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Moralia Blog

Expo 2015: cibo e valori

Le esposizioni universali internazionali nacquero, nel 1851, per favorire la conoscenza delle scoperte e delle innovazioni nel campo della ricerca umana. Negli ultimi tempi, anche a motivo del nuovo modo di comunicare, esse sono maggiormente diventate occasione di riflessione e analisi della complessa realtà, di analisi e studio per una convivenza tra i popoli, possibilmente sempre più strutturata e solidale.

La Santa Sede, lungi dall’essere esclusa da questa riflessione circa il futuro dell’umanità, parteciperà a EXPO Milano 2015, anche con un padiglione, caratterizzato dallo slogan “Non di solo pane”, di sapore biblico (Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4). La scelta rimanda – tra l’altro - esplicitamente al valore simbolico del cibo, il quale non si esaurisce nella mera materialità: non si nega l’importanza del “pane”, del “materiale” (= ‘non solo’), ma lo si inserisce in un orizzonte interpretativo più ampio (= ‘ma anche’, così come da citazione biblica).

Il nutrire, il cucinare, il cibo… sono uno spazio fortemente simbolico e morale, non solo per i Cristiani, date la forza e la trasversalità delle dinamiche coinvolte. Non c’è cultura, non c’è religione, non c’è nemmeno, in qualche modo, famiglia, che non abbia elaborato e tramandato racconti, riti, regole, tempi relativi al cibo e al suo consumo.

Il cibo ha per l'uomo una fortissima valenza culturale e religiosa (la differenza tra cibo “crudo” e cibo “cotto” rilevata da Levi Strauss). Gli uomini non mangiano come gli animali, perché essi trasformano il cibo e fanno del pasto un'occasione di comunione. Natura e cultura hanno trovato un importante spazio di incontro sulla tavola imbandita.

Di conseguenza il cucinare e il mangiare possiedono intrinsecamente dei ritmi, dei significati, dei riti che vanno oltre la pietanza che ingeriamo. Il cibo, per soddisfare la fame profonda, deve contenere non solo gli elementi nutritivi della pietanza stessa, ma anche l'intelligenza, la passione, la cura e il cuore dell’umanità. “Non di solo pane”, appunto. Le nostre scelte etiche passano anche (spesso implicitamente) attraverso il cibo, ad esempio, quando rispondiamo alla fame, quella fisica e quella affettiva; oppure quando attraverso il cibo ci leghiamo tra di noi, ci mettiamo in relazione; oppure quando denunciamo la carenza di cibo, specialmente nel caso di inadempienze o ingiustizie.

Apparecchiamo quindi la tavola non solo con il cibo ma con tutti i valori (vissuti o negati) a esso legati: condivisione, responsabilità, solidarietà, attenzione, cura, sostenibilità, sacrificio, impegno… Questa dinamica, chiaramente, non è soltanto privata o individuale; al contrario: è profondamente sociale, interpersonale, collettiva.

Ritengo quindi che EXPO possa essere una importante occasione di riflessione non solo sul cibo, ma sul modo in cui noi viviamo la nostra umanità, la nostra vita morale: usiamo gli stessi criteri interpretativi nella nostra vita privata e nella nostra vita pubblica oppure sono due ambiti dicotomici? E ancora: i criteri etici che utilizziamo per affrontare le questioni legate al cibo sono criteri che sostengono tutto il nostro vivere etico oppure introduciamo delle indebite settorialità?

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