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Moralia Blog

Misericordia: una reciprocità asimmetrica

La parola misericordia, nell’uso comune del termine, in genere fa pensare a qualcuno che magnanimamente concede qualcosa a qualcun altro, ma con atteggiamento distaccato e con grande manifestazione di autorità: la grazia concessa a un condannato è un atto di misericordia, che si dà proprio perché c’è un’autorità “altra e distante” che ha il potere di farlo!

Questo usuale modo d’intendere la misericordia, talvolta persino in ambito ecclesiale, spesso ne falsa il vero significato, perché la misericordia in termini biblici non è una concessione o una benevola comprensione, che qualche soggetto attivo concede a qualche altro soggetto passivo. La misericordia biblica è qualcosa di molto diverso: essa è un atto primariamente teologico, nel senso che agente primario ne è personalmente Dio.

La misericordia di Dio

A partire dalla sua etimologia latina, misericordia vuol dire miser cordis, cioè “misero di cuore”, o meglio “con un cuore misero” perché desideroso di sostentarsi di amore. Nel linguaggio biblico veterotestamentario questo stato d’animo viene espresso in primo luogo con hesed, che pur provenendo dalla stessa radice sdq della giustizia, però in effetti risulta più vicino al concetto di bontà o di fedeltà, e tuttavia è proteso soprattutto verso una disposizione d’animo personale affettuosa, non disgiunta dalla volontà pratica di un immediato intervento salvifico.

Un altro termine ancora più sorprendente per l’Antico Testamento per esprimere la misericordia divina è rahamim, locuzione anatomica che fa riferimento all’utero, cioè l’organo della riproduzione umana: per Dio la misericordia è una questione viscerale, nel senso che riguarda il suo rapporto materno nei confronti dell’uomo, e in questa prospettiva supera la visione unidirezionale dell’amore e apre alla reciprocità tra il donatore, che è Dio, e il ricevente, che è la persona umana oggetto di misericordia, allo stesso modo della reciprocità che s’instaura durante la gestazione tra madre e figlio, dove le naturali asimmetrie tra gestante e gestito non sono distacco, ma archetipo di amore incondizionato e incondizionabile.

L’atto di misericordia così prospettato, da parte di Dio si configura come un vuoto trasbordante impegnato a colmarsi di amore donato, dove la reciprocità asimmetrica tra Dio e l’uomo fonda l’azione salvifica resa possibile dalla volontà divina. Quindi l’essere misericordioso da parte di Dio è esattamente l’opposto di un’azione che crea distanza tra benefattore e beneficiato o sbilanciamento di autorità tra il donante misericordia e il ricevente.

Infine nel Nuovo Testamento è soprattutto Gesù Cristo che si mostra come il volto della misericordia del Padre: in lui, vero Dio e vero uomo, non c’è più né distanza né separazione autoritaria tra il divino e l’umano, ma solo com-partecipazione e com-passione al vissuto esistenziale ed esperienziale dell’umanità tutta.

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