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Documenti, 3/2017, 01/02/2017, pag. 65

Ascoltiamo il pianto dei nostri bambini

Lettera ai vescovi nella festa dei Santi innocenti

Francesco

«Ascoltiamo il pianto e il lamento di questi bambini; ascoltiamo anche il pianto e il lamento della nostra madre Chiesa, che piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi membri: la sofferenza, la storia e il dolore dei minori che furono abusati sessualmente da sacerdoti. Peccato che ci fa vergognare. Persone che avevano la responsabilità della cura di questi bambini hanno distrutto la loro dignità. Deploriamo questo profondamente e chiediamo perdono». È stata pubblicata il 28 dicembre la lettera di Francesco ai vescovi in occasione della festa dei Santi innocenti, in cui il papa solleva il tema della sofferenza di milioni di bambini nel mondo, e chiede perdono per il peccato di alcuni membri della Chiesa nei confronti dei minori. «Troviamo il coraggio necessario per promuovere tutti i mezzi necessari e proteggere in tutto la vita dei nostri bambini perché tali crimini non si ripetano più. Facciamo nostra chiaramente e lealmente la consegna “tolleranza zero” in questo ambito».

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«Chiediamo alla Chiesa di agire come faro di chiarezza morale e concettuale in mezzo a un oceano di disinformazione, distorsione e inganno; di distinguere tra la legittima critica alla politica di Israele nel passato e nel presente e l’odiosa negazione di Israele e degli ebrei… Soprattutto, chiamiamo i nostri fratelli cattolici a tendere la mano in segno di solidarietà alla comunità ebraica in tutto il mondo». Il 12 novembre un gruppo di studiosi e leader religiosi ebrei ha scritto una Lettera aperta a sua santità, papa Francesco, e ai fedeli della Chiesa cattolica, che è stata pubblicata il 1° dicembre sul sito Jewish-Christian Relations e ha raccolto diverse centinaia di firme. Gli autori della lettera chiedevano una posizione più chiara da parte della Chiesa dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. In risposta, la Lettera di Francesco ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele, firmata il 2 febbraio e pubblicata il 3, ha ribadito la condanna per ogni tipo di antigiudaismo e antisemitismo e ha riaffermato: «il mio cuore è vicino a voi, alla Terra santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché prevalga su tutti il desiderio della pace».

La risposta di papa Francesco è stata apprezzata dagli estensori della lettera (cf. L’Osservatore romano 3.2.2024, 1), prima che una nuova crisi tra la Santa Sede e il Governo israeliano si producesse l’8 febbraio (cf. Regno-att. 4,2024,76).

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Solo l’amore ci unirà

Omelia a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Francesco

«Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema». Il 25 gennaio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, papa Francesco ha presieduto la celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 57a Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Ama il Signore Dio tuo... e ama il prossimo tuo come te stesso» (cf. Lc 10,27).

Erano presenti anche alcuni vescovi delle tradizioni anglicana e cattolica, presenti a Roma per «Growing together» (Crescere insieme), un vertice d’incontro e pellegrinaggio ecumenico organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio. Come nel 2016, i vescovi erano presenti a coppie, anglicani e cattolici, in rappresentanza di 27 paesi, e nel corso dei secondi vespri sono stati inviati per essere testimoni di unità congiuntamente da papa Francesco e dall’arcivescovo Justin Welby (cf. riquadro a p. 67).