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l'Ospite

Evoluzione: infrangere un dogma

L’età moderna credeva a una natura culturale garantita da un ordine intrinseco, autoregolata da sicuri istinti, ma a dispetto d’ogni ottimismo della scienza e della tecnica, la nostra età non lo crede più anche se essa non ha trovato ancora nulla di meglio. 

L’uomo, in quanto immagine e creatura di Dio, ha una potenza che gli dà la possibilità di stare davanti a Lui in obbedienza.

Purtroppo con il peccato originale l’essere umano ha infranto questo rapporto e ha fatto l’esperienza di uno smarrimento così inspiegabile per la ragione immediata. Da quel momento anche la potenza dell’uomo assume un carattere tragico: da quando egli ha voluto la potenza contro Dio è come se, nella sua propria zona esistenziale, la sua potenza facesse entità autonoma e si ritorcesse contro di lui.

Fin qui la risposta è a sfondo teologico, ma ora occorre tradurla sul piano filosofico. L’uomo esiste diversamente dagli altri esseri viventi. Egli è rapportato a qualcosa che sta al di sopra di lui. Tale relazione fondante l’essere dell’uomo è manifestamente sconvolta nella radice.

Mentre la coscienza moderna parte dal presupposto che l’uomo sia un essere naturale, il quale fondamentalmente è in ordine, in armonia con se stesso e con la totalità della natura a tal punto che egli può affidarsi ai suoi istinti, si sa, invece, che un uomo così non esiste; o meglio esiste così poco che può avvenire ciò che l’interpretazione moderna dell’esistenza non ammette mai come possibile: l’uomo può, anche in settori assai vasti della sua vita e per molto tempo, agire erroneamente.

Infatti è possibile che la storia percorra una falsa strada; che una civiltà venga falsamente costruita; che quanto milioni di uomini fanno per centinaia di anni sia contraffatto. Questa possibilità è rifiutata dal pensiero borghese che vuole potersi sentire sicuro giustificandosi tramite il contenuto oggettivo di questa sua sicurezza che chiama natura.

A ogni punto della vita si avverte che non ci si può affidare a ciò che finora valeva in senso assoluto come base e neppure a riguardo del proprio rapporto con la potenza. L’età moderna deduce da ciò che la teologia chiama peccato originale la conseguenza più netta: l’autonomia rispetto a Dio diventa fondamento della decisione esistenziale. Nella misura in cui ciò si verifica, le energie dell’uomo entrano in un'autonomia evidente quanto enigmatica che è contro di lui.

In questo modo l’uomo non è ciò che appare alla scienza e alla filosofia moderna. L’età moderna credeva a una natura culturale garantita da un ordine intrinseco, autoregolata da sicuri istinti, ma a dispetto d’ogni ottimismo della scienza e della tecnica, la nostra età non lo crede più anche se essa non ha trovato ancora nulla di meglio. Per questo si afferra alla potenza.

Questo terribile spirito di violenza ovunque diffuso, tanto primitivo quanto immorale, nasce dalla disperazione circa l’ordine autonomo dell’esistenza a cui finora si è creduto e dall'incapacità di crearne un altro. Le energie dell’uomo sono in sé reali e disponibili, ma si deve assumerne la responsabilità e devono essere guidate.

Si ha però l’impressione che quanto più l’uomo cresce, tanto più s'indebolisca la sua forza di carattere; appare in esso uno spazio vuoto dove dovrebbe rendersi operante il centro personale. La persona è la realtà che di fatto va interpellata da Dio. Se l’uomo rinnega questa sua condizione di interpellato, rinnega anche la sua personalità e perde la capacità di controllare ciò che egli è e può essere: la potenza dell’uomo si rivolge contro la sua stessa vita.

In ciò consiste precisamente quel fenomeno che si rivela dall’evoluzione della strategia della guerra moderna: la guerra assoluta. Esteriormente essa appare come la lotta di un gruppo contro un altro, ma essenzialmente il regista è la potenza automatizzata dell’uomo che si volge contro la sua stessa vita.

Ognuno dei gruppi che si combattono nella guerra concreta cerca di nuocere all’altro per diventare più forte. In realtà ciò che si compie è semplicemente distruzione. La realtà, di fatto, non cambia quando ciascuno dei due combattenti è esponente di idee. Tuttavia, appena le idee vengono fatte servire alla giustificazione della guerra, vengono da questa trasformate in mezzi per i suoi scopi. Ciò può avvenire persino quando la stessa responsabilità dell’uomo verso l’esistenza divenisse incentivo della guerra.

