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Moralia Blog

L’arte di dialogare

Viviamo nell’era della comunicazione globale. Le distanze si sono accorciate. Possiamo in ogni istante, da ogni luogo e verso ogni luogo comunicare con l’altro. Eppure la facilità con cui si comunica non determina automatismi nell’arte delicata del dialogare.

Un dialogo confuso

Esternare il proprio pensiero non significa necessariamente saper dialogare. Talvolta si cerca di imporre la propria opinione usando toni alti, aggressivi, non si concede all’altro la possibilità di un’opinione diversa dalla propria, e qualche volta anche più valida!

Lo ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: spesso si confonde il dialogo «con un febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali, molte volte orientato da un’informazione mediatica non sempre affidabile» (n. 200). Nella sua essenza più profonda e nella sua accezione più vasta il dialogo è possibilità d’incontro e crescita tra i popoli, culture, generazioni. Dialogare vuol dire avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto (Fratelli tutti, n. 198).

In ricerca della verità con il fratello

Il dialogo ha origini trascendenti. «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1.14). La Rivelazione è Dio che scende in mezzo agli uomini, si intrattiene con loro (cf. Eb 1, 1-2), parla per invitarli alla comunione con sé. Il suo stile è prendere l’iniziativa, donare liberamente, rispettare la libertà dell’interlocutore.

Essere in dialogo è un atteggiamento, implica disponibilità a conoscere l’altro che mi sta di fronte, a condividere l’incontro con il suo punto di vista senza perdersi in esso; significa potersi esprimere ed essere ascoltato. Dialogare è un modo per donarsi al prossimo.

Oggetto del dialogo è la verità, che per i cristiani non è un concetto astratto ma la persona di Gesù. Siamo figli di quel Dio che nell’amore ci ha creati, per amore ci ha redenti e nell’amore ci santifica.

Il dialogo presuppone la purezza del cuore, la scoperta e la comprensione dell’altro, la responsabilità. Attraverso il dialogo la verità si espande.[1] Poiché siamo consapevoli che lo Spirito soffia dove, quando e come vuole (Evangelii gaudium, n. 277), la ricerca della verità implica il dialogo, che «necessita di momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello» (Francesco, Udienza giubilare, 21.10.2016).

Dialogo è responsabilità

Dal punto di vista etico e pastorale il dialogo si pone nel contesto di un discernimento carico di amore misericordioso che si dispone sempre a comprendere, perdonare, accompagnare, sperare e integrare (Amoris laetitia, n. 312).

Questa è la logica che deve prevalere nella Chiesa, per fare l’esperienza di aprire il cuore a chi vive nelle più disperate periferie esistenziali. Per questo occorre dare spazio alla fantasia della misericordia, dare vita a tante nuove opere frutto della grazia, compiere le «artigianali» opere di misericordia che rendono visibili la bontà di Dio. Perché questo è il tempo della misericordia (cf. Misericordia et misera, nn. 18-21).

Se per il cristiano l’origine del dialogo è trascendente, la via è il discernimento, l’anima è la preghiera, il suo fine è la pace, allora la missione dei credenti assume la forma di uno stile autentico, a servizio all’amicizia sociale che fonda il legame civile.

Bene comune, riconciliazione, armonia tra i popoli e con il creato sono per Francesco la «buona battaglia» a cui preparare «i nostri figli con le armi del dialogo» (Fratelli tutti, n. 217).

 

Filomena Sacco è docente di Teologia morale presso l’Accademia alfonsiana di Roma e docente incaricata presso l’Istituto teologico leoniano di Anagni.

 

[1] Cf. G. Dal Ferro, «Dialogo e ascolto. Un binomio inscindibile», in Studi ecumenici 24(2006) 3, 357-366.

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