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Documenti
Documenti, 13/2019, pag. 389

Communis vita

Lettera apostolica motu proprio con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di diritto canonico

Francesco

Con il motu proprio Communis vita, pubblicato il 26 marzo, il papa ha compiuto un altro passo della riforma della vita religiosa che sta realizzando nel suo pontificato (cf. qui a p. 390). Questa volta si tratta di normare quei casi in cui un religioso risulti assente in modo prolungato e illegittimo dal suo istituto di vita consacrata, e risulti irreperibile al suo superiore. Con la modifica al Codice di diritto canonico, introdotta dal presente motu proprio, il superiore trascorsi 12 mesi dalla dichiarazione di irreperibilità, ottenuta la conferma dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica o dal vescovo diocesano secondo i casi, può decretare la dimissione del religioso dall’istituto, a partire dal principio fondamentale che «la vita in comunità è un elemento essenziale della vita religiosa». La modifica – secondo quanto affermato dal segretario della Congregazione mons. José Rodriguez Carballo (Vatican News 10.4.2019), risponde all’esigenza di mettere ordine in questo ambito, «perché un religioso assente illegittimamente continua a essere religioso, e per anni, quindi qualora arrivasse a commettere qualche crimine, per esempio un abuso sessuale, tutto ricadrebbe sull’istituto».

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«Chiediamo alla Chiesa di agire come faro di chiarezza morale e concettuale in mezzo a un oceano di disinformazione, distorsione e inganno; di distinguere tra la legittima critica alla politica di Israele nel passato e nel presente e l’odiosa negazione di Israele e degli ebrei… Soprattutto, chiamiamo i nostri fratelli cattolici a tendere la mano in segno di solidarietà alla comunità ebraica in tutto il mondo». Il 12 novembre un gruppo di studiosi e leader religiosi ebrei ha scritto una Lettera aperta a sua santità, papa Francesco, e ai fedeli della Chiesa cattolica, che è stata pubblicata il 1° dicembre sul sito Jewish-Christian Relations e ha raccolto diverse centinaia di firme. Gli autori della lettera chiedevano una posizione più chiara da parte della Chiesa dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. In risposta, la Lettera di Francesco ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele, firmata il 2 febbraio e pubblicata il 3, ha ribadito la condanna per ogni tipo di antigiudaismo e antisemitismo e ha riaffermato: «il mio cuore è vicino a voi, alla Terra santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché prevalga su tutti il desiderio della pace».

La risposta di papa Francesco è stata apprezzata dagli estensori della lettera (cf. L’Osservatore romano 3.2.2024, 1), prima che una nuova crisi tra la Santa Sede e il Governo israeliano si producesse l’8 febbraio (cf. Regno-att. 4,2024,76).

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Solo l’amore ci unirà

Omelia a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Francesco

«Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema». Il 25 gennaio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, papa Francesco ha presieduto la celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 57a Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Ama il Signore Dio tuo... e ama il prossimo tuo come te stesso» (cf. Lc 10,27).

Erano presenti anche alcuni vescovi delle tradizioni anglicana e cattolica, presenti a Roma per «Growing together» (Crescere insieme), un vertice d’incontro e pellegrinaggio ecumenico organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio. Come nel 2016, i vescovi erano presenti a coppie, anglicani e cattolici, in rappresentanza di 27 paesi, e nel corso dei secondi vespri sono stati inviati per essere testimoni di unità congiuntamente da papa Francesco e dall’arcivescovo Justin Welby (cf. riquadro a p. 67).