pone, nell'arduo impegno, di educazione e testimonianza di una vita morale che abbia come 'stile' quello di farsi interrogare dalle Scritture, più che interrogarle, e dunque in piena prospettiva 'spirituale' - operatività di Spirito Santo - che rimane la sola che formi dal di dentro a qualsiasi scelta etica che sia confacente con lo stesso Evangelo di cui ci si nutre.

    La 'semantica' non potrà mai essere inoltre solo 'mia', ma solo se è ecclesiale e sociale potrà dirsi anche mia, a scanso di visioni individualiste e limitali. Per il battezzato l'etica cristiana qui si pone: in quell'umano che più che giustapporsi si specifichi, alla luce della propria risposta di fede.

    Marcello Badalamenti, docente di morale fondamentale Ist. S. Tommaso. Messina

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