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Hacker e Ashley Madison: l’infedeltà 2.0 e il mito dell’anonimato

Ashley Madison, un sito di “dating” on-line, ossia un portale che consente a persone che vorrebbero conoscere un possibile partner di entrare in contatto, prima sul web e poi fisicamente, è un portale fondato nel 2001 dalla società Avid Life Media, e secondo le ultime statistiche vanta 37 milioni di utenti in 50 paesi.

La peculiarità di questo portale è che si rivolge esplicitamente a persone sposate, o con un compagno fisso, che vogliono intrattenere una relazione extra-coniugale. La differenza fra Ashley Madison e altri siti di dating è molto più sfumata di quanto si possa pensare. Siti di “amicizie”, come Badoo, o network generalisti, come Facebook, sono di fatto spesso usati per gli stessi scopi; Ashley Madison però ha fatto di questo tipo di utilizzo la sua stessa ragione di esistere, e il proprietario, Noel Biderman, se n’è spesso vantato, definendosi “il re dell’infedeltà”.

Dallo scorso luglio però 37 milioni di utenti hanno iniziato a tremare. Le sicurezze del sito sono state violate e i dati sono on-line. Nel file da 9,7 giga si possono trovare i nomi degli utenti, i loro indirizzi e-mail, le preferenze sessuali e le transazioni avvenute tramite carte di credito. Gli hacker, che si fanno chiamare Impact Team, già all’indomani dell’incursione avevano minacciato l’Avid Life Media di essere intenzionati a pubblicare i dati sottratti qualora il portale non fosse stato chiuso. Secondo gli “hacktivisti” il portale sarebbe popolato da migliaia di profili femminili falsi, creati ad arte per intrattenere quelli maschili che sarebbero più del 90% del totale, motivo per il quale gli hacker chiedono agli iscritti di querelare l’azienda.

Tra i dati trafugati ci sarebbero anche quelli di chi si è cancellato dal sito, procedura per la quale l’Avid Life Media pretende il pagamento di 19 dollari; ma – cosa ancora più interessante – da una prima analisi dei dati risultano quasi 15.000 utenti iscritti con e-mail di enti governativi, militari e parastatali. Nomi e cognomi degli utenti possono ovviamente essere falsi, così come gli indirizzi e-mail (il sito non richiede una verifica), ma i numeri delle carte di credito certamente no.

Da un punto di vista “umano” questa storia non ha nulla di nuovo: non è altro che una edizione 2.0 dell’ormai tristemente nota infedeltà coniugale.

Da un punto di vista sociale, però, la faccenda offre numerosi spunti di riflessione.

In primo luogo Ashley Madison rivela come la relazione extra-coniugale non sia solo “un incidente di percorso”, ma possa essere assunta a stile di vita che identifica un gruppo sociale, una community (il sito, volendo, ci offre anche una certa misurabilità della cosa).

Quello che è nuovo in questa situazione, in secondo luogo, non è l’oggetto – la relazione extra-coniugale –, ma il contesto tecnologico che produce effetti ciclopici: rivelando la sordida storia non di una o due persone ma di 37 milioni di utenti si potrebbe creare un vero e proprio tsunami sociale.

In terzo luogo, viste le e-mail coinvolte, ci sono tra gli utenti numerosi personaggi (uomini e donne) influenti e di conseguenza ricattabili: l’anonimato che una connessione on-line sembra offrire non corrisponde né alla sicurezza della propria identità né al possibile oblio di quanto fatto.

Il mondo digitale ancora una volta ci mostra che tutto ciò che facciamo rimane come prova indelebile.

Infine è interessante, ma non possiamo andare oltre in queste brevi riflessioni, la figura degli “hacktivisti”, pirati informatici basati su un loro apparente codice etico, che decidono di imbracciare battaglie perché il bene trionfi.

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