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L’antropocentrismo: come Francesco ha sviluppato la dottrina

Sono parole dure e senza equivoco quelle che papa Francesco ha usato nell’enciclica sociale e ambientale Laudato si’ (2015; Regno-doc. 23,2015,1).

Francesco lamenta un «antropocentrismo dispotico» e «deviato» (cf. Laudato si’, nn. 68, 69, 119). Intende con ciò una forma di visione del mondo che, pur mettendo l’uomo al centro, lo ritrae indifferente nei confronti delle altre creature, non riconoscendo la loro propria bontà e perfezione. Esse vengono invece ridotte alla loro utilità per l’uomo e sottomesse ai suoi interessi.

Come giustificazione di tale visione spesso si è citato il cosiddetto «mandato di dominio», riportato nel racconto della creazione in Gen 1,28: «Riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». È ben nota l’accusa secondo cui questo versetto avrebbe favorito una mentalità antropocentrica radicale e di conseguenza dato origine alla crisi ecologica odierna.

Francesco respinge chiaramente tale lettura esegetica, essendo stata ritenuta equivocamente come una sorta di giustificazione per quell’antropocentrismo di cui sopra. Ribadisce invece l’importanza di «leggere i testi biblici nel loro contesto, con una giusta ermeneutica, e ricordare che essi ci invitano a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cf. Gen 2,15)» (Laudato si’, n. 67).

Ripensare l’antropocentrismo: modelli

Il papa critica inoltre «l’antropocentrismo moderno», che colloca la ragione tecnica al di sopra della realtà e orienta l’agire umano primariamente o esclusivamente secondo parametri tecnici e funzionali (cf. Laudato si’, n. 115ss), misconoscendo la bontà intrinseca del creato con le sue implicazioni e conseguenze etiche per l’agire umano.

Nelle discussioni ecologiche e bioetiche si trovano vari modelli fondamentali in sostituzione dell’antropocentrismo tradizionale. Il primo è quello patocentrico, il cui criterio etico di base si chiede se un essere vivente possa soffrire e sentire emozioni. La capacità di soffrire diventa determinante ai fini della tutela della sua dignità. Da questa capacità viene dedotto il diritto di essere preservati dalla sofferenza.

Il modello biocentrico invece va oltre, e include non solo gli animali capaci di provare dolore e sentimenti, ma tutti gli essere viventi, anche le piante. Il criterio etico di rapportarsi alle creature sarebbe fondamentalmente quello di tutelarle e riconoscere i loro diritti semplicemente basandosi sul fatto di essere vivi e di voler vivere!

Il modello di Francesco

Papa Francesco quindi, nel momento in cui critica l’antropocentrismo, prende una posizione patocentrica oppure biocentrica? Né l’una né l’altra.

Ricorda con fermezza – citando il Catechismo della Chiesa cattolica – che è «contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita» (Laudato si’, n. 130).

Risulta evidente che il papa riconosce un alto valore morale agli sforzi per evitare la sofferenza, anche se non fa propria la posizione patocentrica, in quanto parla «solo» di sofferenza «inutile». Dal punto di vista dell’etica animale tale questione, ovvero quali fini potrebbero giustificare far soffrire un animale – questione che nella Laudato si’ rimane aperta –, sarebbe da approfondire e specificare.

Il papa non assume nemmeno la posizione biocentrica, «perché ciò implicherebbe introdurre un nuovo squilibrio, che non solo non risolverà i problemi, bensì ne aggiungerà altri» (Laudato si’, n. 116). Anche se Francesco riconosce sia il valore morale dell’evitare la sofferenza animale, sia il valore proprio di ogni essere vivente (cf. Laudato si’, n. 118), egli in fondo respinge le due posizioni patocentrica e biocentrica perché non riconoscono né tutelano una differenza qualitativa – di fatto rilevante da un punto di vista etico – tra le varie forme di vita, ovvero tra i vari livelli degli essere viventi.

La posizione del papa rimane perciò antropocentrica. Il suo antropocentrismo si distingue però dalle forme da lui criticate. Può essere caratterizzato come un antropocentrismo «illuminato», fondato cioè sulla razionalità umana.

Il papa non mette l’uomo al centro nel senso di assolutizzarne i suoi interessi nei confronti degli esseri viventi non-umani. L’accento va invece sulla capacità morale dell’uomo, che lo rende responsabile anche nei confronti degli animali, delle piante e di tutta la creazione.

Ritengo che la seguente sia una delle affermazioni centrali dell’enciclica:

«Non si può esigere da parte dell’essere umano un impegno verso il mondo, se non si riconoscono e non si valorizzano al tempo stesso le sue peculiari capacità di conoscenza, volontà, libertà e responsabilità» (Laudato si’, n. 116).

 

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