Le idee sono l’espressione della dignità e della responsabilità dell’uomo, ma purtroppo esse possono diventare strumenti della distruzione per mezzo della propaganda. La distruzione dell’uomo tramite la sua potenza non si attua soltanto nella guerra, ma pure in un processo che si verifica di continuo e in tutta l’ampiezza dell’incivilimento attraverso una graduale consunzione dello stesso per mezzo della sua propria opera. Non è nel modo in cui ognuno lavora che si consuma al servizio di ciò che crea, piuttosto nell'oblazione di se stesso che attinge la propria autentica identità.

E’ tempo che il dogma della certezza dell'evoluzione venga infranto visto che la realtà è diversa e l’uomo lo avverte.

Commenti

  • 26/06/2018 maxfuschetto@gmail.com

    La maturità dell'Uomo coincide con quella del singolo individuo, se questa si realizza. Ma questa meta così importante, tale da portare poi a ciò che ogni vita dovrebbe conseguire, e cioè la saggezza, e con essa una vecchiaia felice, viene spesso mancata perché ci si muove in superficie, ci si abbandona alle mode, si vive di slogan che attingono anche allo spirito, ma di esso prendono solo l'involucro.

    I social sono pieni di questi manifestini di buoni pensieri, profondi pensieri, alternativi pensieri, divergenti pensieri. E tali rimangono. Il Vangelo, quest'opera meravigliosa rivolta all'Uomo, per l'Uomo, invece ci chiedere di vivere la parola. Ci dice di farci umili. Di farci e non di sapere che è possibile. Di realizzare la pace, l'umiltà, la gratuità. Di realizzare Amore, non di chiacchieralo svilendone i contenuti. Per questo mai come oggi si ha bisogno di una parola che si rivolga allo Spirito inondati come non mai dalla materia e dalla sua reiterazione pubblicitaria.

  • 30/05/2018 Bruno Marra

    Il problema dell’uomo non è risolvibile filosoficamente. L’ordine delle cose non è un ordine naturale contro il quale non si possa far nulla. È piuttosto una costruzione mentale, una visione del mondo con la quale l’uomo appaga la sua sete di dominio.

    In effetti nella riflessione non è mai venuto meno lo stupore di fronte a quello che si potrebbe chiamare il paradosso della doxa, il fatto cioè che l’ordine del mondo così com’è, con i suoi sensi unici o vietati, in senso proprio e figurato, i suoi obblighi e le sue sanzioni, venga più o meno rispettato, che non vi siano più trasgressioni o sovversioni, delitti e «follie» (basti pensare allo straordinario accordo di migliaia di disposizioni – o di volontà – presupposto da cinque minuti di traffico automobilistico)  o, cosa ancora più sorprendente, il fatto che l’ordine stabilito, con i suoi rapporti di dominio, i suoi diritti e i suoi abusi, i suoi privilegi e le sue ingiustizie, si perpetui in fondo abbastanza facilmente, se si escludono alcuni accidenti storici, e che le condizioni d’esistenza più intollerabili possano tanto spesso apparire accettabili e persino naturali.

    Chiaramente, in questi ambiti si tratta innanzitutto di restituire alla doxa il suo carattere paradossale, smontando contemporaneamente i processi responsabili della trasformazione della storia in natura, dell’arbitrio culturale in qualcosa di naturale. E, a tal fine, di riuscire ad assumere, sul nostro stesso universo e sulla nostra visione del mondo, il punto di vista dell’antropologo capace insieme di rendere a ogni principio il suo carattere arbitrario, contingente, e con ciò, simultaneamente, la sua necessità socio-logica.

    D’altro canto è pur vero che esiste l’esigenza profondamente umana di cercare delle vere rivelazioni di esistenza. Labbra suggellate è un film USA, anni Sessanta, il quale mostra come un medico insegna a una ragazza sordomuta la lingua dei segni; come essa in tal modo si desta alla vita dello spirito e diviene una persona umana. Qui non c’è umanità fotografata, ma plasmata. Un’essenza si manifesta e un destino si schiude in un modo impossibile a un puro e semplice reportage di immagini. E tutto l’insieme si conclude in un contorno di perfezione espressiva in cui si può avvertire l’«esistenza».          

    Un’autentica esegesi della nota di Granese è data dalla formidabile immagine della presentazione, che provoca il lettore a ulteriori interrogativi su di un problema, di per sé irrisolto.

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